La proposta ermeneutica del volume consiste nel tentativo di indagare l’essenza hegeliana alla luce di Aristotele, dimostrando la vicinanza non soltanto etimologica, ma sostanziale, dei concetti di «Wesen» e «ti en einai». Per quanto il debito hegeliano nei confronti dello Stagirita sia cosa nota, risulta un lavoro estremamente stimolante rintracciare dove, accanto agli apprezzamenti espliciti dello stesso Hegel, l’influenza aristotelica agisca sotterraneamente nei luoghi hegeliani più insospettabili: è appunto il caso della Dottrina dell’essenza, che nella dichiarazione d’intenti di Hegel doveva essere centrata sulle categorie della filosofia moderna. Da dove, allora, Aristotele? Esiste davvero una continuità concettuale tra l’essenza hegeliana e l’‘essenza’ aristotelica? A partire dal dato testuale dell’affinità tra «Wesen» e «ti en einai» e da una controprova diretta offerta dalle Lezioni sulla storia della filosofia, il volume intende rispondere a queste domande, valutando la possibilità di mettere a nudo una ‘ossatura’ aristotelica nella Dottrina dell’essenza. In questo senso, il primo capitolo è un’analisi preliminare di alcuni concetti-chiave dello Stagirita e della conseguente appropriazione hegeliana. Il terreno qui preparato funge da laboratorio concettuale per l’intera ricerca, all’interno di una generale interpretazione del «Wesen» come «dynamis». Seguono due capitoli centrali, in cui è ripensato il rapporto tra essenza ed essere, dedicati rispettivamente alla «Erinnerung» e alla «Reflexion». Proveniente dal «Maßlose» e dall’«Absolute Indifferenz», l’«Erinnerung» sembra avere il ruolo metodologico di raccogliere le fila di una sfera altrimenti destinata al crollo: la Logica si ‘salva’ per quest’atto di «Erinnerung», che è una tappa necessaria dell’autodeterminazione dell’essere stesso; quest’ultimo deve diventare essenza, andando entro sé, tornando al suo passato. Le radici di tale profondità speculativa sono rintracciate nell’assolutizzazione, da parte di Hegel, di alcuni paradigmi classici: da un lato l’«anamnesis» platonica e più in generale la dottrina delle idee, dall’altro il ripensamento del «ti en einai»; tanto l’«anà» quanto l’«en» sembrano infatti alludere ad un passato non veramente tale, che non ha valenza temporale ma chiaramente logico-metafisica. Con la riflessione, chiarendo in maniera rigorosa il significato e la genesi delle due dottrine che scandiscono la Logica oggettiva, l’essenza si struttura davvero com’è «kat’autò», nel calco dell’aristotelico «on e on». In particolare, il terzo capitolo è un’analisi ravvicinata del porre e del presupporre intesi come originale interpretazione hegeliana di alcuni problemi di metafisica classica: all’interno del movimento riflessivo, essere ed essenza possono essere ripensati come «proteron pros hemas» e «proteron te physei», e la loro originaria opposizione trova pace nel nesso reciproco di causa e causato. Nella «Wirklichkeit», cui è dedicato il capitolo conclusivo del volume, s’invera non soltanto la Dottrina dell’essenza, ma l’intera Logica oggettiva; e però questo compimento, specie alla luce di un concetto d’importanza capitale per il sistema quale è quello di «Wirklichkeit» (che qui emerge in modo strutturato nell’ottica di una fondazione ontologica), risulta problematico rispetto all’Idea che ha da venire. Malgrado la «Wirklichkeit» voglia presentarsi come l’interpretazione hegeliana diretta dell’«energeia» di Aristotele, essa non sfugge al destino dell’essenza intera, al suo costituirsi interamente come possibilità – ma possibilità necessaria, come dimostra un serrato confronto con le categorie modali analizzate da Hegel in questa sezione. A partire dall’indagine di questi snodi teoretici, il «Wesen» hegeliano si delinea gradualmente come un’originale rielaborazione del «ti en einai» di Aristotele, nella paradossalità di un costitutivo, necessario tendere dalla potenza all’atto senza poter mai davvero diventare quest’ultimo.

