Il saggio di cinema e storia contemporanea riguarda la cinematografia documentaria e il cinema del reale, definendo i limiti tra le due forme cinematografiche e le loro eventuali “contaminazioni” con il cinema di finzione. Al suo interno descrive inoltre l'evoluzione tecnologica del cinema del XX° secolo, soffermandosi sui legami che intercorrono tra le produzioni cinematografiche e i cambiamenti politici avvenuti nei decenni. Partendo dal cinema dei fratelli Lumière si arriva in Italia al liberalismo della svolta industriale nel periodo giolittiano; di seguito si approfondisce il cinema del socialismo sovietico rivoluzionario, l’iniziativa privata del cinema americano, l’identità nazionale europea nella cinematografia documentaria politica, arrivando fino all’identità italiana dei localismi e dei microcosmi dagli anni 50 a fine secolo. Il libro indaga il sottile confine che esiste tra politica e cinema in una dimensione del reale legato, in particolare, ai comparti storici nel corso dei quali i film sono stati prodotti. È un viaggio identitario all'interno del XX° secolo che porta il lettore alla scoperta e alla rivisitazione di forme filmiche che hanno caratterizzato il percorso di alcuni cineasti connessi con l'epoca in cui sono vissuti, riconsegnando oggi mondi perduti. L’analisi riguarda registi noti quali Vertov, Flaherty, Riefenstahl, Ivens o il produttore Grierson. Sono stati cineasti che hanno saputo trarre profitto dalle dinamiche produttive in cui si sono trovati a realizzare i loro film. Dal punto di vista metodologico, pur tenendo conto delle consolidate analisi d’impronta storiografica, nel volume si è cercato di proporre uno sguardo innovativo anche rispetto al versante storiografico, pure attingendo ad analisi d’impianto culturale. I percorsi di questi registi sono stati riscritti, inoltre, grazie a una rimodulazione attenta degli studi dei biografi che, in passato, li hanno raccontati. La ricostruzione si rivolge soprattutto a un lettore attento a ricercare una dimensione storiografica non solo di approfondimento, bensì anche capace di dare luce a nuovi sistemi interpretativi. Il capitolo sul cinema statunitense è particolarmente innovativo come esempio di riscrittura formale e segue il passaggio dal cinema d’avanguardia europeo a quello underground americano, facendo emergere il legame di profonda crisi identitaria che coinvolge le due generazioni di giovani artisti. Tali prodromi daranno inizio alla rivoluzione artistico-culturale che sarà alla base dei movimenti politici e a-politici; questi, a loro volta, daranno seguito all’onda lunga di cambiamento nelle arti di cui il cinema è un esempio chiaro ed evidente. Autori come Mekas, Warhol, Brakhage, Kramer, De Antonio e Wiseman sono il frutto delle trasformazioni avvenute grazie alle idee innovative di cineasti che li hanno preceduti (Watson, Webber, Deren, Harrington, Anger, Meyers, Engel, Rogosin); con le loro opere, gli autori citati hanno generato stilemi cinematografici diversi e autonomi dando forma a dimensioni artistiche differenti tra loro. L’ultimo capitolo è costruito abbracciando un orizzonte storiografico di approfondimento, arricchito da connessioni culturali, base necessaria per indagare l’apporto artistico di registi ascrivibili al clima del cinema “intellettuale” italiano. Sono cineasti per molti versi dimenticati o messi in secondo piano dalle grandi storie del cinema italiano. Si fa riferimento ad autori come Taffarel, De Seta, Pedone, Mangini, Di Gianni. I cineasti segnalati hanno realizzato film ispirati alle “griglie conoscitive” (Mangini) influenzate dalle riflessioni d’intellettuali come De Martino e Pasolini o legate a concetti dogmatici come quello di “giustizia sociale”. Da queste idee sono nati decine di documentari aperti a sguardi prima inesplorati, consegnando un senso definito e di valore al cinema documentario antropomorfico/neorealista italiano della grande estetica fotografica, prima in bianco nero poi policromatica.
