Nel 1924 è fondata a Padova la «Scuola di Scienze Politiche e Sociali», sorta come tentativo di creare l’ideale facoltà fascista del regime. Sebbene il regolamento della Facoltà di Giurisprudenza del 1875 prevedeva già la possibilità di creare dei corsi speciali per lo studio delle scienze politiche, è solamente all’indomani della riforma Gentile che viene fondata la Scuola di Padova, la prima in tutta Italia ad essere istituita nelle Università statali, in contemporanea a quelle di Roma e Pavia. Nonostante il progetto della creazione di un luogo specifico per le scienze politiche si venga a concretizzare, dunque, durante gli anni del fascismo, il progetto originario era stato maturato nel periodo liberale. L’idea cardine era quella di dotare il neonato Stato nazionale accentrato e i suoi apparati burocratici di un personale adeguatamente formato ed efficiente. Problema cardine, dunque, è quello di differenziare – anche attraverso studi adeguati – la politica dal diritto; la sfera giuridica da quella politico-amministrativa, per adeguare lo Stato alle nuove esigenze della società. Il lungo dibattito scaturito sin dall’inizio dell’Ottocento sull’istituzione delle scuole di scienze politiche trova la sua conclusione con la riforma Gentile. La Prima guerra mondiale, e l’accesa polemica sulla crisi del regime parlamentare che l’aveva anticipata, dimostra l’importanza della politica e l’esigenza di fornire a tale materia una riconosciuta autonomia anche accademica. È proprio Alfredo Rocco, dal 1910 al 1925 membro del corpo docente della Facoltà di Giurisprudenza di Padova, a sostenere fortemente la creazione di una scuola di scienze politiche anche all’interno dell’Ateneo patavino. Nel 1923 Rocco, eletto dal 1921 nelle fila dei nazionalisti come deputato al Parlamento, si adopera in prima persona nel progetto di fondazione della scuola, per la quale ricerca ed ottiene i finanziamenti. A fianco di Rocco, altri docenti sostenitori dell’iniziativa sono lo statistico Corrado Gini e Donato Donati, futuro primo direttore della Scuola. Oltre al dibattito che ne ha anticipato la costituzione, svoltosi sia in sede governativa che all’interno del corpo docente patavino, si sottolineano i caratteri innovativi propri della Scuola, in particolar modo approfondendo l’analisi sulle materie di studio previste. Primari fruitori della Scuola, nell’ottica degli ideatori, sarebbero stati i futuri diplomatici e funzionari da inviare nei possedimenti coloniali. Che corsi di studio, dunque, vengono loro impartiti? E questi esistevano già in altre Facoltà oppure erano peculiari della proposta didattica offerta dall’Ateneo patavino? Dalla ricerca emerge un programma ch inizialmente ha delle peculiarità culturali ben precise, volte a formare laureati che sapessero spaziare dal diritto, all’economia, alla statistica e che soprattutto fossero ferrati nelle discipline storiche. Successivamente i programmi si sarebbero fortemente connotati delle direttive ideologiche del fascismo, nei suoi tratti razzistici, demografici, coloniali, imperiali. Per delineare questo tragitto si sono ricostruiti, dunque, i programmi dei corsi, e i profili biografici e scientifici degli studiosi che hanno partecipato alla vita della Scuola. Significativo il ritrovamento dei temi delle conferenze che i docenti della Facoltà tenevano a latere dei loro corsi, su tematiche spiccatamente fasciste, anche con corsi di perfezionamento rivolti ai segretari delle Provincie e dei Comuni e ai dipendenti dei consorzi di bonifica, iniziative che ed attiravano a Padova funzionari da tutta Italia. Nel 1933 la Scuola è trasformata in Facoltà; decisione che segue di un anno la nomina a rettore di Carlo Anti e l’avvio del processo di fascistizzazione dell’ateneo patavino. Qui la ricerca della vita interna all’istituzione si intreccia con i momenti salienti che hanno caratterizzato la storia d’Italia: in particolare la promulgazione delle leggi razziali, che causano l’allontanamento dall’Ateneo del preside di Scienze Politiche Donati, e la Seconda guerra mondiale, vissuta all’interno dell’Università di Padova, unica Università italiana medaglia d’oro al valor militare. Come ha reagito l’ambiente della Facoltà di Scienze Politiche in tali frangenti? Lo studio attraversa, infine, il crollo del regime fascista, il funzionamento della Facoltà durante la Repubblica sociale italiana, la Resistenza e giunge fino al 1945. Fermo restando l’ambito universitario, una parte importante delle pagine riguarda l’analisi del profilo degli studenti, al fine di far emergere le variazioni del numero di iscritti nel corso degli anni, la loro partecipazione alla vita pubblica e politica e gli sbocchi professionali proposti ai laureati. Il volume vuol essere un’occasione per riflettere sulle finalità iniziali della Facoltà, la quale doveva fornire un limitato numero di personale altamente specializzato nella gestione dell’amministrazione pubblica e privata, e il suo evolversi nell’Italia democratica, all’indomani dell’introduzione negli studi italiani delle scienze sociali.

