La generazione dei numeri ideali secondo Platone è descritta da Aristotele in Metaph. A 6, 987 b 18-988 a 1, dove si afferma che Platone introdusse la Diade come ulteriore principio accanto all’Uno per spiegare la generazione dei numeri, ad eccezione dei primi, e che la sua funzione sarebbe paragonabile a quella di una matrice. Questo passo va integrato con un ampio estratto del Perì tagathou, opera perduta nella quale Aristotele avrebbe esposto l’insegnamento orale di Platone sul bene, conservatoci da Alessandro di Afrodisia nel suo commento alla Metafisica di Aristotele. Il commentatore riporta due argomenti atti a mostrare che i numeri sono principi di tutti gli enti. Il primo argomento, comune a Platone e ai Platonici, si basava sull’assunto per cui ciò che è semplice è primo rispetto a ciò che è composto. Il secondo argomento era quello per cui, se ciò che possiede l’unità formale è primo rispetto a ciò che dipende da esso, e se nulla è anteriore al numero, le Idee sono numeri. I principi del numero sono dunque principi delle Idee e principio di tutto è l’Uno. Alessandro riporta di seguito anche un terzo argomento con cui Platone avrebbe mostrato che principi del numero sono l’Uno e la Diade indefinita. Tale argomento è basato sulla successione numerica: poiché i numeri comprendono l’Uno e ciò che viene dopo l’Uno, che può essere molti o pochi, Platone ammise come principio dei molti e dei pochi la prima cosa che viene dopo l’Uno, cioè la Diade. Riguardo alla natura di quest’ultima Alessandro riporta che nel numero due sono contenuti il doppio e il mezzo, ossia due grandezze, le quali sono la prima doppio della seconda e la seconda metà della prima. Perché queste due grandezze possano dare origine al numero due, occorre che la prima sia eccedente e che la seconda sia ecceduta. È pertanto necessario un principio che fornisca i due termini, cioè il grande e il piccolo, l’eccedente e l’ecceduto, e tale principio è la Diade. Alessandro, rifacendosi ancora al Peri tagathou, spiega la generazione dei numeri paragonando la Diade indefinita ad una matrice e ad uno stampo: come questi rendono simili a sé le cose poste in essi, così la Diade genera i numeri che vengono dopo duplicando, e dunque dividendo, tutto ciò a cui è applicata. Questo processo, prosegue Alessandro, non vale tuttavia per i numeri primi, cioè per i numeri dispari, perché questi si generano in modo diverso, ossia per l’aggiunta a ciascuno dei numeri pari di un’unità ideale, che non è però l’Uno inteso come principio, dato che esso è principio formale e non materiale. La generazione dei numeri risulta pertanto una combinazione dei due metodi di divisione e di addizione. All’esposizione di Alessandro va riconosciuto a mio avviso un ruolo fondamentale nella riscostruzione della dottrina della generazione platonica dei numeri. Benché la testimonianza alessandrina ponga notevoli problemi interpretativi, a cominciare dalla coerenza della stessa dottrina esposta nel Peri tagathou, alla luce dei suoi rapporti col Timeo, ritengo che si debba dare giusta rilevanza al fatto che l’esegesi di Alessandro deriva dalla lettura diretta del Peri tagathou, in assenza di ragioni che inducano a dubitare della fedeltà di Alessandro come commentatore. Ritengo inoltre più probabile che i problemi impliciti nella generazione platonica dei numeri ideali fossero interni alla stessa dottrina piuttosto che derivanti da un fraintendimento di essa da parte di Aristotele o di Alessandro.
La generazione platonica dei numeri secondo Aristotele (Metaph. A 6, 987 b 18 - 988 a 1)
SALIS, RITA MARIA GAVINA
2008
Abstract
La generazione dei numeri ideali secondo Platone è descritta da Aristotele in Metaph. A 6, 987 b 18-988 a 1, dove si afferma che Platone introdusse la Diade come ulteriore principio accanto all’Uno per spiegare la generazione dei numeri, ad eccezione dei primi, e che la sua funzione sarebbe paragonabile a quella di una matrice. Questo passo va integrato con un ampio estratto del Perì tagathou, opera perduta nella quale Aristotele avrebbe esposto l’insegnamento orale di Platone sul bene, conservatoci da Alessandro di Afrodisia nel suo commento alla Metafisica di Aristotele. Il commentatore riporta due argomenti atti a mostrare che i numeri sono principi di tutti gli enti. Il primo argomento, comune a Platone e ai Platonici, si basava sull’assunto per cui ciò che è semplice è primo rispetto a ciò che è composto. Il secondo argomento era quello per cui, se ciò che possiede l’unità formale è primo rispetto a ciò che dipende da esso, e se nulla è anteriore al numero, le Idee sono numeri. I principi del numero sono dunque principi delle Idee e principio di tutto è l’Uno. Alessandro riporta di seguito anche un terzo argomento con cui Platone avrebbe mostrato che principi del numero sono l’Uno e la Diade indefinita. Tale argomento è basato sulla successione numerica: poiché i numeri comprendono l’Uno e ciò che viene dopo l’Uno, che può essere molti o pochi, Platone ammise come principio dei molti e dei pochi la prima cosa che viene dopo l’Uno, cioè la Diade. Riguardo alla natura di quest’ultima Alessandro riporta che nel numero due sono contenuti il doppio e il mezzo, ossia due grandezze, le quali sono la prima doppio della seconda e la seconda metà della prima. Perché queste due grandezze possano dare origine al numero due, occorre che la prima sia eccedente e che la seconda sia ecceduta. È pertanto necessario un principio che fornisca i due termini, cioè il grande e il piccolo, l’eccedente e l’ecceduto, e tale principio è la Diade. Alessandro, rifacendosi ancora al Peri tagathou, spiega la generazione dei numeri paragonando la Diade indefinita ad una matrice e ad uno stampo: come questi rendono simili a sé le cose poste in essi, così la Diade genera i numeri che vengono dopo duplicando, e dunque dividendo, tutto ciò a cui è applicata. Questo processo, prosegue Alessandro, non vale tuttavia per i numeri primi, cioè per i numeri dispari, perché questi si generano in modo diverso, ossia per l’aggiunta a ciascuno dei numeri pari di un’unità ideale, che non è però l’Uno inteso come principio, dato che esso è principio formale e non materiale. La generazione dei numeri risulta pertanto una combinazione dei due metodi di divisione e di addizione. All’esposizione di Alessandro va riconosciuto a mio avviso un ruolo fondamentale nella riscostruzione della dottrina della generazione platonica dei numeri. Benché la testimonianza alessandrina ponga notevoli problemi interpretativi, a cominciare dalla coerenza della stessa dottrina esposta nel Peri tagathou, alla luce dei suoi rapporti col Timeo, ritengo che si debba dare giusta rilevanza al fatto che l’esegesi di Alessandro deriva dalla lettura diretta del Peri tagathou, in assenza di ragioni che inducano a dubitare della fedeltà di Alessandro come commentatore. Ritengo inoltre più probabile che i problemi impliciti nella generazione platonica dei numeri ideali fossero interni alla stessa dottrina piuttosto che derivanti da un fraintendimento di essa da parte di Aristotele o di Alessandro.Pubblicazioni consigliate
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