Il ruolo e le modalità delle relazioni interorganizzative sono stati oggetto di studio in vari ambiti, da quello sociologico (Burt, 2004; Granovetter, 1973) a quello manageriale ( Yoshino e Rangan, 1995; Harrigan, 1988), sia in ambito profit che nonprofit. Ciononostante, l’attenzione degli studiosi sulle relazioni intrattenute dal particolare ambito organizzativo del nonprofit si è concentrato principalmente su relazioni con enti della pubblica amministrazione, o anche con enti privati profit, ma principalmente per l’ambito delle relazioni di sponsorizzazione, più che di produzione (Berger et al., 2004; Waddel, 2000). Questo tipo di focus della letteratura rispecchia d’altronde la realtà del settore nonprofit, che tende più facilmente ad instaurare relazioni avanzate con il mondo degli enti pubblici, piuttosto che con le organizzazioni di private di tipo profit. Recentemente, tuttavia, la letteratura si è dedicata a approfondire proprio lo studio dei legami interorganizzativi tra imprese profit e nonprofit, superando l’idea diffusa che gli unici legami significativi e sostenibili tra tali soggetti siano quelli di sponsorship, o tutt’al più dei meri di contratti di subfornitura (Mancino e Thomas, 2005; Berger et al., 2004). Questo rinnovato interesse è particolarmente legato allo specifico ambito delle imprese sociali, tanto in Italia quanto all’estero. Le imprese sociali infatti, per le specificità e le caratteristiche di imprenditorialità che le caratterizzano, hanno saputo creare modalità avanzate di rapporto con il mondo delle imprese profit, oltre che con gli enti pubblici, sebbene con differenti gradi di complessità e spesso secondo un percorso evolutivo che le porta ad adottare nel tempo differenti modalità relazionali (contatti informali, contratti, alleanze, joint venture, eccetera) e a sviluppare nuove competenze gestionali (Bonel, 2008; Brunello, 2008). In effetti, la relazione più comune tra imprese sociali e imprese profit risulta essere quella contrattuale, come rilevato da recenti studi a livello europeo (Borzaga e Loss, 2002) e italiano, ad esempio dalla ricerca Equal Immenso condotta nella realtà della Regione Veneto nel 2007 (Bonel, 2008; Brunello, 2008). Tuttavia, è possibile rinvenire, tra imprese sociali e imprese profit, anche una più ampia gamma di modalità relazionali che si distinguono per l’oggetto del legame, per i differenti sistemi di coordinamento dei soggetti coinvolti e per le eterogenee modalità contrattuali che ne regolano il rapporto. Tale spettro di relazioni, che spazia lungo un continuum che vede come poli estremi, da un lato dei semplici legami fondati sulla condivisione di finalità di natura sociale e dei rapporti, e all’estremo opposto delle relazioni che possono portare anche alla condivisione del rischio d’impresa, può essere descritto mediante una schematizzazione semplificata che riconduca le relazioni interorganizzative a tre principali tipologie: la prima tipologia di relazioni si concentra prettamente sulla generazione e lo scambio di flussi di tipo più sociale che economico e generalmente di tipo informativo tra imprese profit e imprese sociali (v. Box 1). Tali legami, di natura informale e governati attraverso sistemi di coordinamento semplici (controllo diretto, comunicazione), privilegiano normalmente il conseguimento di finalità sociali rispetto a quelle di matrice prettamente economica; la seconda, più diffusa, raggruppa le relazioni di subfornitura su base tipicamente contrattuale, finalizzate alla creazione e alla spartizione di vantaggi economici (ad esempio produzione di semilavorati su commissione, attività di assemblaggio, e simili). All’interno di questa tipologia, i rapporti tra aziende profit e imprese sociali possono essere ulteriormente distinti sulla base di variabili descrittive del rapporto quali l’intensità, la frequenza e la durata degli scambi relazionali. I rapporti contrattuali, infatti, possono spaziare da contratti di fornitura di tipo spot o una tantum – tipologia di scambio maggiormente diffusa (v. Box 2), come anche emerso dal succitato progetto Equal “Immenso” (Panozzo 2008) – a contratti di fornitura consolidati nel tempo che trovano, come maggiore vantaggio, la riduzione di costi di transazione legati allo scambio, in considerazione del rapporto fiduciario instaurato tra i contraenti (v. Box 3). Tali relazioni sembrano trovare maggiore diffusione nel rapporto con le amministrazioni pubbliche rispetto a quello con le imprese profit. Il tipo di subfornitura varia molto a seconda della scelta strategica compiuta dalle imprese sociali in merito al loro core business. Le imprese sociali tendono a connotarsi per l’orientamento alla produzione di specifici prodotti o, in alternativa, alla realizzazione di determinate fasi di un processo produttivo. Il rapporto che esse instaurano con le aziende profit è di natura precipuamente economica e finalizzato alla ricerca e allo sfruttamento da parte di entrambi i partner di vantaggi di costo ad esempio basati, per le imprese sociali della tipologia delle cooperative sociali di tipo B, su vantaggi fiscali. Alcune imprese sociali, inoltre, sebbene si tratti ancora di un fenomeno poco diffuso, si sono però specializzate nella progettazione e nella costruzione di interi processi produttivi per la realizzazione di prodotti finiti, processi che l’impresa profit esternalizza all’impresa sociale. Questo tipo di rapporti di subfornitura, che definiremo evoluti, riguardano prevalentemente contratti di fornitura complessi e, talora, forme di offerta congiunta. Si noti che quando i rapporti che si instaurano tra imprese profit e nonprofit sono di lunga durata e richiedono un coinvolgimento evoluto che si può concretizzare, tra le altre cose, con l’uso in comodato di macchinari ed attrezzatura acquistati dal cliente/azienda profit, e/o con l’interscambio di personale specializzato per la progettazione e svolgimento di alcune fasi di un processo produttivo. La creazione di rapporti fiduciari e di lungo termine rappresenta sovente una leva per ampliare la dimensione della relazione anche ad altri ambiti che possono coinvolgere aspetti di natura sociale, oltre che più strettamente basata su puri calcoli di convenienza economica. Esempi in tal senso sono le donazioni di fondi, le donazioni di macchinari e di impianti in disuso, gli inserimenti lavorativi di persone svantaggiate. In questi casi il rapporto economico-contrattuale si arricchisce di istanze di tipo sociale, sulla base di rapporti di lungo periodo che hanno portato alla costruzione di un capitale fiduciario e sociale comune (Evers 2001; McKnight et al., 1998; Tsai e Ghoshal, 1998; Williamson, 1984) La terza tipologia si distingue per la scelta da parte dei partner di condividere il rischio di impresa mediante la costituzione di joint venture o di altri accordi equity, incluso fusioni e acquisizioni, per la costruzione di prodotti/processi innovativi e/o di elevata complessità. Seppure questa forma relazionale si verifichi più raramente delle precedenti, tuttavia ve ne sono interessanti casi (cfr. Box 4). Inoltre, si può osservare come questo tipo di legami emergano in imprese sociali che hanno già esperienza nell’attivazione delle due tipologie sopra descritte, potenzialmente prefigurando un percorso evolutivo dei rapporti, oltre che di casistica delle possibilità relazionali a disposizione delle imprese sociali nel rapportarsi con il mondo profit (Bonel, 2008). Queste tre tipologie di relazioni costituiscono un set di possibilità di governo relazionale per le imprese sociali e per quelle profit. Riprendendo la letteratura prevalente ma anche illustrando alcuni casi esemplificativi propri della realtà italiana, si intende proporre qui il tema delle diverse tipologie di relazione tra imprese profit e imprese sociali, di come sia possibile gestirle e di come tali relazioni possano seguire un percorso, evolvendo dai più semplici legami informali a rapporti più stabili, strutturati e di partnership.