La possibilità necessaria. Aristotele nella Dottrina dell'essenza di Hegel

Alessia Giacone
2017

Abstract

La proposta ermeneutica del volume consiste nel tentativo di indagare l’essenza hegeliana alla luce di Aristotele, dimostrando la vicinanza non soltanto etimologica, ma sostanziale, dei concetti di «Wesen» e «ti en einai». Per quanto il debito hegeliano nei confronti dello Stagirita sia cosa nota, risulta un lavoro estremamente stimolante rintracciare dove, accanto agli apprezzamenti espliciti dello stesso Hegel, l’influenza aristotelica agisca sotterraneamente nei luoghi hegeliani più insospettabili: è appunto il caso della Dottrina dell’essenza, che nella dichiarazione d’intenti di Hegel doveva essere centrata sulle categorie della filosofia moderna. Da dove, allora, Aristotele? Esiste davvero una continuità concettuale tra l’essenza hegeliana e l’‘essenza’ aristotelica? A partire dal dato testuale dell’affinità tra «Wesen» e «ti en einai» e da una controprova diretta offerta dalle Lezioni sulla storia della filosofia, il volume intende rispondere a queste domande, valutando la possibilità di mettere a nudo una ‘ossatura’ aristotelica nella Dottrina dell’essenza. In questo senso, il primo capitolo è un’analisi preliminare di alcuni concetti-chiave dello Stagirita e della conseguente appropriazione hegeliana. Il terreno qui preparato funge da laboratorio concettuale per l’intera ricerca, all’interno di una generale interpretazione del «Wesen» come «dynamis». Seguono due capitoli centrali, in cui è ripensato il rapporto tra essenza ed essere, dedicati rispettivamente alla «Erinnerung» e alla «Reflexion». Proveniente dal «Maßlose» e dall’«Absolute Indifferenz», l’«Erinnerung» sembra avere il ruolo metodologico di raccogliere le fila di una sfera altrimenti destinata al crollo: la Logica si ‘salva’ per quest’atto di «Erinnerung», che è una tappa necessaria dell’autodeterminazione dell’essere stesso; quest’ultimo deve diventare essenza, andando entro sé, tornando al suo passato. Le radici di tale profondità speculativa sono rintracciate nell’assolutizzazione, da parte di Hegel, di alcuni paradigmi classici: da un lato l’«anamnesis» platonica e più in generale la dottrina delle idee, dall’altro il ripensamento del «ti en einai»; tanto l’«anà» quanto l’«en» sembrano infatti alludere ad un passato non veramente tale, che non ha valenza temporale ma chiaramente logico-metafisica. Con la riflessione, chiarendo in maniera rigorosa il significato e la genesi delle due dottrine che scandiscono la Logica oggettiva, l’essenza si struttura davvero com’è «kat’autò», nel calco dell’aristotelico «on e on». In particolare, il terzo capitolo è un’analisi ravvicinata del porre e del presupporre intesi come originale interpretazione hegeliana di alcuni problemi di metafisica classica: all’interno del movimento riflessivo, essere ed essenza possono essere ripensati come «proteron pros hemas» e «proteron te physei», e la loro originaria opposizione trova pace nel nesso reciproco di causa e causato. Nella «Wirklichkeit», cui è dedicato il capitolo conclusivo del volume, s’invera non soltanto la Dottrina dell’essenza, ma l’intera Logica oggettiva; e però questo compimento, specie alla luce di un concetto d’importanza capitale per il sistema quale è quello di «Wirklichkeit» (che qui emerge in modo strutturato nell’ottica di una fondazione ontologica), risulta problematico rispetto all’Idea che ha da venire. Malgrado la «Wirklichkeit» voglia presentarsi come l’interpretazione hegeliana diretta dell’«energeia» di Aristotele, essa non sfugge al destino dell’essenza intera, al suo costituirsi interamente come possibilità – ma possibilità necessaria, come dimostra un serrato confronto con le categorie modali analizzate da Hegel in questa sezione. A partire dall’indagine di questi snodi teoretici, il «Wesen» hegeliano si delinea gradualmente come un’originale rielaborazione del «ti en einai» di Aristotele, nella paradossalità di un costitutivo, necessario tendere dalla potenza all’atto senza poter mai davvero diventare quest’ultimo.
2017
978-88-9314-118-5
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