La riduzione più consistente della biodiversità è connessa ai cambiamenti ambientali innescati dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Altrettanto preoccupante è la quantità di spazio che viene sottratta alla natura per fare luogo a nuove coltivazioni, a nuovi sistemi urbani o a infrastrutture, che generano ambienti assolutamente inadatti alla naturale diversità ecologica. L’articolo presenta le esperienze di rete ecologica più significative condotte a scala nazionale e a scala locale e regionale, con riferimento alla regione Veneto. Una Rete ecologica si configura come un tessuto di connessione tra più unità ecosistemiche, naturali o prossimo naturali, che consente loro di svolgere, in maniera sinergica e con maggior efficienza, una funzione ecologica all’interno del territorio in cui sono inserite. In assenza dei collegamenti di rete quasi nessuna di queste unità sarebbe capace di sviluppare una sufficiente funzione di questo tipo. Quali sono le componenti fondamentali di una valida Rete Ecologica? Ne fa l’elenco l'Agenzia per la protezione dell'ambiente che, sulla base delle criteri convenzionali adottati nella Pan European Strategy for Conservation of Landscape and Biodiversity e nella Pan European Ecological Network, definisce la Rete Ecologica come integrazione di più elementi costitutivi. La rete ecologica nazionale si fonda sul sistema di aree protette, che vengono integrate e rese sinergiche attraverso i progetti APE (Appennino Parco d’Europa), CIP (Coste Italiane Protette), ITACA (rete delle isole minori del Mediterraneo) ed altre riferite alle Alpi, alla Pianura Padana ed alle Isole maggiori. La frammentazione del territorio in un mosaico fitto di monocolture agricole, di urbani e solo in minima parte di ecosistemi prossimo-naturali è un fenomeno particolarmente evidente nell’area padano-veneta, dove dell’ancestrale tessuto ecologico restano solo pochi frammenti, perlopiù relegati nei siti più marginali. Tra le reti ecologiche sviluppate a scala regionale e locale va per primo ricordato lo studio coordinato dall'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Veneto (ARPAV), che nella fascia delle risorgive tra Dueville (Vicenza) e Onara (Padova) ha promosso l'applicazione di un modello, tarato su scala nazionale dall'APAT, basato su indicatori di struttura territoriale e di funzionalità ecologica utile all’individuazione della rete ecologica ottimale alla luce di precisi obiettivi. Tra i più significativi progetti di rete ecologica, rientra quella del Comune di Vicenza, in cui, a partire dal tessuto degli habitat prossimo-naturali rilevati e valutati nell’ambito urbano e perturbano della città di Vicenza, si è provveduto ad una valutazione funzionale della rete idonea alla diffusione di due specie guida, moscardino Muscardinus avellarianus, tra i micromammiferi, e il tarabusino. Per certi versi analoga a questa valutazione a scala urbana è la ricerca metodologica sviluppata per l’individuazione della dimensione dell’optimum riferito alla rete potenziale. Teatro della ricerca fu, nel 1998, la parte meridionale della città di Padova e della sua cintura urbana, fin oltre l’abitato di Albignasego. Importante è tuttavia considerare che la biodiversità non è soltanto riferibile alle componenti animali, che certamente hanno più presa emotiva sulla gente, soprattutto se si considerano specie dotate di buona contattabilità, visibilità e di dimensioni, forme e vocalizzazione accattivanti. Tali sono in genere considerati gli uccelli. Ma altrettanto importante è anche la componente vegetale, e soprattutto quella che un tempo componeva il paesaggio dominante della nostra regione, formato non solo dagli alberi di foresta, ma anche dalle tantissime specie nemorali. Significativa, a questo proposito, è stata l'esperienza del comune di Legnago che ha promosso uno studio rivolto all'individuazione delle aree del territorio comunale ove fosse maggiormente opportuna e prioritaria la realizzazione di restoration areas che rispettassero i requisiti previsti dalla L.R. 13/2003 sulla realizzazione dei boschi di pianura. Dapprima sono state individuate le aree a diversa rugosità alla dispersione delle specie guida, in questo caso le piante di zone umide, quindi si valuta l'impermeabilità ovvero il prodotto tra rugosità e distanza dalle probabili fonti di dispersione delle specie guida, quindi, con ottica multifunzionale, si individuano le zone distanti meno di 500 m da manufatti di interesse culturale e didattico, dalla combinazione di aree a minore impermeabilità e minore distanza dai manufatti si individuano le opportunità di intervento. Passando dalla pianificazione alla ricerca nel Veneto si stanno conducendo importanti ricerche, presso l'Università Cà Foscari, sull'individuazione di modelli empirici che permettano di calcolare alcune variabili che possano incidere sul paesaggio.
