Il sistema formativo del nostro Paese è caratterizzato da una debolezza strutturale intrinseca, riguardante la difficoltà ad intervenire sui punti di snodo e le transizioni tra momenti formativi diversi. La mancanza di raccordi istituzionali rende marcata la distanza tra scuola e professione e accentua la separazione tra un grado scolastico e l’altro e tra le discipline del curricolo. Questa debolezza ha caratterizzato a lungo anche la formazione universitaria, tenacemente ancorata alla distinzione tra teoria e prassi, tra riflessione e azione e dibattuta tra orientamento alla cultura e orientamento alla professione. Tuttavia, il progetto di formazione universitaria degli insegnanti di scuola dell’infanzia ed elementare, esprime, al riguardo, una tendenza innovativa. L’articolazione del suo curricolo intorno a tre assi dal valore formativo complementare -i corsi teorici, i laboratori e il tirocinio- è stata intesa come soluzione istituzionale per rendere gli insegnanti professionisti nelle organizzazioni della conoscenza. Il motivo ispiratore di questo disegno del curricolo è quel concetto di competenza, condiviso dalla letteratura internazionale e dai documenti istituzionali, che, in contrasto con l’accezione funzionalista, la definisce come sintonizzazione adattiva dei saperi alle situazioni. Diventare esperti equivale in un certo senso ad “imparare a pensare dentro le cose e attraverso le situazioni”, tenendo conto dei loro vincoli e delle loro risorse. Di conseguenza, lo sviluppo di competenze relative alla professione dell’insegnante pone il problema della trasformazione dei saperi in pratiche di azione, facendosi carico degli snodi e delle transizioni tra corsi teorici, laboratori e tirocinio attraverso due livelli di integrazione didattica: a)il primo riguarda l’intreccio tra saperi disciplinari e saperi trasversali, intreccio che gli studenti apprendono a praticare nell’ambito dei laboratori mediante la simulazione di attività didattiche. L’anello di congiunzione di questa prima trasformazione delle conoscenze è costituito dal circuito comunicativo tra i docenti dei corsi teorici e i tutor di laboratorio. b) Il secondo livello di integrazione si riferisce all’uso situato di conoscenze e strategie nell’ambito dei contesti professionali, di cui gli studenti possono fare una prima esperienza nel corso del tirocinio. Gli snodi di questa ulteriore trasformazione sono costituiti dall’alternarsi dialettico tra le prime esperienze di insegnamento condotte “sotto la tutela” del mentore, e le attività riflessive stimolate dal mentore stesso o dal tutor. Nel disegno di integrazione del curricolo assume una funzione centrale l’interazione tra le figure che fanno da interfaccia dialogica tra Università e Scuola, cosicché, prendendo a prestito un costrutto emerso di recente in seno agli studi sulla literacy, la competenza didattica si può definire come un sapere intertestuale, composto cioè a più voci. Gli strumenti che consentono di “intessere” tale competenza sono principalmente le pratiche dialogiche e discorsive con cui i vari saperi sono intrecciati, piuttosto che semplicemente giustapposti e con cui iniziano a prendere forma la duttilità e la saggezza tipiche dell’insegnante competente. Sono proprio tali pratiche a trasformare un insieme eterogeneo di professionisti con funzioni e ruoli diversificati in una comunità di discorso . Le problematiche costituiscono il fulcro di due ricerche condotte, l’una con docenti disciplinaristi e trasversalisti del Corso di Laurea, l’altra con gli studenti laureandi e i loro mentori.
Didattica, Discipline, Organizzazione del curricolo
CISOTTO, LERIDA
2005
Abstract
Il sistema formativo del nostro Paese è caratterizzato da una debolezza strutturale intrinseca, riguardante la difficoltà ad intervenire sui punti di snodo e le transizioni tra momenti formativi diversi. La mancanza di raccordi istituzionali rende marcata la distanza tra scuola e professione e accentua la separazione tra un grado scolastico e l’altro e tra le discipline del curricolo. Questa debolezza ha caratterizzato a lungo anche la formazione universitaria, tenacemente ancorata alla distinzione tra teoria e prassi, tra riflessione e azione e dibattuta tra orientamento alla cultura e orientamento alla professione. Tuttavia, il progetto di formazione universitaria degli insegnanti di scuola dell’infanzia ed elementare, esprime, al riguardo, una tendenza innovativa. L’articolazione del suo curricolo intorno a tre assi dal valore formativo complementare -i corsi teorici, i laboratori e il tirocinio- è stata intesa come soluzione istituzionale per rendere gli insegnanti professionisti nelle organizzazioni della conoscenza. Il motivo ispiratore di questo disegno del curricolo è quel concetto di competenza, condiviso dalla letteratura internazionale e dai documenti istituzionali, che, in contrasto con l’accezione funzionalista, la definisce come sintonizzazione adattiva dei saperi alle situazioni. Diventare esperti equivale in un certo senso ad “imparare a pensare dentro le cose e attraverso le situazioni”, tenendo conto dei loro vincoli e delle loro risorse. Di conseguenza, lo sviluppo di competenze relative alla professione dell’insegnante pone il problema della trasformazione dei saperi in pratiche di azione, facendosi carico degli snodi e delle transizioni tra corsi teorici, laboratori e tirocinio attraverso due livelli di integrazione didattica: a)il primo riguarda l’intreccio tra saperi disciplinari e saperi trasversali, intreccio che gli studenti apprendono a praticare nell’ambito dei laboratori mediante la simulazione di attività didattiche. L’anello di congiunzione di questa prima trasformazione delle conoscenze è costituito dal circuito comunicativo tra i docenti dei corsi teorici e i tutor di laboratorio. b) Il secondo livello di integrazione si riferisce all’uso situato di conoscenze e strategie nell’ambito dei contesti professionali, di cui gli studenti possono fare una prima esperienza nel corso del tirocinio. Gli snodi di questa ulteriore trasformazione sono costituiti dall’alternarsi dialettico tra le prime esperienze di insegnamento condotte “sotto la tutela” del mentore, e le attività riflessive stimolate dal mentore stesso o dal tutor. Nel disegno di integrazione del curricolo assume una funzione centrale l’interazione tra le figure che fanno da interfaccia dialogica tra Università e Scuola, cosicché, prendendo a prestito un costrutto emerso di recente in seno agli studi sulla literacy, la competenza didattica si può definire come un sapere intertestuale, composto cioè a più voci. Gli strumenti che consentono di “intessere” tale competenza sono principalmente le pratiche dialogiche e discorsive con cui i vari saperi sono intrecciati, piuttosto che semplicemente giustapposti e con cui iniziano a prendere forma la duttilità e la saggezza tipiche dell’insegnante competente. Sono proprio tali pratiche a trasformare un insieme eterogeneo di professionisti con funzioni e ruoli diversificati in una comunità di discorso . Le problematiche costituiscono il fulcro di due ricerche condotte, l’una con docenti disciplinaristi e trasversalisti del Corso di Laurea, l’altra con gli studenti laureandi e i loro mentori.Pubblicazioni consigliate
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