Dopo aver illustrato i fatti della causa Lucchini, le conclusioni cui perviene la Corte in esito al quesito pregiudiziale, ed il ragionamento da essa seguito per fondare la sua risposta, l’autore si addentra nell’analisi della sentenza, cercando di illustrarne la portata in relazione ai principi dell’autonomia procedurale degli Stati membri, dell’equivalenza e dell’effettività della tutela giurisdizionale. Nel far questo, egli prende posizione sui rapporti della sentenza Lucchini con la giurisprudenza comunitaria precedente, in cui il gioco di quei principi aveva comunque fatto salvo il limite estremo del giudicato. In primo luogo, l’autore osserva che l’applicazione nel caso di specie dei principi sviluppati nella giurisprudenza precedente avrebbe senz’altro portato alla salvezza del limite del giudicato, cosicchè si dimostra necessario valutare le ragioni che hanno portato la Corte ad un risultato opposto, per comprendere se si tratti di un caso eccezionale, o invece di un revirement giurisprudenziale. L’autore constata allora che una prima spiegazione della sentenza Lucchini - motivata con grande sinteticità e in assenza di riferimenti allo stato della giurisprudenza - potrebbe risiedere nell’inusitata leggerezza con cui le corti italiane avevano, nella fattispecie, trascurato l’esistenza di una decisione della Commissione, giungendo così ad un giudicato con essa contrastante. L’autore suggerisce, tuttavia, che non si tratti di una risposta eccezionale ad una del pari eccezionale situazione di abuso; piuttosto, si tratterebbe di un’affermazione di principio destinata a marcare un settore, quello degli aiuti di Stato, in cui il concorso di interessi statali e privati determina un rischio sistemico di invasione delle competenze dell’Unione – o di frustrazione delle sue azioni - da parte dell’apparato statale. Secondo l’autore, insomma, ciò che più conta nel caso di specie non è tanto l’esistenza di una competenza esclusiva, considerata in astratto, quanto il fatto che quella competenza sia stata esercitata in concreto. In presenza di una decisione che dichiara incompatibili aiuti ad hoc, che gode come tale di effetto diretto e del primato riconosciuto alle norme poste da fonte comunitaria su quelle poste da fonti interne, il sistema di tutela giurisdizionale che va attivato non è più quello interno, ma quello posto dal Trattato a tutela della situazione di chi sia destinatario, anche solo sostanzialmente, di una siffatta decisione. E’ questa la conseguenza della nota sentenza TWD. Il giudice nazionale, pertanto, investito di una controversia di cui sia parte il destinatario sostanziale di una decisione non impugnata in sede comunitaria, e la cui soluzione presuppone l’applicazione di tale decisione, è tenuto senz’altro ad applicarla, anche qualora il destinatario ne invocasse l’invalidità. La ratio della sentenza, ad avviso dell’autore, risiede pertanto essenzialmente nella necessità di preservare, nell’ambito dell’ordinamento comunitario, la coerenza e l’esclusività del sistema dei rimedi previsto dal Trattato, com’esso vive nella giurisprudenza della Corte. Un eventuale giudicato nazionale sul punto dell’ammissibilità di un aiuto di Stato, dunque, rimane senza conseguenze nell’ordinamento dell’Unione, non perché la decisione di un’autorità amministrativa prevalga su quella di un’autorità giurisdizionale, ma poichè si produce in un ambito d’azione sottratto alla competenza dell’ordinamento statale nel suo complesso. Il principio posto dalla sentenza Lucchini, tuttavia, deve rimanere contenuto nell’ambito dei settori di competenza esclusiva dell’Unione, e nel contesto di un suo attuale esercizio da parte delle istituzioni di questa: è solo in tali settori, e in tale contesto, che la situazione di conflitto tra determinazioni dell’ordinamento dell’Unione, e quelle degli ordinamenti nazionali, può riproporsi in termini analoghi a quelli esistenti nel campo degli aiuti di Stato. Al di fuori di tali limiti, rimarranno unicamente utilizzabili gli strumenti risarcitori, secondo l’approccio delle sentenze Köbler e Traghetti del Mediterraneo. L’autore propone poi un’interpretazione evolutiva di istituti interni, quale la revocazione e lo stesso giudicato, suggerendo che la decisione della Commissione, in fattispecie come quella all’origine della sentenza Lucchini, possa forse ritenersi estranea al giudicato, soprattutto in quanto sottratta radicalmente al potere di cognizione del giudice nazionale. Infine, è presa in considerazione la portata, positiva ma solo parziale, dei meccanismi introdotti dall’art. 1 del decreto legge 8 aprile 2008, n. 59, con cui il legislatore dell’urgenza ha introdotto nel nostro ordinamento alcune norme speciali di diritto processuale, con specifico riferimento ai «giudizi civili concernenti gli atti e le procedure volti al recupero di aiuti di Stato in esecuzione di una decisione di recupero adottata dalla Commissione »

L'incidenza del diritto comunitario sulle sentenze nazionali definitive: esclusivita'  del sistema giurisdizionale comunitario e nuovi limiti al principio di autonomia procedurale degli Stati membri: Il caso Lucchini

