Il problema della difesa dalle piene interessa, per lo più, il tratto medio-basso dei fiumi per la maggiore esposizione del territorio di pianura all'offesa idraulica. La difesa richiede provvedimenti e opere generalmente ben diversi da quelli utilizzati per il tratto montano degli stessi corsi, per il quale è più appropriato parlare di sistemazione. Il regime della corrente è quasi sempre quello lento; e anche il trasporto solido è di norma ridotto e limitato ai materiali più fini. La difesa di un'area esposta alle esondazioni di un corso d'acqua in piena può ottenersi essenzialmente in due modi: a) aumentando la sua capacità di portata; b) diminuendo la portata di piena che, con prefissata frequenza, transita nel tratto in esame. L'aumento della capacità di portata dell'alveo può ottenersi in vario modo. Il modo classico è il contenimento della portata di piena ottenuto con l'arginatura del corso d'acqua o, se già arginato, con il sovralzo e ringrosso arginale. Questo provvedimento è il più antico preso dall'Uomo per difendere le zone abitate o produttive dagli allagamenti. Il contenimento della portata entro argini, nei tratti ove abitualmente il corso d'acqua, allagando, espande, comporta l'aumento dei valori della portata a valle per la sottrazione di parte della capacità d’invaso conseguente all'arginatura. La ricalibratura dell'alveo, o ampliamento della sezione, comporta la riduzione della velocità e quindi delle perdite di carico: con conseguente riduzione della quota liquida nella zona da proteggere. Quando l'ampliamento della sezione non sia possibile (per esempio, per un corso che attraversa un centro abitato), la riduzione delle perdite di carico può ottenersi con la diminuzione della scabrezza (e quindi aumento della velocità): provvedendo a una sistematica pulizia o rivestendo le sponde. Un risultato analogo può conseguirsi con una rettifica fluviale o drizzagno, accorciando cioè il percorso del fiume a valle con il taglio di una o più anse del fiume stesso. La riduzione della portata può ottenersi - il secondo modo di difesa - invasando temporaneamente, in adatta capacità posta a monte, una parte del volume dell'onda di piena per restituirla, successivamente, quando il valore della portata sia inferiore a quella che può transitare nell'alveo. Questo risultato s'ottiene creando un serbatoio di piena; oppure, se il serbatoio assolve anche ad altre funzioni, riservando una parte della sua capacità ai volumi di piena in una definita stagione dell'anno. Un eguale risultato può conseguirsi anche utilizzando le capacità che un corso d'acqua talvolta possiede in prossimità dell'alveo: zone golenali, per esempio; ma anche terreni laterali esposti a inondazioni periodiche. Queste capacità sono definite casse d'espansione; esse si differenziano dai serbatoi di piena per le diverse opere che creano la ritenuta (traverse invece di dighe) e quindi tiranti limitati nelle casse e talvolta anche per la diversa distribuzione delle capacità. Un altro modo per ridurre la portata è quello di derivarne, a monte, una sua parte per avviarla, con un'opera artificiale, a un altro corso d'acqua (o lago o mare) in grado di riceverla; oppure quello di costruire un vero e proprio by-pass della zona interessata, restituendo la portata derivata allo stesso corso d'acqua, ma in una sezione posta sufficientemente a valle, cosicché il rigurgito non si faccia sentire in modo apprez-zabile nell'area da proteggere, nell'ovvia ipotesi che il tratto a valle sia in grado di ospitare l'intera portata. Queste opere sono dette diversivi o canali scolmatori. Tra le possibilità di intervento appena accennate per evitare gli allagamenti, è di volta in volta da scegliersi quella che meglio si adatta al problema in esame: ossia quella che consente di conseguire, con la necessaria affidabilità dei dispositivi, il risultato auspicato contenendo quanto più possibile i costi di costruzione e d'esercizio e i tempi di realizzazione; e che limiti il più possibile danni di altro tipo (espropri di aree abitate o comunque utilizzate, danni al paesaggio, modifiche all'ecosistema, ecc.). È assolutamente da sconsigliare la pratica, talvolta usata, di realizzare uno scolmatore per poter ridurre (ed eliminare) il vecchio alveo in corrispondenza di centri abitati, magari ricorrendo poi alla deprecabile, e ora vietata, pratica di copertura (tombatura) di quanto rimasto del vecchio alveo stesso. È di tutta evidenza che i provvedimenti possono essere più d'uno, combinati tra loro in modo da raggiungere al meglio il risultato desiderato.
