Il contributo prende in esame gli scritti sul canto gregoriano pubblicati nella rivista "Ephemerides Liturgicae" tra il 1889 e il 1893 da Innocenzo Pasquali e discute le ragioni che gli studiosi attestati in difesa della tradizione tridentina opponevano a quelle dei fautori di una radicale riforma del canto monodico della liturgia. La consistenza e i limiti di quelle posizioni si possono facilmente individuare attraverso la comparazione con quanto, negli stessi anni, Angelo De Santi andava scrivendo sulla “Civiltà cattolica”: lo scarto che separa le argomentazioni messe in campo dal Pasquali rispetto agli esiti scientifici raggiunti a Solesmes appare evidente. Ma il punto è un altro, perché il Pasquali come altri apologisti della Medicaea non si occupavano di paleografia, semiologia, filologia e restaurazione del canto gregoriano: il loro obiettivo riguardava l’uso pratico che del canto monodico tradizionale si poteva ancora fare nel contesto della Chiesa italiana di fine Ottocento. Non interessava al Pasquali “antiquiora ploranda et invocanda”, ma i modi più opportuni per rendere attuale il repertorio antico, affinché potesse incontrare la sensibilità moderna. Nelle prese di posizione del cosiddetto “partito romano”, infatti, è latente un tema forte e di grande attualità: la partecipazione attiva dei fedeli alle celebrazioni liturgiche, giudicata impraticabile attraverso il semplice ripristino e restauro conservativo dei repertori medievali, più coerenti con le aspirazioni dello storicismo romantico.

De ratione exequendi cantum gregorianum. Un'apologia dell'Editio Medicaea.

LOVATO, ANTONIO
2004

Abstract

Il contributo prende in esame gli scritti sul canto gregoriano pubblicati nella rivista "Ephemerides Liturgicae" tra il 1889 e il 1893 da Innocenzo Pasquali e discute le ragioni che gli studiosi attestati in difesa della tradizione tridentina opponevano a quelle dei fautori di una radicale riforma del canto monodico della liturgia. La consistenza e i limiti di quelle posizioni si possono facilmente individuare attraverso la comparazione con quanto, negli stessi anni, Angelo De Santi andava scrivendo sulla “Civiltà cattolica”: lo scarto che separa le argomentazioni messe in campo dal Pasquali rispetto agli esiti scientifici raggiunti a Solesmes appare evidente. Ma il punto è un altro, perché il Pasquali come altri apologisti della Medicaea non si occupavano di paleografia, semiologia, filologia e restaurazione del canto gregoriano: il loro obiettivo riguardava l’uso pratico che del canto monodico tradizionale si poteva ancora fare nel contesto della Chiesa italiana di fine Ottocento. Non interessava al Pasquali “antiquiora ploranda et invocanda”, ma i modi più opportuni per rendere attuale il repertorio antico, affinché potesse incontrare la sensibilità moderna. Nelle prese di posizione del cosiddetto “partito romano”, infatti, è latente un tema forte e di grande attualità: la partecipazione attiva dei fedeli alle celebrazioni liturgiche, giudicata impraticabile attraverso il semplice ripristino e restauro conservativo dei repertori medievali, più coerenti con le aspirazioni dello storicismo romantico.
2004
Aspetti del Cecilianesimo nella cultura musicale italiana dell'Ottocento
9788820976774
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