I recenti sviluppi delle ricerche mirate all’immobilizzazione selettiva di biomolecole quali DNA, oligonucleotidi e proteine hanno aperto la strada ad un possibile utilizzo della microscopia a forza atomica come nuova tecnica di indagine diagnostica. La strategia generale prevede l’immobilizzazione su un supporto solido di una molecola complementare alla biomolecola di interesse, che possa legare quest’ultima in modo specifico e ne renda così possibile la successiva rilevazione tramite microscopia a forza atomica. Il limite inferiore di rilevabilità a fini diagnostici non risiede tanto nella concentrazione dell’analita (in quanto la microscopia a forza atomica è teoricamente in grado di rilevare la singola biomolecola immobilizzata sulla superficie del supporto) quanto piuttosto nelle dimensioni molecolari dell’analita stesso: essendo le minime dimensioni determinabili dipendenti dalla rugosità matriciale della superficie, l’utilizzo di un amplificatore di rugosità specifica, cioè di un “amplificatore dimensionale” della specifica biomolecola d’interesse, contribuisce ad abbassare la minima dimensione molecolare rilevabile a fini diagnostici dalla microscopia a forza atomica. Scopo del lavoro è stato quello di individuare un set di possibili amplificatori dimensionali di natura inorganica, superficialmente modificabili mediante l’inserimento di opportuni bio-gruppi funzionali tali da renderli atti ad un accoppiamento specifico con l’analita di interesse, e di mettere a punto un sistema modello per la titolazione quantitativa delle biomolecole oggetto di indagini diagnostiche. Metodi Il sistema modello preso in considerazione è centrato su un DNA virale quale biomolecola di interesse, per il quale sono state disegnate come molecole partner alcune sequenze complementari costituite da oligonucleotidi di 2030 basi. Come supporti solidi sono stati scelti vetrini silanizzati. Come amplificatori dimensionali sono state utilizzate nanosfere di lattice, di dimensioni 20-40-80 e 200 nm, funzionalizzate superficialmente con gruppi -COOH, sfruttati per il successivo accoppiamento delle nanosfere alle opportune molecole partner. Tutte le molecole partner usate contenevano un linker amminico utilizzato per la loro immobilizzazione chimica tramite carbodiimmidi ai gruppi –COOH presenti sia sulla superficie del supporto sia sulla superficie degli amplificatori dimensionali. Ogni stadio della procedura sperimentale è stato esaminato mediante microscopio a forza atomica, operando in tapping mode in soluzioni tamponate a pH 7. Risultati Le nanosfere della dimensione di 80nm sono risultate il miglior compromesso per il loro utilizzo come amplificatori dimensionali. La modulazione delle condizioni di forza ionica, pH e sonicazione per le procedure di lavaggio successive alla immobilizzazione su supporto solido hanno permesso di ridurre al minimo il binding aspecifico e di ottenere una riproduci bile curva di calibrazione per soluzioni contenenti complessi biomolecola-nanosfera in concentrazioni nel range 10-15 – 10-12M. Conclusioni Sono state ottenute superfici piatte chimicamente modificate per l’immobilizzazione specifica di complessi oligonucleotide-DNA-oligonucleotide, accoppiati a nanosfere funzionalizzate quali amplificatori dimensionali per la loro determinazione tramite microscopia a forza atomica in soluzione. È stata realizzata una modulazione quantitativa del binding specifico di complessi modello, utilizzabile per la titolazione quantitativa di varie biomolecole di interesse diagnostico

Amplificatori dimensionali per l'utilizzo della microscopia a forza atomica in campo diagnostico

ZENNARO, LUCIO;RIGO, ADELIO
2004

Abstract

I recenti sviluppi delle ricerche mirate all’immobilizzazione selettiva di biomolecole quali DNA, oligonucleotidi e proteine hanno aperto la strada ad un possibile utilizzo della microscopia a forza atomica come nuova tecnica di indagine diagnostica. La strategia generale prevede l’immobilizzazione su un supporto solido di una molecola complementare alla biomolecola di interesse, che possa legare quest’ultima in modo specifico e ne renda così possibile la successiva rilevazione tramite microscopia a forza atomica. Il limite inferiore di rilevabilità a fini diagnostici non risiede tanto nella concentrazione dell’analita (in quanto la microscopia a forza atomica è teoricamente in grado di rilevare la singola biomolecola immobilizzata sulla superficie del supporto) quanto piuttosto nelle dimensioni molecolari dell’analita stesso: essendo le minime dimensioni determinabili dipendenti dalla rugosità matriciale della superficie, l’utilizzo di un amplificatore di rugosità specifica, cioè di un “amplificatore dimensionale” della specifica biomolecola d’interesse, contribuisce ad abbassare la minima dimensione molecolare rilevabile a fini diagnostici dalla microscopia a forza atomica. Scopo del lavoro è stato quello di individuare un set di possibili amplificatori dimensionali di natura inorganica, superficialmente modificabili mediante l’inserimento di opportuni bio-gruppi funzionali tali da renderli atti ad un accoppiamento specifico con l’analita di interesse, e di mettere a punto un sistema modello per la titolazione quantitativa delle biomolecole oggetto di indagini diagnostiche. Metodi Il sistema modello preso in considerazione è centrato su un DNA virale quale biomolecola di interesse, per il quale sono state disegnate come molecole partner alcune sequenze complementari costituite da oligonucleotidi di 2030 basi. Come supporti solidi sono stati scelti vetrini silanizzati. Come amplificatori dimensionali sono state utilizzate nanosfere di lattice, di dimensioni 20-40-80 e 200 nm, funzionalizzate superficialmente con gruppi -COOH, sfruttati per il successivo accoppiamento delle nanosfere alle opportune molecole partner. Tutte le molecole partner usate contenevano un linker amminico utilizzato per la loro immobilizzazione chimica tramite carbodiimmidi ai gruppi –COOH presenti sia sulla superficie del supporto sia sulla superficie degli amplificatori dimensionali. Ogni stadio della procedura sperimentale è stato esaminato mediante microscopio a forza atomica, operando in tapping mode in soluzioni tamponate a pH 7. Risultati Le nanosfere della dimensione di 80nm sono risultate il miglior compromesso per il loro utilizzo come amplificatori dimensionali. La modulazione delle condizioni di forza ionica, pH e sonicazione per le procedure di lavaggio successive alla immobilizzazione su supporto solido hanno permesso di ridurre al minimo il binding aspecifico e di ottenere una riproduci bile curva di calibrazione per soluzioni contenenti complessi biomolecola-nanosfera in concentrazioni nel range 10-15 – 10-12M. Conclusioni Sono state ottenute superfici piatte chimicamente modificate per l’immobilizzazione specifica di complessi oligonucleotide-DNA-oligonucleotide, accoppiati a nanosfere funzionalizzate quali amplificatori dimensionali per la loro determinazione tramite microscopia a forza atomica in soluzione. È stata realizzata una modulazione quantitativa del binding specifico di complessi modello, utilizzabile per la titolazione quantitativa di varie biomolecole di interesse diagnostico
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