Cinema tra contaminazioni del reale e politica
Mirco Melanco
2020
Abstract
Il saggio di cinema e storia contemporanea riguarda la cinematografia documentaria e il cinema del reale, definendo i limiti tra le due forme cinematografiche e le loro eventuali “contaminazioni” con il cinema di finzione. Al suo interno descrive inoltre l'evoluzione tecnologica del cinema del XX° secolo, soffermandosi sui legami che intercorrono tra le produzioni cinematografiche e i cambiamenti politici avvenuti nei decenni. Partendo dal cinema dei fratelli Lumière si arriva in Italia al liberalismo della svolta industriale nel periodo giolittiano; di seguito si approfondisce il cinema del socialismo sovietico rivoluzionario, l’iniziativa privata del cinema americano, l’identità nazionale europea nella cinematografia documentaria politica, arrivando fino all’identità italiana dei localismi e dei microcosmi dagli anni 50 a fine secolo. Il libro indaga il sottile confine che esiste tra politica e cinema in una dimensione del reale legato, in particolare, ai comparti storici nel corso dei quali i film sono stati prodotti. È un viaggio identitario all'interno del XX° secolo che porta il lettore alla scoperta e alla rivisitazione di forme filmiche che hanno caratterizzato il percorso di alcuni cineasti connessi con l'epoca in cui sono vissuti, riconsegnando oggi mondi perduti. L’analisi riguarda registi noti quali Vertov, Flaherty, Riefenstahl, Ivens o il produttore Grierson. Sono stati cineasti che hanno saputo trarre profitto dalle dinamiche produttive in cui si sono trovati a realizzare i loro film. Dal punto di vista metodologico, pur tenendo conto delle consolidate analisi d’impronta storiografica, nel volume si è cercato di proporre uno sguardo innovativo anche rispetto al versante storiografico, pure attingendo ad analisi d’impianto culturale. I percorsi di questi registi sono stati riscritti, inoltre, grazie a una rimodulazione attenta degli studi dei biografi che, in passato, li hanno raccontati. La ricostruzione si rivolge soprattutto a un lettore attento a ricercare una dimensione storiografica non solo di approfondimento, bensì anche capace di dare luce a nuovi sistemi interpretativi. Il capitolo sul cinema statunitense è particolarmente innovativo come esempio di riscrittura formale e segue il passaggio dal cinema d’avanguardia europeo a quello underground americano, facendo emergere il legame di profonda crisi identitaria che coinvolge le due generazioni di giovani artisti. Tali prodromi daranno inizio alla rivoluzione artistico-culturale che sarà alla base dei movimenti politici e a-politici; questi, a loro volta, daranno seguito all’onda lunga di cambiamento nelle arti di cui il cinema è un esempio chiaro ed evidente. Autori come Mekas, Warhol, Brakhage, Kramer, De Antonio e Wiseman sono il frutto delle trasformazioni avvenute grazie alle idee innovative di cineasti che li hanno preceduti (Watson, Webber, Deren, Harrington, Anger, Meyers, Engel, Rogosin); con le loro opere, gli autori citati hanno generato stilemi cinematografici diversi e autonomi dando forma a dimensioni artistiche differenti tra loro. L’ultimo capitolo è costruito abbracciando un orizzonte storiografico di approfondimento, arricchito da connessioni culturali, base necessaria per indagare l’apporto artistico di registi ascrivibili al clima del cinema “intellettuale” italiano. Sono cineasti per molti versi dimenticati o messi in secondo piano dalle grandi storie del cinema italiano. Si fa riferimento ad autori come Taffarel, De Seta, Pedone, Mangini, Di Gianni. I cineasti segnalati hanno realizzato film ispirati alle “griglie conoscitive” (Mangini) influenzate dalle riflessioni d’intellettuali come De Martino e Pasolini o legate a concetti dogmatici come quello di “giustizia sociale”. Da queste idee sono nati decine di documentari aperti a sguardi prima inesplorati, consegnando un senso definito e di valore al cinema documentario antropomorfico/neorealista italiano della grande estetica fotografica, prima in bianco nero poi policromatica.File | Dimensione | Formato | |
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