Il presente scritto si occupa di indagare, nel quadro delle discipline che interessano i soggetti dell’imposizione reddituale sottoposti a predeterminazioni normative, le caratteristiche strutturali della disciplina delle cosiddette “società non operative”, siccome risultante per effetto delle modifiche apportate dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296 (cosiddetta “Legge finanziaria per il 2007”). Tale disciplina viene in particolare indagata sia nell’ottica delle regole (sostanziali, procedimentali e processuali) tratteggiate dal legislatore, sia attraverso la lente dei principi costituzionali che, rispetto ad essa, assumono rilevanza. Sul piano sostanziale, viene approfondita l’indagine in ordine alle modalità di calcolo che regolano la determinazione del reddito minimo, evidenziando in particolare l’apoditticità delle percentuali di redditività valorizzate dal legislatore. Sul piano procedimentale, particolare attenzione viene dedicata all’esame della disciplina del cosiddetto interpello disapplicativo, avendo riguardo soprattutto alle cause di inammissibilità del citato interpello. In merito all’impatto sulla sfera dei principi costituzionali, vengono enfatizzate con particolare attenzione le caratteristiche del peculiare schema inferenziale che dal possesso di determinati beni fa discendere, de plano, il possesso di un determinato quantum fiscalmente rilevante. In questa prospettiva, viene evidenziata, in chiave critica, l’inaccettabile idea, sottostante il meccanismo di predeterminazione normativa in questione, stando alla quale il reddito viene inteso quale variabile automaticamente dipendente dal patrimonio. Segnatamente, lo scritto evidenzia, da un lato, come non necessariamente a fronte di soggetti significativamente patrimonializzati debba sussistere una capacità di generare redditi elevati e, dall’altro, come sia facile immaginare situazioni caratterizzate da una scarsa patrimonializzazione e da elevata redditività. Il principio cardine che entra in gioco in questa indagine è quello della capacità contributiva sancito dall’art. 53 della Carta fondamentale, il quale, come lo scritto sottolinea, non sempre può considerarsi pacificamente rispettato, atteso che la disciplina ingloba nel proprio spettro applicativo soggetti i quali, per ragioni dipendenti da elementi soggettivi, potrebbero non possedere affatto la ricchezza (meramente fittizia) che viene colpita ex lege dal prelievo fiscale.
Gli enti collettivi di ogni tipo «non operativi»
BEGHIN, MAURO
2010
Abstract
Il presente scritto si occupa di indagare, nel quadro delle discipline che interessano i soggetti dell’imposizione reddituale sottoposti a predeterminazioni normative, le caratteristiche strutturali della disciplina delle cosiddette “società non operative”, siccome risultante per effetto delle modifiche apportate dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296 (cosiddetta “Legge finanziaria per il 2007”). Tale disciplina viene in particolare indagata sia nell’ottica delle regole (sostanziali, procedimentali e processuali) tratteggiate dal legislatore, sia attraverso la lente dei principi costituzionali che, rispetto ad essa, assumono rilevanza. Sul piano sostanziale, viene approfondita l’indagine in ordine alle modalità di calcolo che regolano la determinazione del reddito minimo, evidenziando in particolare l’apoditticità delle percentuali di redditività valorizzate dal legislatore. Sul piano procedimentale, particolare attenzione viene dedicata all’esame della disciplina del cosiddetto interpello disapplicativo, avendo riguardo soprattutto alle cause di inammissibilità del citato interpello. In merito all’impatto sulla sfera dei principi costituzionali, vengono enfatizzate con particolare attenzione le caratteristiche del peculiare schema inferenziale che dal possesso di determinati beni fa discendere, de plano, il possesso di un determinato quantum fiscalmente rilevante. In questa prospettiva, viene evidenziata, in chiave critica, l’inaccettabile idea, sottostante il meccanismo di predeterminazione normativa in questione, stando alla quale il reddito viene inteso quale variabile automaticamente dipendente dal patrimonio. Segnatamente, lo scritto evidenzia, da un lato, come non necessariamente a fronte di soggetti significativamente patrimonializzati debba sussistere una capacità di generare redditi elevati e, dall’altro, come sia facile immaginare situazioni caratterizzate da una scarsa patrimonializzazione e da elevata redditività. Il principio cardine che entra in gioco in questa indagine è quello della capacità contributiva sancito dall’art. 53 della Carta fondamentale, il quale, come lo scritto sottolinea, non sempre può considerarsi pacificamente rispettato, atteso che la disciplina ingloba nel proprio spettro applicativo soggetti i quali, per ragioni dipendenti da elementi soggettivi, potrebbero non possedere affatto la ricchezza (meramente fittizia) che viene colpita ex lege dal prelievo fiscale.Pubblicazioni consigliate
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