Innovazione e sosteniblità costituiscono oggi due imperativi imprescindibili, strettamente correlati, per le politiche di sviluppo del territorio. L’affermarsi di queste nuove prospettive di sviluppo ha trovato legittimazione nelle Strategie europee di Lisbona (2000) e di Göteborg (2001), ma può essere meglio compresa facendo riferimento all’acuirsi della crisi del modo di sviluppo fordista e del modo di regolazione politica stato-centrico. A partire dagli anni Novanta, si è fatto strada, infatti, anche nel contesto europeo, un nuovo approccio alle politiche per lo sviluppo, non solo locale, insieme al prevalere di un nuovo stile decisionale, quello della governance, termine utilizzato soprattutto per indicare un nuovo stile di governo, distinto dal modello del controllo gerarchico e caratterizzato da un maggior grado di cooperazione sia tra diversi livelli istituzionali di governo, europeo, nazionale, regionale, locale (governance multilivello) sia tra le istituzioni pubbliche e gli attori della società civile all’interno di reti decisionali miste pubblico-private (governance multi-attore). Nello stesso tempo si è andata affermando l’idea che una politica per lo sviluppo locale può essere davvero efficace solo se riesce ad intercettare risorse locali endogene, attraverso processi di partecipazione “dal basso” e di coprogettazione dello sviluppo locale. Lo stesso ruolo dell’attore politico locale, soprattutto regionale, è stato quindi fortemente potenziato sul piano istituzionale: in Italia, le riforme Bassanini e del Titolo V della Costituzione, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, hanno attribuito ai governi locali notevoli competenze in materia di regolazione politica dello sviluppo locale. Più di recente, infine, si è fatta strada la dimensione della qualità dello sviluppo che rimanda, più in generale, al principio dello sviluppo sosteniblie spesso ricondotto in modo riduttivo alla sola dimensione ambientale. La sostenibilità attiene invece, in primo luogo, alla crescente consapevolezza dei necessari cambiamenti nei comportamenti e stili di vita individuali e collettivi che richiedono l’adozione di un approccio integrato alle problematiche eco-sistemiche dello sviluppo. Molte sono quindi le sfide che il concetto di sostenibilità porta alle moderne teorie dello sviluppo e alle idee correlate tanto di “democrazia” come mera procedura formale, quanto di “sviluppo” come mera crescita quantitativa. In questa accezione del termine, quindi, il principio della sostenibilità dello sviluppo non è affatto una semplice “moda” (eco-chic) conciliabile con il modello di crescita capitalistico, ma è piuttosto una rivoluzione a tutto campo, non solo culturale, ma anche del modo di sviluppo e del modo di regolazione. Esso porta con sé, insomma, un vero e proprio cambiamento di paradigma. Parallelamente, anche il “paradigma dell’innovazione” (solo tecnologica) del modello fordista è andato progressivamente declinando, per lasciare il posto alla dimensione delle “creatività” che mette l’accento sulla capacità di interconnessione, reinterpretazione e costruzione di senso attraverso un dato prodotto. In questo scenario possiamo opportunamente parlare di modelli locali di sviluppo al bivio, tra modi diversi di concepire l’innovazione e la sostenibilità a partire da una diversa interpretazione della tradizione, in senso conservativo o in senso evolutivo. Se è vero infatti, come ricorda Florida (2003, p. 3), che «lo sviluppo di una regione non è guidato solo dalle imprese, ma si produce nei luoghi che si segnalano per tolleranza, diversità e apertura nei confronti della creatività», allora mai come in questo momento il contesto italiano, si trova “in bilico”, combattuto tra una chiusura, in difesa di un’identità tradizionale localistica, e un’apertura rivolta alla costruzione di una identità intercultuale aperta a un cambiamento autenticamente creativo. Con tutte le incertezze che l’innovazione creativa porta con sé.
