Testo ibrido, sfuggente, dallo statuto letterario incerto, situato all'incrocio di diversi generi, il libro che i compagni di prigionia Marco Polo e Rustichello da Pisa composero a Genova nel 1298 fondeva insieme moduli espositivi propri alle scritture odeporiche e notizie da manuale mercantile, rivestendoli di stilemi da roman cortese e disponendoli entro un impianto saldamente strutturato di tipo trattatistico. Scritta in un francese intriso di italianismi morfologici e lessicali, quest'opera bi-autoriale, frutto della collaborazione di un viaggiatore-narrante e di un redattore-letterato, conobbe subito un notevole successo: fu ricercata, letta, copiata, tagliata, riassunta, rimaneggiata, tradotta in varie lingue. Nel tumultuoso processo di trasmissione e propagazione, l'idiografo andò perduto e, con la degradazione della lezione e l'impoverimento contenutistico, aumentò sempre più la distanza dalla stesura primitiva. L'immagine del Milione (questo il titolo corrente presso il pubblico italiano, ma la dicitura originaria è, con tutta probabilità, Divisament dou monde, cioè 'descrizione del mondo') si frammentò in molteplici riflessi, dando origine a numerose, autonome redazioni, tra cui si segnala, per la sua considerevole importanza nella storia della diffusione del libro poliano, la versione veneta VA, che qui si pubblica in edizione critica, corredata di studio linguistico e glossario, seguendo la lezione dell'unico rappresentante della famiglia pervenutoci integro, VA3 (il ms. CM 211 della Biblioteca Civica di Padova, trascritto nel 1445 da Nicolò Vitturi, di nobile famiglia veneziana), ma tenendo conto, in apparato e nelle note al testo, anche degli altri testimoni. VA, la cui attestazione più antica (un frammento membranaceo conservato alla Biblioteca Casanatense di Roma), risale ai primi decenni del Trecento, è di gran lunga il più rilevante tra i testi veneti del Milione per le proporzioni e la durata delle sue risonanze. Basti ricordare che da VA procedono la famosa traduzione latina del domenicano Francesco Pipino da Bologna, che godette di grande fortuna durante il Medioevo tra i chierici e i dotti di tutta Europa, e il più antico «Marco Polo» in castigliano, stampato nel 1503 a Siviglia, sede della Casa de la Contratación de las Indias, testimonianza dell'interesse che la relazione di viaggio del Veneziano suscitava tra i geografi e i navigatori impegnati nell'esplorazione del Nuovo Mondo.
Marco Polo, Il "Milione" veneto. Ms. CM 211 della Biblioteca Civica di Padova
BARBIERI, ALVARO;
1999
Abstract
Testo ibrido, sfuggente, dallo statuto letterario incerto, situato all'incrocio di diversi generi, il libro che i compagni di prigionia Marco Polo e Rustichello da Pisa composero a Genova nel 1298 fondeva insieme moduli espositivi propri alle scritture odeporiche e notizie da manuale mercantile, rivestendoli di stilemi da roman cortese e disponendoli entro un impianto saldamente strutturato di tipo trattatistico. Scritta in un francese intriso di italianismi morfologici e lessicali, quest'opera bi-autoriale, frutto della collaborazione di un viaggiatore-narrante e di un redattore-letterato, conobbe subito un notevole successo: fu ricercata, letta, copiata, tagliata, riassunta, rimaneggiata, tradotta in varie lingue. Nel tumultuoso processo di trasmissione e propagazione, l'idiografo andò perduto e, con la degradazione della lezione e l'impoverimento contenutistico, aumentò sempre più la distanza dalla stesura primitiva. L'immagine del Milione (questo il titolo corrente presso il pubblico italiano, ma la dicitura originaria è, con tutta probabilità, Divisament dou monde, cioè 'descrizione del mondo') si frammentò in molteplici riflessi, dando origine a numerose, autonome redazioni, tra cui si segnala, per la sua considerevole importanza nella storia della diffusione del libro poliano, la versione veneta VA, che qui si pubblica in edizione critica, corredata di studio linguistico e glossario, seguendo la lezione dell'unico rappresentante della famiglia pervenutoci integro, VA3 (il ms. CM 211 della Biblioteca Civica di Padova, trascritto nel 1445 da Nicolò Vitturi, di nobile famiglia veneziana), ma tenendo conto, in apparato e nelle note al testo, anche degli altri testimoni. VA, la cui attestazione più antica (un frammento membranaceo conservato alla Biblioteca Casanatense di Roma), risale ai primi decenni del Trecento, è di gran lunga il più rilevante tra i testi veneti del Milione per le proporzioni e la durata delle sue risonanze. Basti ricordare che da VA procedono la famosa traduzione latina del domenicano Francesco Pipino da Bologna, che godette di grande fortuna durante il Medioevo tra i chierici e i dotti di tutta Europa, e il più antico «Marco Polo» in castigliano, stampato nel 1503 a Siviglia, sede della Casa de la Contratación de las Indias, testimonianza dell'interesse che la relazione di viaggio del Veneziano suscitava tra i geografi e i navigatori impegnati nell'esplorazione del Nuovo Mondo.Pubblicazioni consigliate
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