Si tratta dell’aggiornamento del contributo elaborato per la prima edizione dell’opera (2007). Il contributo affronta il tema della distinzione tra delitto e contravvenzione e tra reato e illecito punitivo – amministrativo, accompagnando all’inquadramento teorico la disamina critica delle soluzioni accolte dalla giurisprudenza. Viene anzitutto esaminata la bipartizione codicistica dei reati in delitti e contravvenzioni, che si fonda su un criterio distintivo formale-nominale imperniato sulla diversa specie delle pene per essi stabilite, e si indaga circa la possibilità e l’utilità, anche in prospettiva de iure condendo, di individuare un criterio discretivo di natura sostanziale tra le due categorie; vengono inoltre poste in evidenza le diversità di disciplina che conseguono al carattere delittuoso o contravvenzionale del reato, nonché le peculiarità che connotano la figura speciale del reato militare. Il contributo si sofferma poi diffusamente sulla nozione e sulla natura dell’illecito punitivo – amministrativo (sia esso previsto come tale ab origine o a seguito di depenalizzazione), e sul criterio atto a distinguerlo dall’illecito penale. Viene affrontata, e risolta in senso affermativo, la fondamentale questione concernente l’applicabilità dei principi penali generali anche all’ambito punitivo - amministrativo, quando si tratti di misure che, a prescindere dalla classificazione giuridica operata dal legislatore, abbiano natura intrinsecamente afflittivo-sanzionatoria, e vengono richiamate in proposito le sentenze rese in tema di confisca dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte costituzionale. Vengono poi esaminati i principali aspetti problematici relativi, tra l’altro, alla struttura dell’illecito punitivo – amministrativo, alla configurabilità del tentativo, alle regole in tema di concorso, alla tipologia delle sanzioni, all’istituto della reiterazione, alla figura speciale dell’illecito amministrativo tributario. Per quanto riguarda l’illecito dell’ente giuridico, viene sottoposto a disamina il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che configura la responsabilità dell’ente qualora un soggetto in posizione apicale commetta, nell’interesse o a vantaggio dell’ente, uno dei “reati - presupposto” tassativamente elencati, il cui novero peraltro è stato, con successivi interventi legislativi, dilatato a tal punto, e con l'inserimento di fattispecie così eterogenee tra loro, da modificare il ruolo e la portata complessiva del decreto 231/2001. In particolare vengono affrontate la discussa questione relativa alla natura (penale o amministrativa) della responsabilità amministrativa da reato dell’ente, il problema relativo all’individuazione degli enti destinatari del D.lgs. n. 231 del 2001, nonché le delicate problematiche sottese all’accertamento della dimensione subiettiva dell’illecito in capo all’ente, e, dunque, della c.d. colpa di organizzazione, che si atteggia a responsabilità lato sensu colposa che postula l’esistenza, in capo all’ente, di precisi doveri di prevenzione, il cui adempimento è correlato all’adozione di efficaci modelli organizzativi. Viene inoltre preso in esame il d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61 recante “la disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali”, che ha introdotto nel d.lgs. 231/2001 l’art. 25 ter, sollevando non pochi problemi di coordinamento con la disciplina novellata. Il contributo si chiude con un raffronto tra la responsabilità diretta dell’ente prevista dal d.lgs. 231/2001 e quella indiretta introdotta dal 3° co. dell’art. 6 l. 689/1981, che si connota come responsabilità oggettiva.
Il reato. Delitto, contravvenzione, illecito amministrativo, illecito depenalizzato, illecito dell'ente giuridico
RIONDATO, SILVIO
2011
Abstract
Si tratta dell’aggiornamento del contributo elaborato per la prima edizione dell’opera (2007). Il contributo affronta il tema della distinzione tra delitto e contravvenzione e tra reato e illecito punitivo – amministrativo, accompagnando all’inquadramento teorico la disamina critica delle soluzioni accolte dalla giurisprudenza. Viene anzitutto esaminata la bipartizione codicistica dei reati in delitti e contravvenzioni, che si fonda su un criterio distintivo formale-nominale imperniato sulla diversa specie delle pene per essi stabilite, e si indaga circa la possibilità e l’utilità, anche in prospettiva de iure condendo, di individuare un criterio discretivo di natura sostanziale tra le due categorie; vengono inoltre poste in evidenza le diversità di disciplina che conseguono al carattere delittuoso o contravvenzionale del reato, nonché le peculiarità che connotano la figura speciale del reato militare. Il contributo si sofferma poi diffusamente sulla nozione e sulla natura dell’illecito punitivo – amministrativo (sia esso previsto come tale ab origine o a seguito di depenalizzazione), e sul criterio atto a distinguerlo dall’illecito penale. Viene affrontata, e risolta in senso affermativo, la fondamentale questione concernente l’applicabilità dei principi penali generali anche all’ambito punitivo - amministrativo, quando si tratti di misure che, a prescindere dalla classificazione giuridica operata dal legislatore, abbiano natura intrinsecamente afflittivo-sanzionatoria, e vengono richiamate in proposito le sentenze rese in tema di confisca dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte costituzionale. Vengono poi esaminati i principali aspetti problematici relativi, tra l’altro, alla struttura dell’illecito punitivo – amministrativo, alla configurabilità del tentativo, alle regole in tema di concorso, alla tipologia delle sanzioni, all’istituto della reiterazione, alla figura speciale dell’illecito amministrativo tributario. Per quanto riguarda l’illecito dell’ente giuridico, viene sottoposto a disamina il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che configura la responsabilità dell’ente qualora un soggetto in posizione apicale commetta, nell’interesse o a vantaggio dell’ente, uno dei “reati - presupposto” tassativamente elencati, il cui novero peraltro è stato, con successivi interventi legislativi, dilatato a tal punto, e con l'inserimento di fattispecie così eterogenee tra loro, da modificare il ruolo e la portata complessiva del decreto 231/2001. In particolare vengono affrontate la discussa questione relativa alla natura (penale o amministrativa) della responsabilità amministrativa da reato dell’ente, il problema relativo all’individuazione degli enti destinatari del D.lgs. n. 231 del 2001, nonché le delicate problematiche sottese all’accertamento della dimensione subiettiva dell’illecito in capo all’ente, e, dunque, della c.d. colpa di organizzazione, che si atteggia a responsabilità lato sensu colposa che postula l’esistenza, in capo all’ente, di precisi doveri di prevenzione, il cui adempimento è correlato all’adozione di efficaci modelli organizzativi. Viene inoltre preso in esame il d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61 recante “la disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali”, che ha introdotto nel d.lgs. 231/2001 l’art. 25 ter, sollevando non pochi problemi di coordinamento con la disciplina novellata. Il contributo si chiude con un raffronto tra la responsabilità diretta dell’ente prevista dal d.lgs. 231/2001 e quella indiretta introdotta dal 3° co. dell’art. 6 l. 689/1981, che si connota come responsabilità oggettiva.Pubblicazioni consigliate
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