Seppure in modo sintetico, il volume illustra gli sviluppi più rilevanti della teoria del segno (linguistico e non) nell'ambito della filosofia e della linguistica britanniche del XVIII secolo. Partendo dalla semiotica di John Locke, che si caratterizzava principalmente per il suo denotazionismo a due livelli (le parole sono segni delle idee e le idee, a loro volta, delle cose) e per la concezione arbitraristica del segno, il lavoro si sofferma anzitutto sui punti critici della concezione lockiana e ricostruisce poi le due direttrici prese dalla riflessione successiva: quando filosofi, filologi e letterati si preoccuparono ora di (a) correggere, delimitare meglio e/o integrare le tesi salienti di Locke, attraverso una critica della sua teoria delle idee (Norris, Stillingfleet, Sergeant, e Reid) o con ricerche innovative intorno all'origine delle convenzioni linguistiche e abbozzando (con Berkeley e Hume) una concezione del significato come uso o, con Hutcheson, una teoria della funzione emotivo-prescrittiva dei segni; ora di (b) superare davvero Locke, con le teorie di Burke, degli elocuzionisti di fine secolo, di Dugald Stewart e di Horne Tooke. Burke ha infatti sottolineato come il significato dipenda dalle risposte che le parole determinano nei loro contesti d'uso, oltre che dal gioco delle interpretazioni; gli elocuzionisti hanno sottolineato l'importanza della funzione comunicativa svolta dai suoni e Horne Tooke ha rilevato come le parole possano essere non solo i segni delle idee, ma anche di altre parole. Completa il saggio un'ampia bibliografia ragionata relativa ai vari temi trattati.

Aspetti della teoria del segno nella filosofia britannica del XVIII secolo.

GILARDI, ROBERTO
1999

Abstract

Seppure in modo sintetico, il volume illustra gli sviluppi più rilevanti della teoria del segno (linguistico e non) nell'ambito della filosofia e della linguistica britanniche del XVIII secolo. Partendo dalla semiotica di John Locke, che si caratterizzava principalmente per il suo denotazionismo a due livelli (le parole sono segni delle idee e le idee, a loro volta, delle cose) e per la concezione arbitraristica del segno, il lavoro si sofferma anzitutto sui punti critici della concezione lockiana e ricostruisce poi le due direttrici prese dalla riflessione successiva: quando filosofi, filologi e letterati si preoccuparono ora di (a) correggere, delimitare meglio e/o integrare le tesi salienti di Locke, attraverso una critica della sua teoria delle idee (Norris, Stillingfleet, Sergeant, e Reid) o con ricerche innovative intorno all'origine delle convenzioni linguistiche e abbozzando (con Berkeley e Hume) una concezione del significato come uso o, con Hutcheson, una teoria della funzione emotivo-prescrittiva dei segni; ora di (b) superare davvero Locke, con le teorie di Burke, degli elocuzionisti di fine secolo, di Dugald Stewart e di Horne Tooke. Burke ha infatti sottolineato come il significato dipenda dalle risposte che le parole determinano nei loro contesti d'uso, oltre che dal gioco delle interpretazioni; gli elocuzionisti hanno sottolineato l'importanza della funzione comunicativa svolta dai suoni e Horne Tooke ha rilevato come le parole possano essere non solo i segni delle idee, ma anche di altre parole. Completa il saggio un'ampia bibliografia ragionata relativa ai vari temi trattati.
1999
Semiotica I. Origini e fondamenti
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