Quando, da onere delle potenze coloniale e responsabilità delle superpotenze, l’aiuto allo sviluppo parve diventare un dovere etico e politico di qualunque paese sviluppato, anche l’Italia si pose la questione di diventare ‘donor’, un ruolo impervio per un paese ancora sulla soglia dello sviluppo. Questo saggio si concentra, attraverso documentazione d’archivio italiana, europea e statunitense, sugli anni 1958-1967 in cui Fanfani fu ai vertici della politica estera italiana e analizza come un tema particolarmente consono alle inclinazioni di Fanfani, al crocevia fra politica e economia, giocò un ruolo di rilievo nella diplomazia e nella politica dei primi anni del suo impegno internazionale. Presente fin dal primo viaggio di Fanfani negli Stati Uniti, l’impegno nell’aiuto allo sviluppo fu poi utilizzato per ottenere il sostegno dell’amministrazione Kennedy all’apertura a sinistra, con la creazione del primo quadro legislativo per gli aiuti finanziari ai pvs nel luglio 1961. L’individuazione del Mediterraneo, dell’Africa e dell’America latina come aree di interesse per la politica italiana di sviluppo legava chiaramente questa nuova politica alle direttrici della politica estera italiana cui Fanfani intendeva dare nuovo slancio: alla motivazione ‘neo-atlantica’ si sommava la volontà di accreditare l’Italia presso i paesi in via di sviluppo. Concretamente tuttavia la priorità andava al programma di riforme interne del centro-sinistra e le risorse per finanziare l’aiuto arrivarono tardi e in misura limitata. Dopo la crisi del 1963-4 non si ricostituì un clima favorevole all’impegno per lo sviluppo. Nel 1965-7 Fanfani tornò a premere per una politica di sviluppo che fosse strumento della politica estera italiana e favorì l’adozione della legge per la Somalia. Tuttavia l’Italia e Fanfani con lei continuò a mancare di strutture istituzionali e risorse, assegnando maggiore priorità ai programmi interni di sviluppo e a altre direttrici verso cui anche gli interessi economici spingevano. Questa dimensione inedita della politica fanfaniana offre dunque un contributo importante alla comprensione della tensione fra obiettivi e capacità politiche e economica della politica estera italiana degli anni Sessanta.
La politica italiana di cooperazione bilaterale allo sviluppo negli anni di Fanfani
CALANDRI, ELENA
2010
Abstract
Quando, da onere delle potenze coloniale e responsabilità delle superpotenze, l’aiuto allo sviluppo parve diventare un dovere etico e politico di qualunque paese sviluppato, anche l’Italia si pose la questione di diventare ‘donor’, un ruolo impervio per un paese ancora sulla soglia dello sviluppo. Questo saggio si concentra, attraverso documentazione d’archivio italiana, europea e statunitense, sugli anni 1958-1967 in cui Fanfani fu ai vertici della politica estera italiana e analizza come un tema particolarmente consono alle inclinazioni di Fanfani, al crocevia fra politica e economia, giocò un ruolo di rilievo nella diplomazia e nella politica dei primi anni del suo impegno internazionale. Presente fin dal primo viaggio di Fanfani negli Stati Uniti, l’impegno nell’aiuto allo sviluppo fu poi utilizzato per ottenere il sostegno dell’amministrazione Kennedy all’apertura a sinistra, con la creazione del primo quadro legislativo per gli aiuti finanziari ai pvs nel luglio 1961. L’individuazione del Mediterraneo, dell’Africa e dell’America latina come aree di interesse per la politica italiana di sviluppo legava chiaramente questa nuova politica alle direttrici della politica estera italiana cui Fanfani intendeva dare nuovo slancio: alla motivazione ‘neo-atlantica’ si sommava la volontà di accreditare l’Italia presso i paesi in via di sviluppo. Concretamente tuttavia la priorità andava al programma di riforme interne del centro-sinistra e le risorse per finanziare l’aiuto arrivarono tardi e in misura limitata. Dopo la crisi del 1963-4 non si ricostituì un clima favorevole all’impegno per lo sviluppo. Nel 1965-7 Fanfani tornò a premere per una politica di sviluppo che fosse strumento della politica estera italiana e favorì l’adozione della legge per la Somalia. Tuttavia l’Italia e Fanfani con lei continuò a mancare di strutture istituzionali e risorse, assegnando maggiore priorità ai programmi interni di sviluppo e a altre direttrici verso cui anche gli interessi economici spingevano. Questa dimensione inedita della politica fanfaniana offre dunque un contributo importante alla comprensione della tensione fra obiettivi e capacità politiche e economica della politica estera italiana degli anni Sessanta.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.