Il libro approfondisce lo studio dei due strumenti pretori a sanzione del dolo in ogni campo del diritto romano, l’exceptio doli e l’actio de dolo malo, i quali vennero utilizzati, probabilmente fin dal loro sorgere, non solo contro il raggiro negoziale, bensì contro qualunque comportamento dannoso contrario alla buona fede che non fosse sanzionato in altro modo. Per quanto riguarda l’exceptio doli non vi sono dubbi che con essa, nella versione al presente, il convenuto potesse contrastare ogni forma di abuso che l’attore commettesse per il fatto stesso di agire in giudizio: molto spesso il dolo contestato era in re ipsa, risultava cioè dai fatti della causa e si prescindeva dalla prova dell’intenzionalità dell’attore. Questo vale anche per le applicazioni attuali dell’eccezione di dolo generale, in particolare nella materia del contratto autonomo di garanzia, ove l’applicazione del principio di buona fede risulta affievolita, dato il regime particolarmente rigoroso da cui è governato (capitolo I e II). Anche in tema di actio de dolo malo molteplici sono le fattispecie applicative in cui è assente qualunque intenzione di raggirare: nel libro vengono analizzati gli utilizzi a tutela degli accordi privi di tutela contrattuale (capitolo IV), a sanzione della lesione del credito da parte di terzi e come risarcimento per l’estinzione del diritto di usufrutto conseguente a mutatio rei operata dal proprietario (capitolo V). Viene inoltre approfondito il criterio della sussidiarietà, con l’analisi della concreta fattispecie esemplificativa riportata in D. 4,3,7,3 (capitolo III). Per concludere si ribadisce come l’istituto del dolo nella storia non sia stato sempre connotato dall’elemento dell’intenzionalità e come anche nel nostro ordinamento l’essenza del dolo, inteso come raggiro che rileva nel traffico commerciale, sia in ogni caso quella di illecito, che può anche essere colposo (capitolo VI).

Dolo generale e regole di correttezza

LAMBRINI, PAOLA
2010

Abstract

Il libro approfondisce lo studio dei due strumenti pretori a sanzione del dolo in ogni campo del diritto romano, l’exceptio doli e l’actio de dolo malo, i quali vennero utilizzati, probabilmente fin dal loro sorgere, non solo contro il raggiro negoziale, bensì contro qualunque comportamento dannoso contrario alla buona fede che non fosse sanzionato in altro modo. Per quanto riguarda l’exceptio doli non vi sono dubbi che con essa, nella versione al presente, il convenuto potesse contrastare ogni forma di abuso che l’attore commettesse per il fatto stesso di agire in giudizio: molto spesso il dolo contestato era in re ipsa, risultava cioè dai fatti della causa e si prescindeva dalla prova dell’intenzionalità dell’attore. Questo vale anche per le applicazioni attuali dell’eccezione di dolo generale, in particolare nella materia del contratto autonomo di garanzia, ove l’applicazione del principio di buona fede risulta affievolita, dato il regime particolarmente rigoroso da cui è governato (capitolo I e II). Anche in tema di actio de dolo malo molteplici sono le fattispecie applicative in cui è assente qualunque intenzione di raggirare: nel libro vengono analizzati gli utilizzi a tutela degli accordi privi di tutela contrattuale (capitolo IV), a sanzione della lesione del credito da parte di terzi e come risarcimento per l’estinzione del diritto di usufrutto conseguente a mutatio rei operata dal proprietario (capitolo V). Viene inoltre approfondito il criterio della sussidiarietà, con l’analisi della concreta fattispecie esemplificativa riportata in D. 4,3,7,3 (capitolo III). Per concludere si ribadisce come l’istituto del dolo nella storia non sia stato sempre connotato dall’elemento dell’intenzionalità e come anche nel nostro ordinamento l’essenza del dolo, inteso come raggiro che rileva nel traffico commerciale, sia in ogni caso quella di illecito, che può anche essere colposo (capitolo VI).
2010
9788813309619
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