I rapporti con il forprofit
BONEL, ELENA;
2008
Abstract
Il ruolo e le modalità delle relazioni interorganizzative sono stati oggetto di studio in vari ambiti, da quello sociologico (Burt, 2004; Granovetter, 1973) a quello manageriale ( Yoshino e Rangan, 1995; Harrigan, 1988), sia in ambito profit che nonprofit. Ciononostante, l’attenzione degli studiosi sulle relazioni intrattenute dal particolare ambito organizzativo del nonprofit si è concentrato principalmente su relazioni con enti della pubblica amministrazione, o anche con enti privati profit, ma principalmente per l’ambito delle relazioni di sponsorizzazione, più che di produzione (Berger et al., 2004; Waddel, 2000). Questo tipo di focus della letteratura rispecchia d’altronde la realtà del settore nonprofit, che tende più facilmente ad instaurare relazioni avanzate con il mondo degli enti pubblici, piuttosto che con le organizzazioni di private di tipo profit. Recentemente, tuttavia, la letteratura si è dedicata a approfondire proprio lo studio dei legami interorganizzativi tra imprese profit e nonprofit, superando l’idea diffusa che gli unici legami significativi e sostenibili tra tali soggetti siano quelli di sponsorship, o tutt’al più dei meri di contratti di subfornitura (Mancino e Thomas, 2005; Berger et al., 2004). Questo rinnovato interesse è particolarmente legato allo specifico ambito delle imprese sociali, tanto in Italia quanto all’estero. Le imprese sociali infatti, per le specificità e le caratteristiche di imprenditorialità che le caratterizzano, hanno saputo creare modalità avanzate di rapporto con il mondo delle imprese profit, oltre che con gli enti pubblici, sebbene con differenti gradi di complessità e spesso secondo un percorso evolutivo che le porta ad adottare nel tempo differenti modalità relazionali (contatti informali, contratti, alleanze, joint venture, eccetera) e a sviluppare nuove competenze gestionali (Bonel, 2008; Brunello, 2008). In effetti, la relazione più comune tra imprese sociali e imprese profit risulta essere quella contrattuale, come rilevato da recenti studi a livello europeo (Borzaga e Loss, 2002) e italiano, ad esempio dalla ricerca Equal Immenso condotta nella realtà della Regione Veneto nel 2007 (Bonel, 2008; Brunello, 2008). Tuttavia, è possibile rinvenire, tra imprese sociali e imprese profit, anche una più ampia gamma di modalità relazionali che si distinguono per l’oggetto del legame, per i differenti sistemi di coordinamento dei soggetti coinvolti e per le eterogenee modalità contrattuali che ne regolano il rapporto. Tale spettro di relazioni, che spazia lungo un continuum che vede come poli estremi, da un lato dei semplici legami fondati sulla condivisione di finalità di natura sociale e dei rapporti, e all’estremo opposto delle relazioni che possono portare anche alla condivisione del rischio d’impresa, può essere descritto mediante una schematizzazione semplificata che riconduca le relazioni interorganizzative a tre principali tipologie: la prima tipologia di relazioni si concentra prettamente sulla generazione e lo scambio di flussi di tipo più sociale che economico e generalmente di tipo informativo tra imprese profit e imprese sociali (v. Box 1). Tali legami, di natura informale e governati attraverso sistemi di coordinamento semplici (controllo diretto, comunicazione), privilegiano normalmente il conseguimento di finalità sociali rispetto a quelle di matrice prettamente economica; la seconda, più diffusa, raggruppa le relazioni di subfornitura su base tipicamente contrattuale, finalizzate alla creazione e alla spartizione di vantaggi economici (ad esempio produzione di semilavorati su commissione, attività di assemblaggio, e simili). All’interno di questa tipologia, i rapporti tra aziende profit e imprese sociali possono essere ulteriormente distinti sulla base di variabili descrittive del rapporto quali l’intensità, la frequenza e la durata degli scambi relazionali. I rapporti contrattuali, infatti, possono spaziare da contratti di fornitura di tipo spot o una tantum – tipologia di