Interventi strutturali nei corsi d'acqua di pianura
DA DEPPO, LUIGI
2010
Abstract
Il problema della difesa dalle piene interessa, per lo più, il tratto medio-basso dei fiumi per la maggiore esposizione del territorio di pianura all'offesa idraulica. La difesa richiede provvedimenti e opere generalmente ben diversi da quelli utilizzati per il tratto montano degli stessi corsi, per il quale è più appropriato parlare di sistemazione. Il regime della corrente è quasi sempre quello lento; e anche il trasporto solido è di norma ridotto e limitato ai materiali più fini. La difesa di un'area esposta alle esondazioni di un corso d'acqua in piena può ottenersi essenzialmente in due modi: a) aumentando la sua capacità di portata; b) diminuendo la portata di piena che, con prefissata frequenza, transita nel tratto in esame. L'aumento della capacità di portata dell'alveo può ottenersi in vario modo. Il modo classico è il contenimento della portata di piena ottenuto con l'arginatura del corso d'acqua o, se già arginato, con il sovralzo e ringrosso arginale. Questo provvedimento è il più antico preso dall'Uomo per difendere le zone abitate o produttive dagli allagamenti. Il contenimento della portata entro argini, nei tratti ove abitualmente il corso d'acqua, allagando, espande, comporta l'aumento dei valori della portata a valle per la sottrazione di parte della capacità d’invaso conseguente all'arginatura. La ricalibratura dell'alveo, o ampliamento della sezione, comporta la riduzione della velocità e quindi delle perdite di carico: con conseguente riduzione della quota liquida nella zona da proteggere. Quando l'ampliamento della sezione non sia possibile (per esempio, per un corso che attraversa un centro abitato), la riduzione delle perdite di carico può ottenersi con la diminuzione della scabrezza (e quindi aumento della velocità): provvedendo a una sistematica pulizia o rivestendo le sponde. Un risultato analogo può conseguirsi con una rettifica fluviale o drizzagno, accorciando cioè il percorso del fiume a valle con il taglio di una o più anse del fiume stesso. La riduzione della portata può ottenersi - il secondo modo di difesa - invasando temporaneamente, in adatta capacità posta a monte, una parte del volume dell'onda di piena per restituirla, successivamente, quando il valore della portata sia inferiore a quella che può transitare nell'alveo. Questo risultato s'ottiene creando un serbatoio di piena; oppure, se il serbatoio assolve anche ad altre funzioni, riservando una parte della sua capacità ai volumi di piena in una definita stagione dell'anno. Un eguale risultato può conseguirsi anche utilizzando le capacità che un corso d'acqua talvolta possiede in prossimità dell'alveo: zone golenali, per esempio; ma anche terreni laterali esposti a inondazioni periodiche. Queste capacità sono definite casse d'espansione; esse si differenziano dai serbatoi di piena per le diverse opere che creano la ritenuta (traverse invece di dighe) e quindi tiranti limitati nelle casse e talvolta anche per la diversa distribuzione delle capacità. Un altro modo per ridurre la portata è quello di derivarne, a monte, una sua parte per avviarla, con un'opera artificiale, a un altro corso d'acqua (o lago o mare) in grado di riceverla; oppure quello di costruire un vero e proprio by-pass della zona interessata, restituendo la portata derivata allo stesso corso d'acqua, ma in una sezione posta sufficientemente a valle, cosicché il rigurgito non si faccia sentire in modo apprez-zabile nell'area da proteggere, nell'ovvia ipotesi che il tratto a valle sia in grado di ospitare l'intera portata. Queste opere sono dette diversivi o canali scolmatori. Tra le possibilità di intervento appena accennate per evitare gli allagamenti, è di volta in volta da scegliersi quella che meglio si adatta al problema in esame: ossia quella che consente di conseguire, con la necessaria affidabilità dei dispositivi, il risultato auspicato contenendo quanto più possibile i costi di costruzione e d'esercizio e i tempi di realizzazione; e che limiti il più possibile danni di altro tipo (espropri di aree abitate o comunque utilizzate, danni al paesaggio, modifiche all'ecosistema, ecc.). È assolutamente da sconsigliare la pratica, talvolta usata, di realizzare uno scolmatore per poter ridurre (ed eliminare) il vecchio alveo in corrispondenza di centri abitati, magari ricorrendo poi alla deprecabile, e ora vietata, pratica di copertura (tombatura) di quanto rimasto del vecchio alveo stesso. È di tutta evidenza che i provvedimenti possono essere più d'uno, combinati tra loro in modo da raggiungere al meglio il risultato desiderato.Pubblicazioni consigliate
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