La monografia ricostruisce nei loro tratti essenziali gli istituti in cui trovano oggi attuazione nel nostro ordinamento i principi costituzionali sulla gestione delle risorse pubbliche o ad essa connessi in relazione all'autonomia riconosciuta a Regioni ed enti territoriali minori. Nelle riflessioni svolte si è voluto mettere in evidenza i presupposti culturali e le ragioni giuridiche da cui muove tanto il legislatore statale quanto la Corte costituzionale nella disciplina di bilancio, nei controlli e nell'attuazione dell'autonomia finanziaria. Le questioni affrontate si inseriscono naturalmente nell'ambito degli effetti dello Stato sociale di diritto sul problema finanziario, effetti che sono molteplici in quanto attengono alla dinamica dei rapporti tra riconoscimento e realizzazione dei diritti dei cittadini da parte dello Stato, reperimento delle risorse attraverso il prelievo tributario e sistema delle garanzie per l'effettiva destinazione delle risorse alla realizzazione dei diritti. Le disposizioni della Costituzione sull'autonomia finanziaria sia di entrata che di spesa rischiano – per ragioni che solo superficialmente possono apparire contingenti e transitorie, quali le difficili condizioni di bilancio incompatibili con il rispetto dei vincoli europei, ma che in realtà sono frutto di scelte di fondo, segate al mantenimento dei diritti sociali, al rapporto tra il Nord ed il Sud del Paese e ad altre ragioni attinenti alla nostra forma di Stato – di essere oggetto di una lettura necessariamente conservatrice e di interventi normativi che si trasformano in “riforme manifesto”, con proclamazioni costituzionali che non verranno realisticamente realizzate. Il che, a tacer d'altro, potrebbe far precipitare il testo della Carta fondamentale in una crisi grave quanto quella che affligge la legge ordinaria. In particolare, si perde così procedendo quel necessario parallelismo – che trova riscontro nella stessa giurisprudenza della Corte costituzionale – fra responsabilità di disciplina e di controllo e responsabilità finanziaria che interpretano lo spirito del requisito di efficienza e quindi quello dell'equilibrio finanziario di cui agli artt. 97 e 81 Cost. Si imporrebbe nell'immediato quantomeno la piena attuazione dell'art. 5 della nostra Costituzione, là dove afferma che la Repubblica “adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”, e il sostanziale rispetto del principio di leale collaborazione. Il che dovrebbe condurre, attraverso gli strumenti già presenti nel diritto positivo italiano o che potranno essere introdotti senza la necessità di alcuna modifica del testo costituzionale, al coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali in tutti i processi decisionali che incidono sulla loro autonomia finanziaria, facendone emergere, dunque, un reale potere di decisione a cui può effettivamente far seguito l'attribuzione di responsabilità. Ad una tale prospettiva si potrebbe imputare il grave difetto di rallentare le procedure legislative e i tempi di decisione di un ambito di materia così necessariamente fluido e bisognoso di continue modifiche e aggiustamenti di rotta. È chiaro però che la prospettiva di un unitario indirizzo politico-economico, che vuole tradursi in precise e minute scelte finanziarie, affidato unicamente al raccordo Governo-Parlamento (dove in realtà il primo svolge un ruolo certo preminente rispetto al secondo) è incompatibile con il riconoscimento dell'autonomia regionale e degli enti territoriali minori così come prevista dalla nostra Carta costituzionale.
Autonomia, efficienza, responsabilità
PAGLIARIN, CAROLA
2007
Abstract
La monografia ricostruisce nei loro tratti essenziali gli istituti in cui trovano oggi attuazione nel nostro ordinamento i principi costituzionali sulla gestione delle risorse pubbliche o ad essa connessi in relazione all'autonomia riconosciuta a Regioni ed enti territoriali minori. Nelle riflessioni svolte si è voluto mettere in evidenza i presupposti culturali e le ragioni giuridiche da cui muove tanto il legislatore statale quanto la Corte costituzionale nella disciplina di bilancio, nei controlli e nell'attuazione dell'autonomia finanziaria. Le questioni affrontate si inseriscono naturalmente nell'ambito degli effetti dello Stato sociale di diritto sul problema finanziario, effetti che sono molteplici in quanto attengono alla dinamica dei rapporti tra riconoscimento e realizzazione dei diritti dei cittadini da parte dello Stato, reperimento delle risorse attraverso il prelievo tributario e sistema delle garanzie per l'effettiva destinazione delle risorse alla realizzazione dei diritti. Le disposizioni della Costituzione sull'autonomia finanziaria sia di entrata che di spesa rischiano – per ragioni che solo superficialmente possono apparire contingenti e transitorie, quali le difficili condizioni di bilancio incompatibili con il rispetto dei vincoli europei, ma che in realtà sono frutto di scelte di fondo, segate al mantenimento dei diritti sociali, al rapporto tra il Nord ed il Sud del Paese e ad altre ragioni attinenti alla nostra forma di Stato – di essere oggetto di una lettura necessariamente conservatrice e di interventi normativi che si trasformano in “riforme manifesto”, con proclamazioni costituzionali che non verranno realisticamente realizzate. Il che, a tacer d'altro, potrebbe far precipitare il testo della Carta fondamentale in una crisi grave quanto quella che affligge la legge ordinaria. In particolare, si perde così procedendo quel necessario parallelismo – che trova riscontro nella stessa giurisprudenza della Corte costituzionale – fra responsabilità di disciplina e di controllo e responsabilità finanziaria che interpretano lo spirito del requisito di efficienza e quindi quello dell'equilibrio finanziario di cui agli artt. 97 e 81 Cost. Si imporrebbe nell'immediato quantomeno la piena attuazione dell'art. 5 della nostra Costituzione, là dove afferma che la Repubblica “adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”, e il sostanziale rispetto del principio di leale collaborazione. Il che dovrebbe condurre, attraverso gli strumenti già presenti nel diritto positivo italiano o che potranno essere introdotti senza la necessità di alcuna modifica del testo costituzionale, al coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali in tutti i processi decisionali che incidono sulla loro autonomia finanziaria, facendone emergere, dunque, un reale potere di decisione a cui può effettivamente far seguito l'attribuzione di responsabilità. Ad una tale prospettiva si potrebbe imputare il grave difetto di rallentare le procedure legislative e i tempi di decisione di un ambito di materia così necessariamente fluido e bisognoso di continue modifiche e aggiustamenti di rotta. È chiaro però che la prospettiva di un unitario indirizzo politico-economico, che vuole tradursi in precise e minute scelte finanziarie, affidato unicamente al raccordo Governo-Parlamento (dove in realtà il primo svolge un ruolo certo preminente rispetto al secondo) è incompatibile con il riconoscimento dell'autonomia regionale e degli enti territoriali minori così come prevista dalla nostra Carta costituzionale.Pubblicazioni consigliate
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