Il territorio attaversato dal fiume Piave in età altomedievale fu interessato da un complesso processo di strutturazione. Ne furono protagoniste in primo luogo le quattro diocesi che si spartivano l'area: Belluno, Feltre, Ceneda, Treviso. Queste chiese assunsero in quell'epoca una identità precisa sia territoriale, sia religiosa, fatto questo di primaria importanza poiché l'ordinamento diocesano rappresentò la base per la determinazione dell'ordinamento politico. L'acquisizione di precise identità da parte di queste chiese fu il risultato di iniziative ordinate su vari piani. Esse coinvolsero le aristocrazie locali e furono condizionate dalla capacità di queste aristocrazie di rapportarsi ad una rete di potere molto più vasta, coinvolgente l'intera pianura padana orientale. Il caso dei da Vidor, fondatori del santuari dei Ss. Vittore e Corona di Feltre, è emblematico. I da Vidor, infatti, pur legati all'impero, erano anche collegati ai Canossa, dato che figurano nel "Liber vitae" di Polirone, ovvero di S. Benedetto Po, il monastero fondato e controllato proprio dalla celebre famiglia della contessa Matilde. Da un monastero di famiglia canossiano sembrano essere provenute anche le spoglie dei Ss. Vittore e Corona, che diedero ai da Vidor il pretesto per la costruzione del santuario. Il ruolo delle reliquie nel processo di formazione delle identità ecclesiastiche diocesane plavensi è evidente anche per le diocesi di Belluno, Treviso e Ceneda. In particolare, in quest'ultimo caso il legittimo possesso delle spoglie de protovescovo Tiziano (già pastore della chiesa di Oderzo distrutta dai Longobardi), contestato dal centro bizantino di Cittanova Eracliana, sancì la promozione di Ceneda a capitale ecclesiastica e sede del ducato longobardo. All'inizio del XII secolo la situazione è stabilizzata. Il possesso delle reliquie da parte delle chiese matrici divenne un elemento imprescindibile di legittimità, tanto che nelle lotte dell'età comunale si ricorse anche all'asportazione dei sacri resti per giustificare il declassamento di centri che si volevano assoggettare.
L'uso politico delle reliquie nei processi di strutturazione territoriale in area plavense tra VII e XII secolo
CANZIAN, DARIO
2004
Abstract
Il territorio attaversato dal fiume Piave in età altomedievale fu interessato da un complesso processo di strutturazione. Ne furono protagoniste in primo luogo le quattro diocesi che si spartivano l'area: Belluno, Feltre, Ceneda, Treviso. Queste chiese assunsero in quell'epoca una identità precisa sia territoriale, sia religiosa, fatto questo di primaria importanza poiché l'ordinamento diocesano rappresentò la base per la determinazione dell'ordinamento politico. L'acquisizione di precise identità da parte di queste chiese fu il risultato di iniziative ordinate su vari piani. Esse coinvolsero le aristocrazie locali e furono condizionate dalla capacità di queste aristocrazie di rapportarsi ad una rete di potere molto più vasta, coinvolgente l'intera pianura padana orientale. Il caso dei da Vidor, fondatori del santuari dei Ss. Vittore e Corona di Feltre, è emblematico. I da Vidor, infatti, pur legati all'impero, erano anche collegati ai Canossa, dato che figurano nel "Liber vitae" di Polirone, ovvero di S. Benedetto Po, il monastero fondato e controllato proprio dalla celebre famiglia della contessa Matilde. Da un monastero di famiglia canossiano sembrano essere provenute anche le spoglie dei Ss. Vittore e Corona, che diedero ai da Vidor il pretesto per la costruzione del santuario. Il ruolo delle reliquie nel processo di formazione delle identità ecclesiastiche diocesane plavensi è evidente anche per le diocesi di Belluno, Treviso e Ceneda. In particolare, in quest'ultimo caso il legittimo possesso delle spoglie de protovescovo Tiziano (già pastore della chiesa di Oderzo distrutta dai Longobardi), contestato dal centro bizantino di Cittanova Eracliana, sancì la promozione di Ceneda a capitale ecclesiastica e sede del ducato longobardo. All'inizio del XII secolo la situazione è stabilizzata. Il possesso delle reliquie da parte delle chiese matrici divenne un elemento imprescindibile di legittimità, tanto che nelle lotte dell'età comunale si ricorse anche all'asportazione dei sacri resti per giustificare il declassamento di centri che si volevano assoggettare.Pubblicazioni consigliate
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