Fascismo in cattedra. La facoltà di scienze politiche di Padova dalle origini alla liberazione (1924-1945)

SIMONE, GIULIA
2015

Abstract

Nel 1924 è fondata a Padova la «Scuola di Scienze Politiche e Sociali», sorta come tentativo di creare l’ideale facoltà fascista del regime. Sebbene il regolamento della Facoltà di Giurisprudenza del 1875 prevedeva già la possibilità di creare dei corsi speciali per lo studio delle scienze politiche, è solamente all’indomani della riforma Gentile che viene fondata la Scuola di Padova, la prima in tutta Italia ad essere istituita nelle Università statali, in contemporanea a quelle di Roma e Pavia. Nonostante il progetto della creazione di un luogo specifico per le scienze politiche si venga a concretizzare, dunque, durante gli anni del fascismo, il progetto originario era stato maturato nel periodo liberale. L’idea cardine era quella di dotare il neonato Stato nazionale accentrato e i suoi apparati burocratici di un personale adeguatamente formato ed efficiente. Problema cardine, dunque, è quello di differenziare – anche attraverso studi adeguati – la politica dal diritto; la sfera giuridica da quella politico-amministrativa, per adeguare lo Stato alle nuove esigenze della società. Il lungo dibattito scaturito sin dall’inizio dell’Ottocento sull’istituzione delle scuole di scienze politiche trova la sua conclusione con la riforma Gentile. La Prima guerra mondiale, e l’accesa polemica sulla crisi del regime parlamentare che l’aveva anticipata, dimostra l’importanza della politica e l’esigenza di fornire a tale materia una riconosciuta autonomia anche accademica. È proprio Alfredo Rocco, dal 1910 al 1925 membro del corpo docente della Facoltà di Giurisprudenza di Padova, a sostenere fortemente la creazione di una scuola di scienze politiche anche all’interno dell’Ateneo patavino. Nel 1923 Rocco, eletto dal 1921 nelle fila dei nazionalisti come deputato al Parlamento, si adopera in prima persona nel progetto di fondazione della scuola, per la quale ricerca ed ottiene i finanziamenti. A fianco di Rocco, altri docenti sostenitori dell’iniziativa sono lo statistico Corrado Gini e Donato Donati, futuro primo direttore della Scuola. Oltre al dibattito che ne ha anticipato la costituzione, svoltosi sia in sede governativa che all’interno del corpo docente patavino, si sottolineano i caratteri innovativi propri della Scuola, in particolar modo approfondendo l’analisi sulle materie di studio previste. Primari fruitori della Scuola, nell’ottica degli ideatori, sarebbero stati i futuri diplomatici e funzionari da inviare nei possedimenti coloniali. Che corsi di studio, dunque, vengono loro impartiti? E questi esistevano già in altre Facoltà oppure erano peculiari della proposta didattica offerta dall’Ateneo patavino? Dalla ricerca emerge un programma ch inizialmente ha delle peculiarità culturali ben precise, volte a formare laureati che sapessero spaziare dal diritto, all’economia, alla statistica e che soprattutto fossero ferrati nelle discipline storiche. Successivamente i programmi si sarebbero fortemente connotati delle direttive ideologiche del fascismo, nei suoi tratti razzistici, demografici, coloniali, imperiali. Per delineare questo tragitto si sono ricostruiti, dunque, i programmi dei corsi, e i profili biografici e scientifici degli studiosi che hanno partecipato alla vita della Scuola. Significativo il ritrovamento dei temi delle conferenze che i docenti della Facoltà tenevano a latere dei loro corsi, su tematiche spiccatamente fasciste, anche con corsi di perfezionamento rivolti ai segretari delle Provincie e dei Comuni e ai dipendenti dei consorzi di bonifica, iniziative che ed attiravano a Padova funzionari da tutta Italia. Nel 1933 la Scuola è trasformata in Facoltà; decisione che segue di un anno la nomina a rettore di Carlo Anti e l’avvio del processo di fascistizzazione dell’ateneo patavino. Qui la ricerca della vita interna all’istituzione si intreccia con i momenti salienti che hanno caratterizzato la storia d’Italia: in particolare la promulgazione delle leggi razziali, che causano l’allontanamento dall’Ateneo del preside di Scienze Politiche Donati, e la Seconda guerra mondiale, vissuta all’interno dell’Università di Padova, unica Università italiana medaglia d’oro al valor militare. Come ha reagito l’ambiente della Facoltà di Scienze Politiche in tali frangenti? Lo studio attraversa, infine, il crollo del regime fascista, il funzionamento della Facoltà durante la Repubblica sociale italiana, la Resistenza e giunge fino al 1945. Fermo restando l’ambito universitario, una parte importante delle pagine riguarda l’analisi del profilo degli studenti, al fine di far emergere le variazioni del numero di iscritti nel corso degli anni, la loro partecipazione alla vita pubblica e politica e gli sbocchi professionali proposti ai laureati. Il volume vuol essere un’occasione per riflettere sulle finalità iniziali della Facoltà, la quale doveva fornire un limitato numero di personale altamente specializzato nella gestione dell’amministrazione pubblica e privata, e il suo evolversi nell’Italia democratica, all’indomani dell’introduzione negli studi italiani delle scienze sociali.
2015
978-88-6938-028-0
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