L’innovazione formale comporta, ma innanzi tutto presuppone, un cambiamento materiale. Se il discorso riguarda le istituzioni, una innovazione vera, perché reale, presuppone che vengano via via modificati i termini di riferimento che hanno formato modi di pensare, abitudini, prassi: vale a dire i concetti, standardizzati e tramandati attraverso definizioni. Le parole solidarietà e responsabilità sono vecchie quanto il mondo, dal punto di vista lessicale generale, ma sono sconosciute all’esperienza istituzionale italiana ove si ragioni dal punto di vista della loro effettività. Sono rimaste tali - “proposizioni in aria”, direbbe Alessandro Manzoni - perché le dottrine generali del diritto pubblico hanno considerato il sistema di potere, mentre al cittadino-contribuente è stata negata la titolarità di situazioni giuridiche soggettive positive connesse con la sovranità. Non ha mai goduto di uno statuto costituzionale degno di questo nome. Ma se si riflette sulla circostanza che lo Stato costituzionale è destinato a regredire a causa della crisi fiscale che lo soffoca, ci si accorge che i diritti promessi dalla parte prima della Costituzione si potranno garantire, almeno in una certa misura, soltanto a una condizione: che il cittadino-contribuente paghi il tributo; che lo paghi - sono le parole di Piero Gobetti - non “bestemmiando lo Stato”, i cui territori vanno riequilibrati dal punto di vista sia del prelievo tributario sia della allocazione delle risorse, secondo le regole elementari offerte dal federalismo fiscale. Ciò sarà possibile se il vincolo della solidarietà e il senso di responsabilità saranno percepiti come tra loro inderogabilmente connessi, sulla base di una chiara premessa: che la solidarietà nel ricevere deve essere preceduta - ammenoché non sia preclusa da condizioni di fatto - dalla solidarietà nel dare, che costituisce il fondamento di ciò che si definisce responsabilità.
Il bilanciamento tra solidarietà e responsabilità nell'ambito del federalismo fiscale
BERTOLISSI, MARIO
2011
Abstract
L’innovazione formale comporta, ma innanzi tutto presuppone, un cambiamento materiale. Se il discorso riguarda le istituzioni, una innovazione vera, perché reale, presuppone che vengano via via modificati i termini di riferimento che hanno formato modi di pensare, abitudini, prassi: vale a dire i concetti, standardizzati e tramandati attraverso definizioni. Le parole solidarietà e responsabilità sono vecchie quanto il mondo, dal punto di vista lessicale generale, ma sono sconosciute all’esperienza istituzionale italiana ove si ragioni dal punto di vista della loro effettività. Sono rimaste tali - “proposizioni in aria”, direbbe Alessandro Manzoni - perché le dottrine generali del diritto pubblico hanno considerato il sistema di potere, mentre al cittadino-contribuente è stata negata la titolarità di situazioni giuridiche soggettive positive connesse con la sovranità. Non ha mai goduto di uno statuto costituzionale degno di questo nome. Ma se si riflette sulla circostanza che lo Stato costituzionale è destinato a regredire a causa della crisi fiscale che lo soffoca, ci si accorge che i diritti promessi dalla parte prima della Costituzione si potranno garantire, almeno in una certa misura, soltanto a una condizione: che il cittadino-contribuente paghi il tributo; che lo paghi - sono le parole di Piero Gobetti - non “bestemmiando lo Stato”, i cui territori vanno riequilibrati dal punto di vista sia del prelievo tributario sia della allocazione delle risorse, secondo le regole elementari offerte dal federalismo fiscale. Ciò sarà possibile se il vincolo della solidarietà e il senso di responsabilità saranno percepiti come tra loro inderogabilmente connessi, sulla base di una chiara premessa: che la solidarietà nel ricevere deve essere preceduta - ammenoché non sia preclusa da condizioni di fatto - dalla solidarietà nel dare, che costituisce il fondamento di ciò che si definisce responsabilità.Pubblicazioni consigliate
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