Nel contesto tematico dell'opera in cui si inserisce, il contributo mira a tratteggiare le interrelazioni tra biodiritto e diritto penale internazionale. L'anello di congiunzione tra la sfera biogiuridica – intesa come complesso delle dimensioni giuridiche relative alle scienze della vita e della cura e della salute dell'essere umano – e la dimensione sovranazionale della penalità è individuato proprio in quei diritti umani universali, che, formano la costituzionale materiale della Comunità internazionale e sono fondamento e limite della pretesa punitiva internazionale. In questa prospettiva, l'intersezione fra diritti umani e biodiritto trova nella dimensione punitiva sovranazionale un naturale completamento. Tra le forme di aggressione ai diritti umani punite dai crimini internazionali – e, in particolare, dai crimini contro l'umanità e dal genocidio – alcune attengono evidentemente alla sfera biogiuridica (si pensi alla sterilizzazione o agli aborti forzati, espressamente previsti dall'art. 7, co. 1, e comunque immediatamente riconducibili, ed in effetti ricondotti dalla giurisprudenza, all'art. 6, lett. d), dello Statuto della Corte penale internazionale, siccome misure volte ad impedire le nascite all'interno del gruppo bersaglio del genocidio). Un caso emblematico è quello giudicato in un processo, celebrato a Norimberga, nei confronti di 23 medici nazisti, accusati di crimini di guerra e crimini contro l'umanità, per il “programma eutanasia” di malati mentali, persone deformi, ecc., e per esperimenti praticati, ovviamente senza alcun consenso, su prigionieri di guerra, ebrei, zingari, ecc., motivati da presunte ragioni scientifiche. La sentenza resa dalla corte militare americana è assai interessante anche perché enuncia un codice dei principi fondamentali in materia di esperimenti sugli esseri umani (Codice di Norimberga), che ha ispirato molte carte internazionali. Sennonché, dai fatti giudicati a Norimberga, l'evoluzione scientifica ha fatto passi da gigante e le tradizionali fattispecie di crimini internazionali non paiono consentire la repressione dei fenomeni che sono oggi al centro del dibattito bioetico, quali l'identità genetica dell'uomo, gli interventi di bioingegneria sul corpo umano, ecc. – a parte rimane il limite, per certi versi “strutturale”, dato dal context element, che attribuisce carattere internazionale al crimine. S'impone, pertanto, un'evoluzione del diritto penale sovranazionale, che dovrebbe radicarsi sulla c.d. Convenzione dei diritti dell'uomo e la biomedicina e sulla Dichiarazione sul genoma umano e sui diritti dell'uomo adottata dall'Unesco.
Diritto penale internazionale e biodiritto
BORSARI, RICCARDO
2010
Abstract
Nel contesto tematico dell'opera in cui si inserisce, il contributo mira a tratteggiare le interrelazioni tra biodiritto e diritto penale internazionale. L'anello di congiunzione tra la sfera biogiuridica – intesa come complesso delle dimensioni giuridiche relative alle scienze della vita e della cura e della salute dell'essere umano – e la dimensione sovranazionale della penalità è individuato proprio in quei diritti umani universali, che, formano la costituzionale materiale della Comunità internazionale e sono fondamento e limite della pretesa punitiva internazionale. In questa prospettiva, l'intersezione fra diritti umani e biodiritto trova nella dimensione punitiva sovranazionale un naturale completamento. Tra le forme di aggressione ai diritti umani punite dai crimini internazionali – e, in particolare, dai crimini contro l'umanità e dal genocidio – alcune attengono evidentemente alla sfera biogiuridica (si pensi alla sterilizzazione o agli aborti forzati, espressamente previsti dall'art. 7, co. 1, e comunque immediatamente riconducibili, ed in effetti ricondotti dalla giurisprudenza, all'art. 6, lett. d), dello Statuto della Corte penale internazionale, siccome misure volte ad impedire le nascite all'interno del gruppo bersaglio del genocidio). Un caso emblematico è quello giudicato in un processo, celebrato a Norimberga, nei confronti di 23 medici nazisti, accusati di crimini di guerra e crimini contro l'umanità, per il “programma eutanasia” di malati mentali, persone deformi, ecc., e per esperimenti praticati, ovviamente senza alcun consenso, su prigionieri di guerra, ebrei, zingari, ecc., motivati da presunte ragioni scientifiche. La sentenza resa dalla corte militare americana è assai interessante anche perché enuncia un codice dei principi fondamentali in materia di esperimenti sugli esseri umani (Codice di Norimberga), che ha ispirato molte carte internazionali. Sennonché, dai fatti giudicati a Norimberga, l'evoluzione scientifica ha fatto passi da gigante e le tradizionali fattispecie di crimini internazionali non paiono consentire la repressione dei fenomeni che sono oggi al centro del dibattito bioetico, quali l'identità genetica dell'uomo, gli interventi di bioingegneria sul corpo umano, ecc. – a parte rimane il limite, per certi versi “strutturale”, dato dal context element, che attribuisce carattere internazionale al crimine. S'impone, pertanto, un'evoluzione del diritto penale sovranazionale, che dovrebbe radicarsi sulla c.d. Convenzione dei diritti dell'uomo e la biomedicina e sulla Dichiarazione sul genoma umano e sui diritti dell'uomo adottata dall'Unesco.Pubblicazioni consigliate
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