CORTESE, BERNARDO
2009

Abstract

Dopo aver illustrato i fatti della causa Lucchini, le conclusioni cui perviene la Corte in esito al quesito pregiudiziale, ed il ragionamento da essa seguito per fondare la sua risposta, l’autore si addentra nell’analisi della sentenza, cercando di illustrarne la portata in relazione ai principi dell’autonomia procedurale degli Stati membri, dell’equivalenza e dell’effettività della tutela giurisdizionale. Nel far questo, egli prende posizione sui rapporti della sentenza Lucchini con la giurisprudenza comunitaria precedente, in cui il gioco di quei principi aveva comunque fatto salvo il limite estremo del giudicato. In primo luogo, l’autore osserva che l’applicazione nel caso di specie dei principi sviluppati nella giurisprudenza precedente avrebbe senz’altro portato alla salvezza del limite del giudicato, cosicchè si dimostra necessario valutare le ragioni che hanno portato la Corte ad un risultato opposto, per comprendere se si tratti di un caso eccezionale, o invece di un revirement giurisprudenziale. L’autore constata allora che una prima spiegazione della sentenza Lucchini - motivata con grande sinteticità e in assenza di riferimenti allo stato della giurisprudenza - potrebbe risiedere nell’inusitata leggerezza con cui le corti italiane avevano, nella fattispecie, trascurato l’esistenza di una decisione della Commissione, giungendo così ad un giudicato con essa contrastante. L’autore suggerisce, tuttavia, che non si tratti di una risposta eccezionale ad una del pari eccezionale situazione di abuso; piuttosto, si tratterebbe di un’affermazione di principio destinata a marcare un settore, quello degli aiuti di Stato, in cui il concorso di interessi statali e privati determina un rischio sistemico di invasione delle competenze dell’Unione – o di frustrazione delle sue azioni - da parte dell’apparato statale. Secondo l’autore, insomma, ciò che più conta nel caso di specie non è tanto l’esistenza di una competenza esclusiva, considerata in astratto, quanto il fatto che quella competenza sia stata esercitata in concreto. In presenza di una decisione che dichiara incompatibili aiuti ad hoc, che gode come tale di effetto diretto e del primato riconosciuto alle norme poste da fonte comunitaria su quelle poste da fonti interne, il sistema di tutela giurisdizionale che va attivato non è più quello interno, ma quello posto dal Trattato a tutela della situazione di chi sia destinatario, anche solo sostanzialmente, di una siffatta decisione. E’ questa la conseguenza della nota sentenza TWD. Il giudice nazionale, pertanto, investito di una controversia di cui sia parte il destinatario sostanziale di una decisione non impugnata in sede comunitaria, e la cui soluzione presuppone l’applicazione di tale decisione, è tenuto senz’altro ad applicarla, anche qualora il destinatario ne invocasse l’invalidità. La ratio della sentenza, ad avviso dell’autore, risiede pertanto essenzialmente nella necessità di preservare, nell’ambito dell’ordinamento comunitario, la coerenza e l’esclusività del sistema dei rimedi previsto dal Trattato, com’esso vive nella giurisprudenza della Corte. Un eventuale giudicato nazionale sul punto dell’ammissibilità di un aiuto di Stato, dunque, rimane senza conseguenze nell’ordinamento dell’Unione, non perché la decisione di un’autorità amministrativa prevalga su quella di un’autorità giurisdizionale, ma poichè si produce in un ambito d’azione sottratto alla competenza dell’ordinamento statale nel suo complesso. Il principio posto dalla sentenza Lucchini, tuttavia, deve rimanere contenuto nell’ambito dei settori di competenza esclusiva dell’Unione, e nel contesto di un suo attuale esercizio da parte delle istituzioni di questa: è solo in tali settori, e in tale contesto, che la situazione di conflitto tra determinazioni dell’ordinamento dell’Unione, e quelle degli ordinamenti nazionali, può riproporsi in termini analoghi a quelli esistenti nel campo degli aiuti di Stato. Al di fuori di tali limiti, rimarranno unicamente utilizzabili gli strumenti risarcitori, secondo l’approccio delle sentenze Köbler e Traghetti del Mediterraneo. L’autore propone poi un’interpretazione evolutiva di istituti interni, quale la revocazione e lo stesso giudicato, suggerendo che la decisione della Commissione, in fattispecie come quella all’origine della sentenza Lucchini, possa forse ritenersi estranea al giudicato, soprattutto in quanto sottratta radicalmente al potere di cognizione del giudice nazionale. Infine, è presa in considerazione la portata, positiva ma solo parziale, dei meccanismi introdotti dall’art. 1 del decreto legge 8 aprile 2008, n. 59, con cui il legislatore dell’urgenza ha introdotto nel nostro ordinamento alcune norme speciali di diritto processuale, con specifico riferimento ai «giudizi civili concernenti gli atti e le procedure volti al recupero di aiuti di Stato in esecuzione di una decisione di recupero adottata dalla Commissione »
2009
L'incidenza del Diritto comunitario e della CEDU sugli atti nazionali definitivi.
9788814146732
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