Con l’approvazione della legge 31 dicembre 1996, n. 675 “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali” e della legge 31 dicembre 1996, n. 676 “Delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”, l’ordinamento giuridico italiano si è conformato alle indicazioni di una serie di raccomandazioni e direttive europee, promulgate a partire dal 1981 e finalizzate a regolamentare le attività delle banche dati e ad armonizzare il trattamento e la circolazione dei dati personali. Di fondamentale interesse è la direttiva 95/46/CE del Consiglio dell’Unione europea del 24 ottobre 1995; l’ultima è la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002. Nella GU n. 174 del 29 luglio 2003, Suppl. Ordinario n. 123, del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”. Si tratta di un testo unico emanato in funzione di apposita delega al Governo contemplata dall'art. 1 della legge 24 marzo 2001, n. 127; tale codice entra in vigore il 1° gennaio 2004, abroga la legge 675 del 1996 e la stragrande maggioranza dei provvedimenti ad essa correlati e viene quindi a costituire il principale riferimento normativo sulla tutela dei dati personali. Pare questa un’utile occasione per rivisitare un paio argomenti, che sono stati disciplinati in modo insoddisfacente nei previgenti riferimenti normativi sulla tutela della riservatezza nel trattamento dei dati personali, per valutare se, nel nuovo codice in materia di protezione dei dati personali, essi abbiano avuto una diversa, più appropriata, considerazione. Gli argomenti rientrano, rispettivamente, nelle tematiche del segreto professionale e dell’informazione alla persona assistita. Rispetto all’impianto generale della legislazione sulla tutela della riservatezza, si tratta di aspetti marginali, ma il modo particolare in cui essi sono stati considerati a partire dalla legge 675, modo non consono ad una serie di principi da ritenere condivisi in ambito medico legale, impone una riflessione.
Distorsioni della concezione del segreto professionale e dell'informazione all'assistito nel codice in materia di protesione dei dati personali
RODRIGUEZ, DANIELE
2004
Abstract
Con l’approvazione della legge 31 dicembre 1996, n. 675 “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali” e della legge 31 dicembre 1996, n. 676 “Delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”, l’ordinamento giuridico italiano si è conformato alle indicazioni di una serie di raccomandazioni e direttive europee, promulgate a partire dal 1981 e finalizzate a regolamentare le attività delle banche dati e ad armonizzare il trattamento e la circolazione dei dati personali. Di fondamentale interesse è la direttiva 95/46/CE del Consiglio dell’Unione europea del 24 ottobre 1995; l’ultima è la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002. Nella GU n. 174 del 29 luglio 2003, Suppl. Ordinario n. 123, del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 “Codice in materia di protezione dei dati personali”. Si tratta di un testo unico emanato in funzione di apposita delega al Governo contemplata dall'art. 1 della legge 24 marzo 2001, n. 127; tale codice entra in vigore il 1° gennaio 2004, abroga la legge 675 del 1996 e la stragrande maggioranza dei provvedimenti ad essa correlati e viene quindi a costituire il principale riferimento normativo sulla tutela dei dati personali. Pare questa un’utile occasione per rivisitare un paio argomenti, che sono stati disciplinati in modo insoddisfacente nei previgenti riferimenti normativi sulla tutela della riservatezza nel trattamento dei dati personali, per valutare se, nel nuovo codice in materia di protezione dei dati personali, essi abbiano avuto una diversa, più appropriata, considerazione. Gli argomenti rientrano, rispettivamente, nelle tematiche del segreto professionale e dell’informazione alla persona assistita. Rispetto all’impianto generale della legislazione sulla tutela della riservatezza, si tratta di aspetti marginali, ma il modo particolare in cui essi sono stati considerati a partire dalla legge 675, modo non consono ad una serie di principi da ritenere condivisi in ambito medico legale, impone una riflessione.Pubblicazioni consigliate
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