Il caso qui studiato dell’ordine dei Servi di Maria tra il tardo ‘500 e il primo ‘600 esemplifica efficacemente le peculiari dinamiche che si instaurarono tra i vertici della Chiesa e il clero regolare in età post-tridentina, quando gli ordini religiosi furono oggetto di misure tese a uniformarne l’organizzazione territoriale e le strutture di governo secondo un modello gerarchizzato e centralistico, che cancellava autonomie e varietà residue. Ordini e congregazioni opposero resistenze all’applicazione di norme, discipline e procedure, specie giudiziarie, percepite come estranee alla propria tradizione e dietro le quali si affacciò a più riprese l’ombra dell’Inquisizione. Sullo scorcio del Cinquecento la vita dei regolari fu così turbata da scontri incrociati tra papi, cardinali protettori, superiori centrali e provinciali, e da una diffusa conflittualità interna alle singole comunità, alimentata anche dagli interventi di autorità civili e patriziati cittadini degli Stati in cui i conventi erano situati. Tra i Serviti l’opposizione alle pressioni del papa e del cardinale protettore, nonché prefetto del Sant’Ufficio, Giulio Antonio Santoro assunsero il carattere di una vera e propria lotta tra fazioni, intrecciandosi con le vicende dell’interdetto di Venezia. Il ritorno all’obbedienza fu per l’ordine un processo particolarmente traumatico, che mise a nudo la forte conflittualità tra i diversi soggetti ecclesiastici insita nell’affermazione del progetto controriformistico di governo della Chiesa.

I Servi di Maria dal Cinque al Seicento: tra antiche autonomie e centralizzazione romana

BARZAZI, ANTONELLA
2012

Abstract

Il caso qui studiato dell’ordine dei Servi di Maria tra il tardo ‘500 e il primo ‘600 esemplifica efficacemente le peculiari dinamiche che si instaurarono tra i vertici della Chiesa e il clero regolare in età post-tridentina, quando gli ordini religiosi furono oggetto di misure tese a uniformarne l’organizzazione territoriale e le strutture di governo secondo un modello gerarchizzato e centralistico, che cancellava autonomie e varietà residue. Ordini e congregazioni opposero resistenze all’applicazione di norme, discipline e procedure, specie giudiziarie, percepite come estranee alla propria tradizione e dietro le quali si affacciò a più riprese l’ombra dell’Inquisizione. Sullo scorcio del Cinquecento la vita dei regolari fu così turbata da scontri incrociati tra papi, cardinali protettori, superiori centrali e provinciali, e da una diffusa conflittualità interna alle singole comunità, alimentata anche dagli interventi di autorità civili e patriziati cittadini degli Stati in cui i conventi erano situati. Tra i Serviti l’opposizione alle pressioni del papa e del cardinale protettore, nonché prefetto del Sant’Ufficio, Giulio Antonio Santoro assunsero il carattere di una vera e propria lotta tra fazioni, intrecciandosi con le vicende dell’interdetto di Venezia. Il ritorno all’obbedienza fu per l’ordine un processo particolarmente traumatico, che mise a nudo la forte conflittualità tra i diversi soggetti ecclesiastici insita nell’affermazione del progetto controriformistico di governo della Chiesa.
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