Innovazione creativa e sostenibilità . Modelli locali di sviluppo al bivio
MESSINA, PATRIZIA
2009
Abstract
Innovazione e sosteniblità costituiscono oggi due imperativi imprescindibili, strettamente correlati, per le politiche di sviluppo del territorio. L’affermarsi di queste nuove prospettive di sviluppo ha trovato legittimazione nelle Strategie europee di Lisbona (2000) e di Göteborg (2001), ma può essere meglio compresa facendo riferimento all’acuirsi della crisi del modo di sviluppo fordista e del modo di regolazione politica stato-centrico. A partire dagli anni Novanta, si è fatto strada, infatti, anche nel contesto europeo, un nuovo approccio alle politiche per lo sviluppo, non solo locale, insieme al prevalere di un nuovo stile decisionale, quello della governance, termine utilizzato soprattutto per indicare un nuovo stile di governo, distinto dal modello del controllo gerarchico e caratterizzato da un maggior grado di cooperazione sia tra diversi livelli istituzionali di governo, europeo, nazionale, regionale, locale (governance multilivello) sia tra le istituzioni pubbliche e gli attori della società civile all’interno di reti decisionali miste pubblico-private (governance multi-attore). Nello stesso tempo si è andata affermando l’idea che una politica per lo sviluppo locale può essere davvero efficace solo se riesce ad intercettare risorse locali endogene, attraverso processi di partecipazione “dal basso” e di coprogettazione dello sviluppo locale. Lo stesso ruolo dell’attore politico locale, soprattutto regionale, è stato quindi fortemente potenziato sul piano istituzionale: in Italia, le riforme Bassanini e del Titolo V della Costituzione, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, hanno attribuito ai governi locali notevoli competenze in materia di regolazione politica dello sviluppo locale. Più di recente, infine, si è fatta strada la dimensione della qualità dello sviluppo che rimanda, più in generale, al principio dello sviluppo sosteniblie spesso ricondotto in modo riduttivo alla sola dimensione ambientale. La sostenibilità attiene invece, in primo luogo, alla crescente consapevolezza dei necessari cambiamenti nei comportamenti e stili di vita individuali e collettivi che richiedono l’adozione di un approccio integrato alle problematiche eco-sistemiche dello sviluppo. Molte sono quindi le sfide che il concetto di sostenibilità porta alle moderne teorie dello sviluppo e alle idee correlate tanto di “democrazia” come mera procedura formale, quanto di “sviluppo” come mera crescita quantitativa. In questa accezione del termine, quindi, il principio della sostenibilità dello sviluppo non è affatto una semplice “moda” (eco-chic) conciliabile con il modello di crescita capitalistico, ma è piuttosto una rivoluzione a tutto campo, non solo culturale, ma anche del modo di sviluppo e del modo di regolazione. Esso porta con sé, insomma, un vero e proprio cambiamento di paradigma. Parallelamente, anche il “paradigma dell’innovazione” (solo tecnologica) del modello fordista è andato progressivamente declinando, per lasciare il posto alla dimensione delle “creatività” che mette l’accento sulla capacità di interconnessione, reinterpretazione e costruzione di senso attraverso un dato prodotto. In questo scenario possiamo opportunamente parlare di modelli locali di sviluppo al bivio, tra modi diversi di concepire l’innovazione e la sostenibilità a partire da una diversa interpretazione della tradizione, in senso conservativo o in senso evolutivo. Se è vero infatti, come ricorda Florida (2003, p. 3), che «lo sviluppo di una regione non è guidato solo dalle imprese, ma si produce nei luoghi che si segnalano per tolleranza, diversità e apertura nei confronti della creatività», allora mai come in questo momento il contesto italiano, si trova “in bilico”, combattuto tra una chiusura, in difesa di un’identità tradizionale localistica, e un’apertura rivolta alla costruzione di una identità intercultuale aperta a un cambiamento autenticamente creativo. Con tutte le incertezze che l’innovazione creativa porta con sé.Pubblicazioni consigliate
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