Nella prima età podestarile (entro il 1220) il comune di Treviso riuscì nello sforzo di stringere un rapporto molto stretto con il territorio di pertinenza, cioè all’incirca quello della diocesi trevigiana e in parte della diocesi di Céneda (Vittorio Veneto). Protagonisti di questa azione furono i casati nobiliari che, pur avendo le basi del loro potere nel contado, vedevano nella città la sede istituzionale da privilegiare per confermare la propria supremazia. Le conseguenze di questa nuova visuale furono sul piano interno il sostegno fornito dagli aristocratici al regime comunale; la scelta del podestà cittadino come elemento di mediazione e pacificazione dei conflitti interni al gruppo dirigente; la determinazione di una condizione socio-giuridica privilegiata degli abitanti della città, in particolare sotto il profilo fiscale; la promozione degli stessi aristocratici al ruolo di "cives"; la rinegoziazione delle relazioni tra comune e vescovo, in particolare per quel che riguardava la fiscalità. Sul piano esterno, le conseguenze possono essere individuate nelle alleanze 'internazionali' con i nobili del patriarcato di Aquileia, nei conflitti e nelle ricomposizioni con Venezia e persino con la lontana Capodistria. Episodio particolarmente rilevante del processo di integrazione di territori sottoposti al governo signorile entro la struttura territoriale del comune fu l’assorbimento da parte di Treviso della parte del territorio della confinante diocesi di Céneda (Vittorio Veneto) sottoposta la controllo della potente famiglia da Camino e di importanti monasteri veneziani (S. Salvatore, S. Elena). L’analisi di questa tematica prende le mosse proprio dallo studio dei documenti inediti relativi ai patrimoni dei monasteri citati. Da essi è possibile dedurre la consistenza della presenza caminese in questo spazio, una presenza organizzata in terre, castelli, luoghi di raccolta di derrate, probabilmente pervenuti ai Caminesi grazie alle loro relazioni con il patriarcato di Aquileia (XII secolo), antico signore del territorio per diritto concesso dagli imperatori tedeschi. Nel processo di disarticolazione del potere imperiale nella pianura veneta, intervenuto nel corso dei secoli XII-XIII, anche i poteri temporali dei vescovi suffraganei del patriarcato aquileiese finirono per andare incontro ad una crisi irreversibile. I Caminesi allora scelsero la città come punto di riferimento politico: dapprima Padova, poi Treviso, verso la quale traghettarono i loro possedimenti, prima di diventare essi stessi signori cittadini (1283).

Espansione e controllo territoriale nella prima stagione comunale trevigiana: l'integrazione del basso Cenedese

CANZIAN, DARIO
2010

Abstract

Nella prima età podestarile (entro il 1220) il comune di Treviso riuscì nello sforzo di stringere un rapporto molto stretto con il territorio di pertinenza, cioè all’incirca quello della diocesi trevigiana e in parte della diocesi di Céneda (Vittorio Veneto). Protagonisti di questa azione furono i casati nobiliari che, pur avendo le basi del loro potere nel contado, vedevano nella città la sede istituzionale da privilegiare per confermare la propria supremazia. Le conseguenze di questa nuova visuale furono sul piano interno il sostegno fornito dagli aristocratici al regime comunale; la scelta del podestà cittadino come elemento di mediazione e pacificazione dei conflitti interni al gruppo dirigente; la determinazione di una condizione socio-giuridica privilegiata degli abitanti della città, in particolare sotto il profilo fiscale; la promozione degli stessi aristocratici al ruolo di "cives"; la rinegoziazione delle relazioni tra comune e vescovo, in particolare per quel che riguardava la fiscalità. Sul piano esterno, le conseguenze possono essere individuate nelle alleanze 'internazionali' con i nobili del patriarcato di Aquileia, nei conflitti e nelle ricomposizioni con Venezia e persino con la lontana Capodistria. Episodio particolarmente rilevante del processo di integrazione di territori sottoposti al governo signorile entro la struttura territoriale del comune fu l’assorbimento da parte di Treviso della parte del territorio della confinante diocesi di Céneda (Vittorio Veneto) sottoposta la controllo della potente famiglia da Camino e di importanti monasteri veneziani (S. Salvatore, S. Elena). L’analisi di questa tematica prende le mosse proprio dallo studio dei documenti inediti relativi ai patrimoni dei monasteri citati. Da essi è possibile dedurre la consistenza della presenza caminese in questo spazio, una presenza organizzata in terre, castelli, luoghi di raccolta di derrate, probabilmente pervenuti ai Caminesi grazie alle loro relazioni con il patriarcato di Aquileia (XII secolo), antico signore del territorio per diritto concesso dagli imperatori tedeschi. Nel processo di disarticolazione del potere imperiale nella pianura veneta, intervenuto nel corso dei secoli XII-XIII, anche i poteri temporali dei vescovi suffraganei del patriarcato aquileiese finirono per andare incontro ad una crisi irreversibile. I Caminesi allora scelsero la città come punto di riferimento politico: dapprima Padova, poi Treviso, verso la quale traghettarono i loro possedimenti, prima di diventare essi stessi signori cittadini (1283).
2010
Treviso e la sua civiltà  nell'Italia dei Comuni. Convegno di studio
Treviso e la sua civiltà nell'Italia dei Comuni. Convegno di Studio, Treviso, 3-5 dicembre 2009.
9788895368108
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