Le politiche per la formazione costituiscono un aspetto cruciale delle politiche di sviluppo locale, soprattutto nel delicato momento di transizione verso un’economia e una società della conoscenza, in cui occorre accompagnare la trasformazione dei sistemi produttivi locali tradizionali, di tipo distrettuale e manifatturiero, in “sistemi locali dell’innovazione”. Indagare sulle politiche per la formazione continua dei lavoratori diventa quindi di particolare interesse per analizzare i processi e le pratiche reali dell’innovazione in una visione integrata del policy making per lo sviluppo di un territorio. Date queste premesse, la ricerca presentata in questo volume è stata articolata a partire dai seguenti quesiti della ricerca: - Come si pongono gli attori strategici dello sviluppo locale del territorio rispetto alla formazione continua del capitale umano? - Quali bisogni formativi vengono rilevati (se si rilevano e da chi)? - Qual è l’offerta formativa prevalente e quali sono le fonti di finanziamento? - Quali sono le forme prevalenti di valutazione della formazione? - Quali prospettive per la formazione continua come fattore di sviluppo locale/glocale? In altre parole, le politiche per la formazione continua oggi hanno effettivamente le caratteristiche proprie di politiche per lo sviluppo locale? La ricerca, focalizzata sul caso del Veneto, mostra il prevalere di una politica della formazione ancora orientata essenzialmente all’offerta, con tutte le caratteristiche tipiche di una politica distributiva, in cui la dinamica rilevata del sistema concreto di azione del policy making può essere così sintetizzata:- a) la Regione distribuisce fondi agli Enti di formazione esistenti, secondo il criterio della spesa storica, in relazione al loro peso politico e alla loro capacità di lobbying e agli esiti della valutazione amministrativa; b) gli Enti di formazione “dipendono dalle risorse” erogate dalla Regione e adeguano di conseguenza l’offerta formativa; c) le associazioni di categoria hanno convenienza ad assecondare il gioco, perché in questo modo possono offrire formazione semi-gratuita ai loro associati, che spesso non la chiedono; d) nessuno fa analisi dei bisogni formativi, l’offerta è tendenzialmente autoreferenziale e di conseguenza il gap fra domanda e offerta è destinato ad aumentare. A queste condizioni le politiche per la formazione restano, quindi, molto lontane dalla necessità di produrre innovazione sia cognitiva (individuale) sia, tanto meno, organizzativa (collettiva). In questo stesso scenario, i pochi elementi innovativi riscontrati dalla ricerca sembrano arrivare dai Fondi interprofessionali, gli unici strumenti oggi, nell’ambito della formazione continua, in grado di tematizzare la formazione e la conoscenza come “bene comune". La ricerca mostra infatti come stia crescendo il peso attribuito ai Fondi interprofessionali, rispetto alle altre forme di finanziamento per la formazione dei lavoratori, probabilmente perché essi sembrano rispondere in modo più adeguato all’esigenza di co-progettare contenuti e metodi dell’offerta formativa insieme alla domanda formativa espressa dai lavoratori e dalle imprese, seguendo le forme della regolazione comunitaria tra le Parti Sociali.

Formare per tras-formare. La formazione continua come bene comune per lo sviluppo locale

MESSINA, PATRIZIA
2012

Abstract

Le politiche per la formazione costituiscono un aspetto cruciale delle politiche di sviluppo locale, soprattutto nel delicato momento di transizione verso un’economia e una società della conoscenza, in cui occorre accompagnare la trasformazione dei sistemi produttivi locali tradizionali, di tipo distrettuale e manifatturiero, in “sistemi locali dell’innovazione”. Indagare sulle politiche per la formazione continua dei lavoratori diventa quindi di particolare interesse per analizzare i processi e le pratiche reali dell’innovazione in una visione integrata del policy making per lo sviluppo di un territorio. Date queste premesse, la ricerca presentata in questo volume è stata articolata a partire dai seguenti quesiti della ricerca: - Come si pongono gli attori strategici dello sviluppo locale del territorio rispetto alla formazione continua del capitale umano? - Quali bisogni formativi vengono rilevati (se si rilevano e da chi)? - Qual è l’offerta formativa prevalente e quali sono le fonti di finanziamento? - Quali sono le forme prevalenti di valutazione della formazione? - Quali prospettive per la formazione continua come fattore di sviluppo locale/glocale? In altre parole, le politiche per la formazione continua oggi hanno effettivamente le caratteristiche proprie di politiche per lo sviluppo locale? La ricerca, focalizzata sul caso del Veneto, mostra il prevalere di una politica della formazione ancora orientata essenzialmente all’offerta, con tutte le caratteristiche tipiche di una politica distributiva, in cui la dinamica rilevata del sistema concreto di azione del policy making può essere così sintetizzata:- a) la Regione distribuisce fondi agli Enti di formazione esistenti, secondo il criterio della spesa storica, in relazione al loro peso politico e alla loro capacità di lobbying e agli esiti della valutazione amministrativa; b) gli Enti di formazione “dipendono dalle risorse” erogate dalla Regione e adeguano di conseguenza l’offerta formativa; c) le associazioni di categoria hanno convenienza ad assecondare il gioco, perché in questo modo possono offrire formazione semi-gratuita ai loro associati, che spesso non la chiedono; d) nessuno fa analisi dei bisogni formativi, l’offerta è tendenzialmente autoreferenziale e di conseguenza il gap fra domanda e offerta è destinato ad aumentare. A queste condizioni le politiche per la formazione restano, quindi, molto lontane dalla necessità di produrre innovazione sia cognitiva (individuale) sia, tanto meno, organizzativa (collettiva). In questo stesso scenario, i pochi elementi innovativi riscontrati dalla ricerca sembrano arrivare dai Fondi interprofessionali, gli unici strumenti oggi, nell’ambito della formazione continua, in grado di tematizzare la formazione e la conoscenza come “bene comune". La ricerca mostra infatti come stia crescendo il peso attribuito ai Fondi interprofessionali, rispetto alle altre forme di finanziamento per la formazione dei lavoratori, probabilmente perché essi sembrano rispondere in modo più adeguato all’esigenza di co-progettare contenuti e metodi dell’offerta formativa insieme alla domanda formativa espressa dai lavoratori e dalle imprese, seguendo le forme della regolazione comunitaria tra le Parti Sociali.
2012
9788897385233
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