Questo saggio studia il retroterra ideologico-culturale e le tecniche sceniche di cui Shakespeare si vale per dar corpo a un progetto eversivo che pare reggere e governare spietatamente il doppio intreccio, bellico ed erotico, del Troilus and Cressida (c.1602): una ‘materia’ tematica d’origine ritenuta classica a cui aveva posto mano una panoplia incredibile di poeti-letterati del Medioevo europeo e certamente familiare in ambienti del Rinascimento inglese, eruditi più che teatrali, anche per l’indotto fortemente canonizzante del lavoro in corso di traduzione dell’Iliade a opera di George Chapman. Il progetto appare orientato a inscenare l’insostenibilità d’immagine e la liquidazione per deflazione dell’eroe antico, eroe iperbolico e antonomastico, per motivazioni spesso non apparse del tutto chiare, cui non dev’essere stato però estraneo l’uso fortemente ideologico che in ambienti cortigiani veniva fatto delle figure dell’eroe e dell’eroico consegnate dall’Antichità esemplare alle fazioni politico-militari della corte tardo-elisabettiana: fazioni turbolente e sediziose raccolte attorno alla figura di Essex e alla memoria del suo tentativo di putsch finito in tragedia. Questo è un dato critico variamente assodato, non meno dell’atteggiamento palesemente anti-militaristico che l’opera manifesta. Da qui parte un’indagine largamente speculativa e meno scontata sulle forme problematiche della modernità che affiorano nel progetto drammaturgico shakespeariano alle prese con quella materia tematica: un progetto risultato ostico, così ai contemporanei come all’intera tradizione neoclassica e poi romantica della teatralizzazione di Shakespeare, tanto da fare del Troilus forse l’opera meno gradita del Bardo, fino alla radicale rivalutazione moderna, che quel testo rese culturalmente e scenicamente fruibile, ma sulla scorta delle lezioni stranianti impartite dalle grandi avanguardie teatrali del Novecento.

La deflazione dell'eroe antico. William Shakespeare,_ Troilus and Cressida_

MELCHIONDA, MARIO
2004

Abstract

Questo saggio studia il retroterra ideologico-culturale e le tecniche sceniche di cui Shakespeare si vale per dar corpo a un progetto eversivo che pare reggere e governare spietatamente il doppio intreccio, bellico ed erotico, del Troilus and Cressida (c.1602): una ‘materia’ tematica d’origine ritenuta classica a cui aveva posto mano una panoplia incredibile di poeti-letterati del Medioevo europeo e certamente familiare in ambienti del Rinascimento inglese, eruditi più che teatrali, anche per l’indotto fortemente canonizzante del lavoro in corso di traduzione dell’Iliade a opera di George Chapman. Il progetto appare orientato a inscenare l’insostenibilità d’immagine e la liquidazione per deflazione dell’eroe antico, eroe iperbolico e antonomastico, per motivazioni spesso non apparse del tutto chiare, cui non dev’essere stato però estraneo l’uso fortemente ideologico che in ambienti cortigiani veniva fatto delle figure dell’eroe e dell’eroico consegnate dall’Antichità esemplare alle fazioni politico-militari della corte tardo-elisabettiana: fazioni turbolente e sediziose raccolte attorno alla figura di Essex e alla memoria del suo tentativo di putsch finito in tragedia. Questo è un dato critico variamente assodato, non meno dell’atteggiamento palesemente anti-militaristico che l’opera manifesta. Da qui parte un’indagine largamente speculativa e meno scontata sulle forme problematiche della modernità che affiorano nel progetto drammaturgico shakespeariano alle prese con quella materia tematica: un progetto risultato ostico, così ai contemporanei come all’intera tradizione neoclassica e poi romantica della teatralizzazione di Shakespeare, tanto da fare del Troilus forse l’opera meno gradita del Bardo, fino alla radicale rivalutazione moderna, che quel testo rese culturalmente e scenicamente fruibile, ma sulla scorta delle lezioni stranianti impartite dalle grandi avanguardie teatrali del Novecento.
2004
Eroi della Poesia Epica nel Cinque-Seicento
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