Il saggio illustra la percezione della Shoah in Italia nell'immediato dopoguerra, dal 1945 al 1947. Il punto di partenza sono le notizie diffuse già nel corso del conflitto dalle radio alleate, come Radio Londra, rilanciate dalla stampa romana nella seconda metà del 1944, dopo la liberazione della città. L'attenzione si concentra poi sui giornali italiani all'indomani della sconfitta del Terzo Reich. A differenza di quanto avviene negli Stati Uniti e in paesi come la Gran Bretagna e la Francia dove vengono dedicati ampi reportages alle vicende dello sterminio ebraico con largo impiego di fotografie, la stampa italiana è caratterizzata invece da un'informazione più frammentaria, basata prevalentemente sulle testimonianze dei sopravvissuti e scarsa attenzione alla rappresentazione visiva dello sterminio. Un altro importante canale di informazione è rappresentato anche dai resoconti dei principali processi condotti contro i carnefici tedeschi, a cominciare dal processo di Norimberga. Come avviene nel resto del mondo, l’esperienza dello sterminio ebraico non risulta però colta nella sua specificità, risultando ricondotta nella più ampia e indistinta cornice dei crimini contro l’umanità perpetrati dal nazismo. Anche le testimonianze letterarie ebraiche sul lager – a cominciare da quella di Primo Levi o da quelle di donne sopravvissute come Liana Millu – non attirano l’attenzione del pubblico sia perché il loro racconto stenta ad inserirsi nella narrazione dominante che privilegia la resistenza politica antifascista sia perché la tristezza e la drammaticità delle vicende narrate cozzano contro la voglia di dimenticare il passato e di “ricominciare a vivere” che connota l’atteggiamento psicologico prevalente degli italiani. Viene infine preso in considerazione il processo di rimozione dell’antisemitismo fascista e di cancellazione della parte di corresponsabilità italiana (specialmente a Salò) nella persecuzione degli ebrei. L’antisemitismo fascista viene descritto come un “prodotto d’importazione” imposto dalla Germania nazista e ogni colpa scaricata sui tedeschi. A questo esito contribuiscono sia considerazioni di politica estera, ovvero la necessità per l’Italia di evitare una pace punitiva per la guerra dell’Asse e i suoi crimini, sia l’esigenza manifestata all’interno dalla stessa comunità ebraica di sanare il prima possibile la ferita delle leggi razziali per reintegrarsi nel tessuto nazionale.

La percezione della Shoah in Italia nell'immediato dopoguerra: 1945-1947

FOCARDI, FILIPPO
2010

Abstract

Il saggio illustra la percezione della Shoah in Italia nell'immediato dopoguerra, dal 1945 al 1947. Il punto di partenza sono le notizie diffuse già nel corso del conflitto dalle radio alleate, come Radio Londra, rilanciate dalla stampa romana nella seconda metà del 1944, dopo la liberazione della città. L'attenzione si concentra poi sui giornali italiani all'indomani della sconfitta del Terzo Reich. A differenza di quanto avviene negli Stati Uniti e in paesi come la Gran Bretagna e la Francia dove vengono dedicati ampi reportages alle vicende dello sterminio ebraico con largo impiego di fotografie, la stampa italiana è caratterizzata invece da un'informazione più frammentaria, basata prevalentemente sulle testimonianze dei sopravvissuti e scarsa attenzione alla rappresentazione visiva dello sterminio. Un altro importante canale di informazione è rappresentato anche dai resoconti dei principali processi condotti contro i carnefici tedeschi, a cominciare dal processo di Norimberga. Come avviene nel resto del mondo, l’esperienza dello sterminio ebraico non risulta però colta nella sua specificità, risultando ricondotta nella più ampia e indistinta cornice dei crimini contro l’umanità perpetrati dal nazismo. Anche le testimonianze letterarie ebraiche sul lager – a cominciare da quella di Primo Levi o da quelle di donne sopravvissute come Liana Millu – non attirano l’attenzione del pubblico sia perché il loro racconto stenta ad inserirsi nella narrazione dominante che privilegia la resistenza politica antifascista sia perché la tristezza e la drammaticità delle vicende narrate cozzano contro la voglia di dimenticare il passato e di “ricominciare a vivere” che connota l’atteggiamento psicologico prevalente degli italiani. Viene infine preso in considerazione il processo di rimozione dell’antisemitismo fascista e di cancellazione della parte di corresponsabilità italiana (specialmente a Salò) nella persecuzione degli ebrei. L’antisemitismo fascista viene descritto come un “prodotto d’importazione” imposto dalla Germania nazista e ogni colpa scaricata sui tedeschi. A questo esito contribuiscono sia considerazioni di politica estera, ovvero la necessità per l’Italia di evitare una pace punitiva per la guerra dell’Asse e i suoi crimini, sia l’esigenza manifestata all’interno dalla stessa comunità ebraica di sanare il prima possibile la ferita delle leggi razziali per reintegrarsi nel tessuto nazionale.
2010
Storia della Shoah in Italia, Vol. II, Vicende, memorie, rappresentazioni
9788802083537
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