Il diritto è linguaggio, si sa, e come tale – come opera cioè dell’uomo –, è soggetto all'interpretazione, la quale rende fluido, cosa arcinota, il testo di partenza. Ciò con buona pace di chi s’illude che il miglior diritto sia quello insuscettibile di interpretazione. L’interpretazione rende fluido il testo già all'interno di una stessa lingua, figurarsi poi nel passaggio da una lingua ad un’altra. Gli ordinamenti plurilingue si confrontano quotidianamente con questo problema, che potrebbe essere superato a piè pari solamente escludendo dal rango dell’ufficialità una o più lingue tra quelle parlate nel paese. Se i testi normativi sono redatti in una sola lingua, e se quella sola versione fa fede, cessa di esistere il problema della traduzione. Esso esiste, infatti, solo laddove vige la cosiddetta regola dell’uguale autenticità dei testi redatti in differenti lingue, com’è il caso della Svizzera e del Canada. Ma la regola in questione non è un optional. Essa fa fronte all’esigenza di garantire la pari dignità alle diverse comunità linguistiche, rectius culturali, che compongono la popolazione di un paese plurilingue. Non a caso Svizzera e Canada hanno entrambi optato per questa formula. Resta il fatto che l’esigenza suddetta si scontra con un’altra esigenza basilare in ogni ordinamento giuridico, quella della certezza del diritto, che viene messa in questione laddove convivono più versioni linguistiche di un medesimo testo, tutte ugualmente autentiche. Il saggio non affronta il tema generale della traduzione giuridica. Sull'argomento si possono leggere numerosi autorevoli lavori . Il suo scopo è di illustrare come due ordinamenti plurilingue hanno inteso far fronte istituzionalmente alla questione della traduzione dei testi normativi.
Lost (and found) in Translation, ovvero l'esperienza della traduzione dei testi normativi in Svizzera e Canada
GEROTTO, SERGIO
2011
Abstract
Il diritto è linguaggio, si sa, e come tale – come opera cioè dell’uomo –, è soggetto all'interpretazione, la quale rende fluido, cosa arcinota, il testo di partenza. Ciò con buona pace di chi s’illude che il miglior diritto sia quello insuscettibile di interpretazione. L’interpretazione rende fluido il testo già all'interno di una stessa lingua, figurarsi poi nel passaggio da una lingua ad un’altra. Gli ordinamenti plurilingue si confrontano quotidianamente con questo problema, che potrebbe essere superato a piè pari solamente escludendo dal rango dell’ufficialità una o più lingue tra quelle parlate nel paese. Se i testi normativi sono redatti in una sola lingua, e se quella sola versione fa fede, cessa di esistere il problema della traduzione. Esso esiste, infatti, solo laddove vige la cosiddetta regola dell’uguale autenticità dei testi redatti in differenti lingue, com’è il caso della Svizzera e del Canada. Ma la regola in questione non è un optional. Essa fa fronte all’esigenza di garantire la pari dignità alle diverse comunità linguistiche, rectius culturali, che compongono la popolazione di un paese plurilingue. Non a caso Svizzera e Canada hanno entrambi optato per questa formula. Resta il fatto che l’esigenza suddetta si scontra con un’altra esigenza basilare in ogni ordinamento giuridico, quella della certezza del diritto, che viene messa in questione laddove convivono più versioni linguistiche di un medesimo testo, tutte ugualmente autentiche. Il saggio non affronta il tema generale della traduzione giuridica. Sull'argomento si possono leggere numerosi autorevoli lavori . Il suo scopo è di illustrare come due ordinamenti plurilingue hanno inteso far fronte istituzionalmente alla questione della traduzione dei testi normativi.Pubblicazioni consigliate
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