Diversità ecologica e qualità del territorio: il concetto di rete ecologica e la sua applicazione nel Veneto
VIOLA, FRANCO;SITZIA, TOMMASO
2008
Abstract
La riduzione più consistente della biodiversità è connessa ai cambiamenti ambientali innescati dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Altrettanto preoccupante è la quantità di spazio che viene sottratta alla natura per fare luogo a nuove coltivazioni, a nuovi sistemi urbani o a infrastrutture, che generano ambienti assolutamente inadatti alla naturale diversità ecologica. L’articolo presenta le esperienze di rete ecologica più significative condotte a scala nazionale e a scala locale e regionale, con riferimento alla regione Veneto. Una Rete ecologica si configura come un tessuto di connessione tra più unità ecosistemiche, naturali o prossimo naturali, che consente loro di svolgere, in maniera sinergica e con maggior efficienza, una funzione ecologica all’interno del territorio in cui sono inserite. In assenza dei collegamenti di rete quasi nessuna di queste unità sarebbe capace di sviluppare una sufficiente funzione di questo tipo. Quali sono le componenti fondamentali di una valida Rete Ecologica? Ne fa l’elenco l'Agenzia per la protezione dell'ambiente che, sulla base delle criteri convenzionali adottati nella Pan European Strategy for Conservation of Landscape and Biodiversity e nella Pan European Ecological Network, definisce la Rete Ecologica come integrazione di più elementi costitutivi. La rete ecologica nazionale si fonda sul sistema di aree protette, che vengono integrate e rese sinergiche attraverso i progetti APE (Appennino Parco d’Europa), CIP (Coste Italiane Protette), ITACA (rete delle isole minori del Mediterraneo) ed altre riferite alle Alpi, alla Pianura Padana ed alle Isole maggiori. La frammentazione del territorio in un mosaico fitto di monocolture agricole, di urbani e solo in minima parte di ecosistemi prossimo-naturali è un fenomeno particolarmente evidente nell’area padano-veneta, dove dell’ancestrale tessuto ecologico restano solo pochi frammenti, perlopiù relegati nei siti più marginali. Tra le reti ecologiche sviluppate a scala regionale e locale va per primo ricordato lo studio coordinato dall'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Veneto (ARPAV), che nella fascia delle risorgive tra Dueville (Vicenza) e Onara (Padova) ha promosso l'applicazione di un modello, tarato su scala nazionale dall'APAT, basato su indicatori di struttura territoriale e di funzionalità ecologica utile all’individuazione della rete ecologica ottimale alla luce di precisi obiettivi. Tra i più significativi progetti di rete ecologica, rientra quella del Comune di Vicenza, in cui, a partire dal tessuto degli habitat prossimo-naturali rilevati e valutati nell’ambito urbano e perturbano della città di Vicenza, si è provveduto ad una valutazione funzionale della rete idonea alla diffusione di due specie guida, moscardino Muscardinus avellarianus, tra i micromammiferi, e il tarabusino. Per certi versi analoga a questa valutazione a scala urbana è la ricerca metodologica sviluppata per l’individuazione della dimensione dell’optimum riferito alla rete potenziale. Teatro della ricerca fu, nel 1998, la parte meridionale della città di Padova e della sua cintura urbana, fin oltre l’abitato di Albignasego. Importante è tuttavia considerare che la biodiversità non è soltanto riferibile alle componenti animali, che certamente hanno più presa emotiva sulla gente, soprattutto se si considerano specie dotate di buona contattabilità, visibilità e di dimensioni, forme e vocalizzazione accattivanti. Tali sono in genere considerati gli uccelli. Ma altrettanto importante è anche la componente vegetale, e soprattutto quella che un tempo componeva il paesaggio dominante della nostra regione, formato non solo dagli alberi di foresta, ma anche dalle tantissime specie nemorali. Significativa, a questo proposito, è stata l'esperienza del comune di Legnago che ha promosso uno studio rivolto all'individuazione delle aree del territorio comunale ove fosse maggiormente opportuna e prioritaria la realizzazione di restoration areas che rispettassero i requisiti previsti dalla L.R. 13/2003 sulla realizzazione dei boschi di pianura. Dapprima sono state individuate le aree a diversa rugosità alla dispersione delle specie guida, in questo caso le piante di zone umide, quindi si valuta l'impermeabilità ovvero il prodotto tra rugosità e distanza dalle probabili fonti di dispersione delle specie guida, quindi, con ottica multifunzionale, si individuano le zone distanti meno di 500 m da manufatti di interesse culturale e didattico, dalla combinazione di aree a minore impermeabilità e minore distanza dai manufatti si individuano le opportunità di intervento. Passando dalla pianificazione alla ricerca nel Veneto si stanno conducendo importanti ricerche, presso l'Università Cà Foscari, sull'individuazione di modelli empirici che permettano di calcolare alcune variabili che possano incidere sul paesaggio.Pubblicazioni consigliate
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