Il primo comma dell’art. 1 del r.d. 16 marzo 1942, nel testo novellato dal d.lgs. n. 5/2006 (prima dell’ulteriore intervento “correttivo” del d.lgs. n. 169/2007), esclude dal fallimento e dal concordato preventivo i piccoli imprenditori (nonché gli enti pubblici); mentre il secondo comma definisce “in negativo” la figura del piccolo imprenditore, rapportandola al mancato raggiungimento di almeno uno dei due parametri quantitativi introdotti dalla norma (legati alla media dei ricavi lordi ed al capitale investito). La sentenza in commento offre lo spunto per riflettere su una questione generale di notevole importanza: l’evoluzione della figura del piccolo imprenditore, così come contemplata dall’art. 2083 cod. civ., anche e soprattutto alla luce della neo-riformata legge fallimentare. La piccola impresa è stata lungamente tutelata dal nostro legislatore, attraverso previsioni ad hoc riguardanti il sistema di pubblicità, il regime contabile, la soggezione alle procedure concorsuali. Nel corso del tempo però, la legislazione speciale ha reso necessaria una lettura critica dei criteri qualitativi che l’art. 2083 cod. civ. utilizza per attribuire la qualifica di piccolo imprenditore; la prevalenza del lavoro dell’imprenditore (e dei suoi familiari) sui fattori produttivi lavoro/capitale va intesa in senso sempre più “lato”, riferendosi alla capacità organizzativa dell’imprenditore più che a dati di tipo quantitativo. Il problema delle dimensioni rimane difficilmente risolvibile in termini numerici, di per sé connotati da una certa percentuale di arbitrarietà in quanto soggetti a fenomeni esterni e forse andrebbe risolto in base ad altri criteri: basti pensare che, a partire dal primo gennaio 2008, un’impresa sotto le soglie quantitative di cui all’art. 1 l. fall. ma con un numero di dipendenti ed una rete di filiali e di rapporti giuridici in essere, viene lasciata alla mercé delle singole iniziative individuali, che porranno in essere ogni tentativo volto a soddisfare atomisticamente le proprie ragioni creditorie senza nessuna finalità complessiva di salvaguardia del soggetto imprenditoriale.
Esiste ancora il piccolo imprenditore?
SEGA, DANIELA
2008
Abstract
Il primo comma dell’art. 1 del r.d. 16 marzo 1942, nel testo novellato dal d.lgs. n. 5/2006 (prima dell’ulteriore intervento “correttivo” del d.lgs. n. 169/2007), esclude dal fallimento e dal concordato preventivo i piccoli imprenditori (nonché gli enti pubblici); mentre il secondo comma definisce “in negativo” la figura del piccolo imprenditore, rapportandola al mancato raggiungimento di almeno uno dei due parametri quantitativi introdotti dalla norma (legati alla media dei ricavi lordi ed al capitale investito). La sentenza in commento offre lo spunto per riflettere su una questione generale di notevole importanza: l’evoluzione della figura del piccolo imprenditore, così come contemplata dall’art. 2083 cod. civ., anche e soprattutto alla luce della neo-riformata legge fallimentare. La piccola impresa è stata lungamente tutelata dal nostro legislatore, attraverso previsioni ad hoc riguardanti il sistema di pubblicità, il regime contabile, la soggezione alle procedure concorsuali. Nel corso del tempo però, la legislazione speciale ha reso necessaria una lettura critica dei criteri qualitativi che l’art. 2083 cod. civ. utilizza per attribuire la qualifica di piccolo imprenditore; la prevalenza del lavoro dell’imprenditore (e dei suoi familiari) sui fattori produttivi lavoro/capitale va intesa in senso sempre più “lato”, riferendosi alla capacità organizzativa dell’imprenditore più che a dati di tipo quantitativo. Il problema delle dimensioni rimane difficilmente risolvibile in termini numerici, di per sé connotati da una certa percentuale di arbitrarietà in quanto soggetti a fenomeni esterni e forse andrebbe risolto in base ad altri criteri: basti pensare che, a partire dal primo gennaio 2008, un’impresa sotto le soglie quantitative di cui all’art. 1 l. fall. ma con un numero di dipendenti ed una rete di filiali e di rapporti giuridici in essere, viene lasciata alla mercé delle singole iniziative individuali, che porranno in essere ogni tentativo volto a soddisfare atomisticamente le proprie ragioni creditorie senza nessuna finalità complessiva di salvaguardia del soggetto imprenditoriale.Pubblicazioni consigliate
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