C’è un grande tema, nella progettazione urbana degli anni duemila: è il recupero delle grandi aree produttive dismesse, e in particolare degli scali ferroviari non più utilizzati per il sistema del trasporto merci. Storicamente le ferrovie sono state concepite per svolgere il servizio viaggiatori e quello delle merci nell’ambito dello stesso impianto. Infatti l’impostazione ottocentesca delle stazioni, che si è mantenuta fino a pochi decenni fa, prevedeva un fabbricato viaggiatori in adiacenza ai binari di circolazione e sosta dei treni per il trasporto di persone e, a poca distanza, un fascio di binari adibiti alle operazioni sui convogli adibiti a quello che, nei manuali di procedura, veniva definito “trasporto delle cose”. Quest’ultimi convogli venivano scomposti e ricomposti, negli scali, a cura dei manovratori, e in fine rispediti per le varie destinazioni. La trasformazione organizzativa di fine Novecento ha portato alla concentrazione dei treni merci (pochi, purtroppo, dato il ben noto squilibrio a favore del trasporto stradale) in appositi centri intermodali e il progressivo abbandono degli scali, presenti pressoché in tutte le stazioni. Questi, ormai inutilizzati, hanno continuato a separare parti di città, generando trascuratezze e sempre più evidenti situazioni di degrado. La consapevolezza di una possibile rigenerazione di quelle aree è stata acquisita, ma solo di recente e da una cerchia ristretta di amministratori. L’idea poi che quei “vuoti” possano costituire il fulcro per la progettazione di nuove aree urbane pulsanti di vita appartiene solo agli amministratori capaci di agire in una prospettiva a medio-lungo termine, di confrontarsi con una molteplicità di soggetti, di aprirsi alle idee innovative di architetti e urbanisti. Con un impegno che, al di là del consenso immediato, sia rivolto al futuro. In questo numero dedicato al tema della trasformazione degli scali ferroviari vengono proposti dopo alcune riflessioni di carattere generale, tese a riaffermare il ruolo strategico che queste aree potrebbero svolgere nella riorganizzazione urbana complessiva, i casi di Milano (l’unica città dove gli amministratori hanno elaborato, d’intesa con le FS, progetti concreti per i sette scali merci dismessi, e ne hanno avviato l’attuazione), una panoramica che abbraccia il Veneto, con un primo piano su Verona, quindi sull’Emilia Romagna e le città di Genova e Napoli, ma anche alcuni casi esemplari stranieri, in Inghilterra, in Francia e Germania.

Scali ferroviari, da infrastrutture di trasporto ad aree urbane

SAVINO M.;BERTOLAZZI A.
2019

Abstract

C’è un grande tema, nella progettazione urbana degli anni duemila: è il recupero delle grandi aree produttive dismesse, e in particolare degli scali ferroviari non più utilizzati per il sistema del trasporto merci. Storicamente le ferrovie sono state concepite per svolgere il servizio viaggiatori e quello delle merci nell’ambito dello stesso impianto. Infatti l’impostazione ottocentesca delle stazioni, che si è mantenuta fino a pochi decenni fa, prevedeva un fabbricato viaggiatori in adiacenza ai binari di circolazione e sosta dei treni per il trasporto di persone e, a poca distanza, un fascio di binari adibiti alle operazioni sui convogli adibiti a quello che, nei manuali di procedura, veniva definito “trasporto delle cose”. Quest’ultimi convogli venivano scomposti e ricomposti, negli scali, a cura dei manovratori, e in fine rispediti per le varie destinazioni. La trasformazione organizzativa di fine Novecento ha portato alla concentrazione dei treni merci (pochi, purtroppo, dato il ben noto squilibrio a favore del trasporto stradale) in appositi centri intermodali e il progressivo abbandono degli scali, presenti pressoché in tutte le stazioni. Questi, ormai inutilizzati, hanno continuato a separare parti di città, generando trascuratezze e sempre più evidenti situazioni di degrado. La consapevolezza di una possibile rigenerazione di quelle aree è stata acquisita, ma solo di recente e da una cerchia ristretta di amministratori. L’idea poi che quei “vuoti” possano costituire il fulcro per la progettazione di nuove aree urbane pulsanti di vita appartiene solo agli amministratori capaci di agire in una prospettiva a medio-lungo termine, di confrontarsi con una molteplicità di soggetti, di aprirsi alle idee innovative di architetti e urbanisti. Con un impegno che, al di là del consenso immediato, sia rivolto al futuro. In questo numero dedicato al tema della trasformazione degli scali ferroviari vengono proposti dopo alcune riflessioni di carattere generale, tese a riaffermare il ruolo strategico che queste aree potrebbero svolgere nella riorganizzazione urbana complessiva, i casi di Milano (l’unica città dove gli amministratori hanno elaborato, d’intesa con le FS, progetti concreti per i sette scali merci dismessi, e ne hanno avviato l’attuazione), una panoramica che abbraccia il Veneto, con un primo piano su Verona, quindi sull’Emilia Romagna e le città di Genova e Napoli, ma anche alcuni casi esemplari stranieri, in Inghilterra, in Francia e Germania.
2019
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