A più di quarant'anni del libro dedicato da Amalia Mezzettia Girolamo da Carpi (1501-1556), pittore della corte estense, la monografia incrementa il catalogo di nuove attribuzioni (tra le altre, alcuni Santi affrescati nei peducci della navata di San Francesco, alcuni ritratti e disegni), purificandolo di altre, e presenta, per la prima volta strettamente interrelate, l’opera pittorica e grafica. Costituisce una novità lo stesso catalogo dei disegni sciolti del maestro, riferibili a tutta la carriera del pittore, e irrinunciabile integrazione del corpus del già bene noto Taccuino Romano (Canedy, 1976; distribuito tra la Rosenbach Library di Philadelphia, la Biblioteca Reale di Torino e il British Museum di Londra), composto da disegni di formato lungo e stretto, che annotano, copiano, estrapolano, nei tardi anni del soggiorno nell’Urbe, modelli dall’antico e dal moderno per uso personale e della bottega. Il testo si avvale di un regesto dei documenti molto aggiornato. Sono indagati con attenzione i modelli compositivi (Raffaello, Tiziano, Dosso, Giulio Romano, Parmigianino, Peruzzi, Polidoro da Caravaggio e, ovviamente, l’antico). Alle spalle di tutto è il background ferrarese di corte al quale Girolamo ha accesso tramite il padre Tommaso, del quale nulla resta, ma che dai documenti d’archivio si presenta come figura polifunzionale alla corte degli Este, dal 1503 al 1545, decoratore, corniciaio, scenografo; con lui Girolamo, giovane apprendista, ha accesso allo studio dei marmi e al camerino di Alfonso d’Este nella sua progressione, prima di trasferirsi a Bologna alla metà degli anni venti e dare inizio alla sua carriera autonoma, sviluppata tra Ferrara e Roma.

Girolamo da Carpi

Alessandra Pattanaro
2021

Abstract

A più di quarant'anni del libro dedicato da Amalia Mezzettia Girolamo da Carpi (1501-1556), pittore della corte estense, la monografia incrementa il catalogo di nuove attribuzioni (tra le altre, alcuni Santi affrescati nei peducci della navata di San Francesco, alcuni ritratti e disegni), purificandolo di altre, e presenta, per la prima volta strettamente interrelate, l’opera pittorica e grafica. Costituisce una novità lo stesso catalogo dei disegni sciolti del maestro, riferibili a tutta la carriera del pittore, e irrinunciabile integrazione del corpus del già bene noto Taccuino Romano (Canedy, 1976; distribuito tra la Rosenbach Library di Philadelphia, la Biblioteca Reale di Torino e il British Museum di Londra), composto da disegni di formato lungo e stretto, che annotano, copiano, estrapolano, nei tardi anni del soggiorno nell’Urbe, modelli dall’antico e dal moderno per uso personale e della bottega. Il testo si avvale di un regesto dei documenti molto aggiornato. Sono indagati con attenzione i modelli compositivi (Raffaello, Tiziano, Dosso, Giulio Romano, Parmigianino, Peruzzi, Polidoro da Caravaggio e, ovviamente, l’antico). Alle spalle di tutto è il background ferrarese di corte al quale Girolamo ha accesso tramite il padre Tommaso, del quale nulla resta, ma che dai documenti d’archivio si presenta come figura polifunzionale alla corte degli Este, dal 1503 al 1545, decoratore, corniciaio, scenografo; con lui Girolamo, giovane apprendista, ha accesso allo studio dei marmi e al camerino di Alfonso d’Este nella sua progressione, prima di trasferirsi a Bologna alla metà degli anni venti e dare inizio alla sua carriera autonoma, sviluppata tra Ferrara e Roma.
2021
978-88-3367-066-9
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