scambio maggiormente diffusa (v. Box 2), come anche emerso dal succitato progetto Equal “Immenso” (Panozzo 2008) – a contratti di fornitura consolidati nel tempo che trovano, come maggiore vantaggio, la riduzione di costi di transazione legati allo scambio, in considerazione del rapporto fiduciario instaurato tra i contraenti (v. Box 3). Tali relazioni sembrano trovare maggiore diffusione nel rapporto con le amministrazioni pubbliche rispetto a quello con le imprese profit. Il tipo di subfornitura varia molto a seconda della scelta strategica compiuta dalle imprese sociali in merito al loro core business. Le imprese sociali tendono a connotarsi per l’orientamento alla produzione di specifici prodotti o, in alternativa, alla realizzazione di determinate fasi di un processo produttivo. Il rapporto che esse instaurano con le aziende profit è di natura precipuamente economica e finalizzato alla ricerca e allo sfruttamento da parte di entrambi i partner di vantaggi di costo ad esempio basati, per le imprese sociali della tipologia delle cooperative sociali di tipo B, su vantaggi fiscali. Alcune imprese sociali, inoltre, sebbene si tratti ancora di un fenomeno poco diffuso, si sono però specializzate nella progettazione e nella costruzione di interi processi produttivi per la realizzazione di prodotti finiti, processi che l’impresa profit esternalizza all’impresa sociale. Questo tipo di rapporti di subfornitura, che definiremo evoluti, riguardano prevalentemente contratti di fornitura complessi e, talora, forme di offerta congiunta. Si noti che quando i rapporti che si instaurano tra imprese profit e nonprofit sono di lunga durata e richiedono un coinvolgimento evoluto che si può concretizzare, tra le altre cose, con l’uso in comodato di macchinari ed attrezzatura acquistati dal cliente/azienda profit, e/o con l’interscambio di personale specializzato per la progettazione e svolgimento di alcune fasi di un processo produttivo. La creazione di rapporti fiduciari e di lungo termine rappresenta sovente una leva per ampliare la dimensione della relazione anche ad altri ambiti che possono coinvolgere aspetti di natura sociale, oltre che più strettamente basata su puri calcoli di convenienza economica. Esempi in tal senso sono le donazioni di fondi, le donazioni di macchinari e di impianti in disuso, gli inserimenti lavorativi di persone svantaggiate. In questi casi il rapporto economico-contrattuale si arricchisce di istanze di tipo sociale, sulla base di rapporti di lungo periodo che hanno portato alla costruzione di un capitale fiduciario e sociale comune (Evers 2001; McKnight et al., 1998; Tsai e Ghoshal, 1998; Williamson, 1984) La terza tipologia si distingue per la scelta da parte dei partner di condividere il rischio di impresa mediante la costituzione di joint venture o di altri accordi equity, incluso fusioni e acquisizioni, per la costruzione di prodotti/processi innovativi e/o di elevata complessità. Seppure questa forma relazionale si verifichi più raramente delle precedenti, tuttavia ve ne sono interessanti casi (cfr. Box 4). Inoltre, si può osservare come questo tipo di legami emergano in imprese sociali che hanno già esperienza nell’attivazione delle due tipologie sopra descritte, potenzialmente prefigurando un percorso evolutivo dei rapporti, oltre che di casistica delle possibilità relazionali a disposizione delle imprese sociali nel rapportarsi con il mondo profit (Bonel, 2008). Queste tre tipologie di relazioni costituiscono un set di possibilità di governo relazionale per le imprese sociali e per quelle profit. Riprendendo la letteratura prevalente ma anche illustrando alcuni casi esemplificativi propri della realtà italiana, si intende proporre qui il tema delle diverse tipologie di relazione tra imprese profit e imprese sociali, di come sia possibile gestirle e di come tali relazioni possano seguire un percorso, evolvendo dai più semplici legami informali a rapporti più stabili, strutturati e di partnership.Pubblicazioni consigliate
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