L'articolo illustra i rapporti tra fonti secondarie statali e competenze regionali prima del 2001 e quelli successivi al 2001. Prima del 2001 tali rapporti erano soggetti a due impostazioni diverse: una “separatista” (art. 17, co. 1, l. 400/1988) ed una “possibilista” (art. 2, co. 3, d. lgs. 281/1997). In effetti, anche dalla giurisprudenza costituzionale risultano eccezioni al principio secondo il quale nelle materie elencate dall’art. 117 Cost. il potere regolamentare spettava alle Regioni: eccezioni “ufficiali” (in diversi casi la Corte ha fatto salvi regolamenti statali in materie regionali in quanto avevano una funzione suppletiva) ed eccezioni “nascoste” (atti di indirizzo e coordinamento normativi e decreti normativi “atipici”). Talora, poi, la Corte usava l’interesse nazionale non come limite interno alla materia regionale ma come fonte di una sub-materia statale; sono casi che anticipano un’operazione che la Corte ha compiuto in misura consistente dopo il 2001 ed evidenziano un nodo che ancora non è stato sciolto nella giurisprudenza costituzionale: cos’è la “materia”. Dopo il 2001, l'art. 117, co. 6, sembrava a molti aver rafforzato il divieto dei regolamenti statali nelle materie regionali ed è stato oggetto, all'inizio, di interpretazioni rigorose; in realtà, esso è intrinsecamente contraddittorio perché ammette i regolamenti statali in tutte le materie del comma 2, comprese quelle trasversali, e dunque li ammette anche nelle materie regionali. I regolamenti statali possono incidere sulle competenze regionali in cinque modi diversi, con intensità crescente: a) intervengono in materia regionale rivolgendosi anche “all'esterno” (alla Regione ed ai privati), ma in via transitoria e cedevole, in mancanza di legge regionale e fino all'adozione di essa; b) intervengono in materia regionale rivolgendosi anche “all'esterno”, in via transitoria ma non cedevole, cioè fino ad una riforma statale del settore e non fino all’adozione della legge regionale; c) intervengono in materia regionale ma in realtà si rivolgono all'amministrazione statale, in quanto regolano funzioni statali; d) intervengono in materia regionale stabilmente, pretendendo di condizionare le funzioni regionali, anche legislative; e) intervengono in materia regionale, pretendendo di prevalere – nell'applicazione – su precedenti leggi regionali. L'analitico esame della giurisprudenza costituzionale rivela che il principio di cui all'art. 117, co. 6, ha subito diversi cedimenti: regolamenti statali in materie regionali sono stati ammessi o in quanto previsti da principi fondamentali o in quanto intervengono in materie trasversali o sulla base del principio di sussidiarietà-interesse nazionale. L'articolo approfondisce il problema più spinoso in questa materia, che è quello delle interferenze tra regolamenti statali e leggi regionali, precedenti (come può prevalere il regolamento sulla legge?) o successive (i regolamenti statali possono condizionare le leggi regionali?); problema sempre eluso dalla Corte costituzionale sotto il profilo teorico. La conclusione è che la separazione tra regolamenti statali e competenze regionali è più un auspicio che un principio e che, se non è aumentata la possibilità giuridica di intervento dei regolamenti nelle materie regionali, è aumentata l’interferenza concreta dei regolamenti sull’autonomia regionale. Ciò è potuto accadere, nonostante l'eliminazione (teorica?) del limite dell'interesse nazionale, perché in taluni casi la Corte ha accettato la “delegificazione” dei principi fondamentali nelle materie concorrenti e lo stravolgimento del principio di sussidiarietà, utilizzato per giustificare competenze normative statali, a prescindere dalle funzioni amministrative. Inoltre, mentre prima del 2001 gli atti sublegislativi statali erano assoggettati, in linea di principio, ai principi di legalità sostanziale e della competenza collegiale governativa, ora nella giurisprudenza costituzionale il primo principio è spesso derogato ed il secondo è sparito, restando salvaguardato il solo principio di leale collaborazione: dalla “delegificazione”, dunque, si è passati alla “ministerializzazione” dei rapporti Stato-Regioni.
