Il silenzio della pubblica amministrazione è, certamente, un argomento centrale che ha caratterizzato gli ultimi quindici anni del panorama normativo amministrativo italiano. Non a caso, anche di recente, il legislatore ha ritenuto di tornare sull’istituto per precisarne alcuni aspetti. Questo recente intervento normativo è la testimonianza più evidente sia dell’attualità dell’istituto sia, ad ogni modo, dei numerosi nodi problematici che il silenzio amministrativo, per la sua strutturale ambiguità, pone agli interpreti ed agli operatori del settore. Nel tentativo di dare una risposta alle problematiche che il silenzio amministrativo poneva, la dottrina italiana, da sempre, si è divisa fondamentalmente in due correnti di pensiero. Una corrente ritiene che il silenzio amministrativo, le varie ipotesi di silenzio amministrativo, che hanno trovato la loro principale regolamentazione nella legge 241/90, siano l’espressione del riconoscimento, da parte del legislatore, dell’autonomia amministrativa e, in generale, normativa del singolo, della sua capacità di autoregolamentazione, e, quindi, la concretizzazione della sussidiarietà nel settore amministrativo. A questo orientamento si contrappone quello di coloro che, invece, ritengono che il silenzio amministrativo, lungi dall’essere il riconoscimento dell’autonomia del singolo, sia in realtà una contraddizione interna del sistema amministrativo, basato sulla nozione di procedimento finalizzato all’emanazione di provvedimenti necessariamente espressi, e, quindi, riconoscono nel silenzio il frutto di una disfunzione della macchina amministrativa, non in grado di dare risposte certe al cittadino, alla quale il legislatore cerca di porre un rimedio normativo, con una qualificazione legislativa del silenzio, altrimenti privo, per sua natura, di significato. La corrente di pensiero, che vede nel silenzio l’espressione dell’autonomia del singolo e della sussidiarietà delle istituzioni, presenta una serie di incongruenze che, inevitabilmente, ci inducono a ritenere maggiormente condivisibili le teorie del secondo orientamento illustrato. Nel contributo si illustrano i motivi della scelta.
Il silenzio amministrativo tra rivoluzione e reazione delle istituzioni
TASSO, TORQUATO GIORDANO
2005
Abstract
Il silenzio della pubblica amministrazione è, certamente, un argomento centrale che ha caratterizzato gli ultimi quindici anni del panorama normativo amministrativo italiano. Non a caso, anche di recente, il legislatore ha ritenuto di tornare sull’istituto per precisarne alcuni aspetti. Questo recente intervento normativo è la testimonianza più evidente sia dell’attualità dell’istituto sia, ad ogni modo, dei numerosi nodi problematici che il silenzio amministrativo, per la sua strutturale ambiguità, pone agli interpreti ed agli operatori del settore. Nel tentativo di dare una risposta alle problematiche che il silenzio amministrativo poneva, la dottrina italiana, da sempre, si è divisa fondamentalmente in due correnti di pensiero. Una corrente ritiene che il silenzio amministrativo, le varie ipotesi di silenzio amministrativo, che hanno trovato la loro principale regolamentazione nella legge 241/90, siano l’espressione del riconoscimento, da parte del legislatore, dell’autonomia amministrativa e, in generale, normativa del singolo, della sua capacità di autoregolamentazione, e, quindi, la concretizzazione della sussidiarietà nel settore amministrativo. A questo orientamento si contrappone quello di coloro che, invece, ritengono che il silenzio amministrativo, lungi dall’essere il riconoscimento dell’autonomia del singolo, sia in realtà una contraddizione interna del sistema amministrativo, basato sulla nozione di procedimento finalizzato all’emanazione di provvedimenti necessariamente espressi, e, quindi, riconoscono nel silenzio il frutto di una disfunzione della macchina amministrativa, non in grado di dare risposte certe al cittadino, alla quale il legislatore cerca di porre un rimedio normativo, con una qualificazione legislativa del silenzio, altrimenti privo, per sua natura, di significato. La corrente di pensiero, che vede nel silenzio l’espressione dell’autonomia del singolo e della sussidiarietà delle istituzioni, presenta una serie di incongruenze che, inevitabilmente, ci inducono a ritenere maggiormente condivisibili le teorie del secondo orientamento illustrato. Nel contributo si illustrano i motivi della scelta.Pubblicazioni consigliate
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