Si tratta della relazione tenuta al Seminario di studio “Discriminazione razziale, xenofobia, odio religioso. Diritti fondamentali e tutela penale”, svoltosi presso l’Università degli Studi di Padova il 24 marzo 2006. La protezione dei diritti fondamentali è obiettivo delle Costituzioni nazionali, della Convenzione europea per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, della Costituzione europea, di numerosi atti normativi internazionali. Contro i diritti fondamentali si erge una varietà di motivi di discriminazione di origini diverse, tra i quali la razza, l’origine etnica, la religione. Le discriminazioni sono inoltre un ostacolo alla coesione economica e sociale. È perciò necessaria un’adeguata tutela anche (ma non solo) giuridica, sia preventiva che repressiva, ma sempre rispettosa dei canoni di cultura e civiltà che fondano gli stessi diritti fondamentali e che costituiscono limiti invalicabili nell’impiego degli strumenti giuridici. Il diritto penale, occupandosi dell’uomo concreto nella sua irripetibile individualità, reca con sé, oltre che un’imprescindibile esigenza di uguaglianza formale tra gli individui, anche un’innegabile necessità di uguaglianza sostanziale, così che situazioni diverse vengano trattate in modo diverso. Ciò pone delicati problemi in un’epoca, quale quella attuale, di cd. scontro di culture, ove ci si dibatte in diritto, anche penale, tra un’esigenza di uniformazione-globalizzazione ed una contraria esigenza di differenziazione-multiculturalismo. È in questo panorama – nel quale la sempre più intensa commistione di componenti culturali radicalmente diverse rende sempre più evidente come vi siano plurali concezioni della stessa dignità umana – che la dottrina penale ha iniziato a qualificare come reati cd. culturali o culturalmente orientati quei crimini cui l’agente sarebbe indotto e favorito dal fattore culturale proprio della minoranza cui appartiene. A questa categoria si ricollega una distinzione secondo che la minoranza sia “indigena” o no. Laddove esistono minoranze indigene stabilmente radicate nel tessuto sociale, la tendenza è quella alla differenziazione ed all’adattamento dello strumento penale alla diversa realtà culturale di minoranza, con l’introduzione delle cd. difese culturali. Laddove, invece, si tratti di recenti fenomeni migratori si afferma all’opposto un rifiuto di assegnare rilevanza penale al fattore culturale, con la conseguente imposizione di regole uguali per tutti ed ispirate alla cultura dominante in base al principio dell’uguaglianza assimilatrice. In Italia si registra nel complesso, con riguardo all’ambito penalistico, una netta indifferenza rispetto al fattore culturale per ciò che concerne le minoranze immigrate. Si segnalano comunque talune novità normative (in tema di mutilazione genitale femminile, di reati di opinione, di delitti contro le confessioni religiose) che paiono tuttavia avere una funzione soprattutto simbolico – promozionale e che pongono gravi problemi di compatibilità con i cardini essenziali del diritto penale che esprimono esigenze di garanzia di diritti fondamentali.
Diritto penale e reato culturale, tra globalizzazione e multiculturalismo. Recenti novità legislative in tema di opinione, religione, discriminazione razziale, mutilazione genitale femminile, personalità dello Stato.
RIONDATO, SILVIO
2006
Abstract
Si tratta della relazione tenuta al Seminario di studio “Discriminazione razziale, xenofobia, odio religioso. Diritti fondamentali e tutela penale”, svoltosi presso l’Università degli Studi di Padova il 24 marzo 2006. La protezione dei diritti fondamentali è obiettivo delle Costituzioni nazionali, della Convenzione europea per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, della Costituzione europea, di numerosi atti normativi internazionali. Contro i diritti fondamentali si erge una varietà di motivi di discriminazione di origini diverse, tra i quali la razza, l’origine etnica, la religione. Le discriminazioni sono inoltre un ostacolo alla coesione economica e sociale. È perciò necessaria un’adeguata tutela anche (ma non solo) giuridica, sia preventiva che repressiva, ma sempre rispettosa dei canoni di cultura e civiltà che fondano gli stessi diritti fondamentali e che costituiscono limiti invalicabili nell’impiego degli strumenti giuridici. Il diritto penale, occupandosi dell’uomo concreto nella sua irripetibile individualità, reca con sé, oltre che un’imprescindibile esigenza di uguaglianza formale tra gli individui, anche un’innegabile necessità di uguaglianza sostanziale, così che situazioni diverse vengano trattate in modo diverso. Ciò pone delicati problemi in un’epoca, quale quella attuale, di cd. scontro di culture, ove ci si dibatte in diritto, anche penale, tra un’esigenza di uniformazione-globalizzazione ed una contraria esigenza di differenziazione-multiculturalismo. È in questo panorama – nel quale la sempre più intensa commistione di componenti culturali radicalmente diverse rende sempre più evidente come vi siano plurali concezioni della stessa dignità umana – che la dottrina penale ha iniziato a qualificare come reati cd. culturali o culturalmente orientati quei crimini cui l’agente sarebbe indotto e favorito dal fattore culturale proprio della minoranza cui appartiene. A questa categoria si ricollega una distinzione secondo che la minoranza sia “indigena” o no. Laddove esistono minoranze indigene stabilmente radicate nel tessuto sociale, la tendenza è quella alla differenziazione ed all’adattamento dello strumento penale alla diversa realtà culturale di minoranza, con l’introduzione delle cd. difese culturali. Laddove, invece, si tratti di recenti fenomeni migratori si afferma all’opposto un rifiuto di assegnare rilevanza penale al fattore culturale, con la conseguente imposizione di regole uguali per tutti ed ispirate alla cultura dominante in base al principio dell’uguaglianza assimilatrice. In Italia si registra nel complesso, con riguardo all’ambito penalistico, una netta indifferenza rispetto al fattore culturale per ciò che concerne le minoranze immigrate. Si segnalano comunque talune novità normative (in tema di mutilazione genitale femminile, di reati di opinione, di delitti contro le confessioni religiose) che paiono tuttavia avere una funzione soprattutto simbolico – promozionale e che pongono gravi problemi di compatibilità con i cardini essenziali del diritto penale che esprimono esigenze di garanzia di diritti fondamentali.Pubblicazioni consigliate
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