Fonti secondarie statali e competenze regionali
PADULA, CARLO
2011
Abstract
L'articolo illustra i rapporti tra fonti secondarie statali e competenze regionali prima del 2001 e quelli successivi al 2001. Prima del 2001 tali rapporti erano soggetti a due impostazioni diverse: una “separatista” (art. 17, co. 1, l. 400/1988) ed una “possibilista” (art. 2, co. 3, d. lgs. 281/1997). In effetti, anche dalla giurisprudenza costituzionale risultano eccezioni al principio secondo il quale nelle materie elencate dall’art. 117 Cost. il potere regolamentare spettava alle Regioni: eccezioni “ufficiali” (in diversi casi la Corte ha fatto salvi regolamenti statali in materie regionali in quanto avevano una funzione suppletiva) ed eccezioni “nascoste” (atti di indirizzo e coordinamento normativi e decreti normativi “atipici”). Talora, poi, la Corte usava l’interesse nazionale non come limite interno alla materia regionale ma come fonte di una sub-materia statale; sono casi che anticipano un’operazione che la Corte ha compiuto in misura consistente dopo il 2001 ed evidenziano un nodo che ancora non è stato sciolto nella giurisprudenza costituzionale: cos’è la “materia”. Dopo il 2001, l'art. 117, co. 6, sembrava a molti aver rafforzato il divieto dei regolamenti statali nelle materie regionali ed è stato oggetto, all'inizio, di interpretazioni rigorose; in realtà, esso è intrinsecamente contraddittorio perché ammette i regolamenti statali in tutte le materie del comma 2, comprese quelle trasversali, e dunque li ammette anche nelle materie regionali. I regolamenti statali possono incidere sulle competenze regionali in cinque modi diversi, con intensità crescente: a) intervengono in materia regionale rivolgendosi anche “all'esterno” (alla Regione ed ai privati), ma in via transitoria e cedevole, in mancanza di legge regionale e fino all'adozione di essa; b) intervengono in materia regionale rivolgendosi anche “all'esterno”, in via transitoria ma non cedevole, cioè fino ad una riforma statale del settore e non fino all’adozione della legge regionale; c) intervengono in materia regionale ma in realtà si rivolgono all'amministrazione statale, in quanto regolano funzioni statali; d) intervengono in materia regionale stabilmente, pretendendo di condizionare le funzioni regionali, anche legislative; e) intervengono in materia regionale, pretendendo di prevalere – nell'applicazione – su precedenti leggi regionali. L'analitico esame della giurisprudenza costituzionale rivela che il principio di cui all'art. 117, co. 6, ha subito diversi cedimenti: regolamenti statali in materie regionali sono stati ammessi o in quanto previsti da principi fondamentali o in quanto intervengono in materie trasversali o sulla base del principio di sussidiarietà-interesse nazionale. L'articolo approfondisce il problema più spinoso in questa materia, che è quello delle interferenze tra regolamenti statali e leggi regionali, precedenti (come può prevalere il regolamento sulla legge?) o successive (i regolamenti statali possono condizionare le leggi regionali?); problema sempre eluso dalla Corte costituzionale sotto il profilo teorico. La conclusione è che la separazione tra regolamenti statali e competenze regionali è più un auspicio che un principio e che, se non è aumentata la possibilità giuridica di intervento dei regolamenti nelle materie regionali, è aumentata l’interferenza concreta dei regolamenti sull’autonomia regionale. Ciò è potuto accadere, nonostante l'eliminazione (teorica?) del limite dell'interesse nazionale, perché in taluni casi la Corte ha accettato la “delegificazione” dei principi fondamentali nelle materie concorrenti e lo stravolgimento del principio di sussidiarietà, utilizzato per giustificare competenze normative statali, a prescindere dalle funzioni amministrative. Inoltre, mentre prima del 2001 gli atti sublegislativi statali erano assoggettati, in linea di principio, ai principi di legalità sostanziale e della competenza collegiale governativa, ora nella giurisprudenza costituzionale il primo principio è spesso derogato ed il secondo è sparito, restando salvaguardato il solo principio di leale collaborazione: dalla “delegificazione”, dunque, si è passati alla “ministerializzazione” dei rapporti Stato-Regioni.Pubblicazioni consigliate
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