Parte prima di un corposo lavoro pubblicato in due tappe, il saggio concorre all’analitica ricostruzione della complessa vicenda ruotante intorno alla figura della mistica in fama di santità Lina Salvagnini, presentando ora quello che è il capitolo iniziale della sua storia, cominciato con l’introduzione della sua causa presso la Suprema Congregazione del Sant’Ufficio e col decorso che questo avvio di procedimento ebbe in diretta conseguenza del subentrare, all’indomani della rimozione dalla sede padovana del vescovo Luigi Pellizzo, di un semestre di amministrazione apostolica della diocesi (24 marzo-4 ottobre 1923), affidata al vescovo di Treviso Andrea Giacinto Longhin, già distintosi per aver denunciato i sospetti che nutriva verso il collega padovano e i suoi più fidati collaboratori. L’esame della ricchissima documentazione reperita ha permesso di seguire in modo dettagliato l’operato di un amministratore apostolico investito di estesi poteri, che chiese ed ottenne dalla Suprema Congregazione anche il mandato di svolgere le funzioni di inquirente delegato per conto del Sant’Ufficio. Agendo sul doppio binario di vescovo amministratore e di inquisitore delegato, il Longhin perseguì e attuò, in sinergico accordo con gli oppositori del Pellizzo, quella che può essere definita una dura resa dei conti ai danni del vescovo destituito e dei suoi fiduciari, primo fra tutti il canonico Guido Bellincini ex vicario generale, grande sostenitore della Salvagnini e del gruppo intorno a lei gravitante, guidato dal carismatico sacerdote Giuseppe Paccagnella, promotore anche di un’opera assistenziale per l’infanzia abbandonata accanitamente avversata dai detrattori del passato regime pellizziano. Fra azione duramente repressiva condotta contro quest’opera e i suoi artefici, da un lato, e costruzione, dall’altro, di un teorema accusatorio contro Lina Salvagnini e don Paccagnella, il vescovo Longhin prefigurò la risoluzione del caso prima che la causa fosse esaminata e deliberata dai cardinali del Sant’Ufficio, venendo in sostanza a predeterminarne l’esito. Uno degli apporti più interessanti emergente da questo studio risiede nel fatto che offre elementi per cominciare ad affrontare il tema, finora non esplorato dalla storiografia, delle modalità di funzionamento della giustizia ecclesiastica nel moderno quadro giuridico sancito dal codice di diritto canonico del 1917, tema che complessivamente investe il concreto configurarsi dell’esercizio del potere entro la Chiesa cattolica.

Amministratore apostolico e inquisitore: il ruolo del vescovo A.G. Longhin nella causa di Lina Salvagnini (1923). Parte prima

BILLANOVICH, LILIANA
2008

Abstract

Parte prima di un corposo lavoro pubblicato in due tappe, il saggio concorre all’analitica ricostruzione della complessa vicenda ruotante intorno alla figura della mistica in fama di santità Lina Salvagnini, presentando ora quello che è il capitolo iniziale della sua storia, cominciato con l’introduzione della sua causa presso la Suprema Congregazione del Sant’Ufficio e col decorso che questo avvio di procedimento ebbe in diretta conseguenza del subentrare, all’indomani della rimozione dalla sede padovana del vescovo Luigi Pellizzo, di un semestre di amministrazione apostolica della diocesi (24 marzo-4 ottobre 1923), affidata al vescovo di Treviso Andrea Giacinto Longhin, già distintosi per aver denunciato i sospetti che nutriva verso il collega padovano e i suoi più fidati collaboratori. L’esame della ricchissima documentazione reperita ha permesso di seguire in modo dettagliato l’operato di un amministratore apostolico investito di estesi poteri, che chiese ed ottenne dalla Suprema Congregazione anche il mandato di svolgere le funzioni di inquirente delegato per conto del Sant’Ufficio. Agendo sul doppio binario di vescovo amministratore e di inquisitore delegato, il Longhin perseguì e attuò, in sinergico accordo con gli oppositori del Pellizzo, quella che può essere definita una dura resa dei conti ai danni del vescovo destituito e dei suoi fiduciari, primo fra tutti il canonico Guido Bellincini ex vicario generale, grande sostenitore della Salvagnini e del gruppo intorno a lei gravitante, guidato dal carismatico sacerdote Giuseppe Paccagnella, promotore anche di un’opera assistenziale per l’infanzia abbandonata accanitamente avversata dai detrattori del passato regime pellizziano. Fra azione duramente repressiva condotta contro quest’opera e i suoi artefici, da un lato, e costruzione, dall’altro, di un teorema accusatorio contro Lina Salvagnini e don Paccagnella, il vescovo Longhin prefigurò la risoluzione del caso prima che la causa fosse esaminata e deliberata dai cardinali del Sant’Ufficio, venendo in sostanza a predeterminarne l’esito. Uno degli apporti più interessanti emergente da questo studio risiede nel fatto che offre elementi per cominciare ad affrontare il tema, finora non esplorato dalla storiografia, delle modalità di funzionamento della giustizia ecclesiastica nel moderno quadro giuridico sancito dal codice di diritto canonico del 1917, tema che complessivamente investe il concreto configurarsi dell’esercizio del potere entro la Chiesa cattolica.
2008
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