Gli eventi politici che nell'ultimo decennio hanno segnato l'assetto internazionale, hanno reso evidente che il rispetto dei diritti umani di uomini e donne deve essere oggetto di particolare protezione soprattutto in quelle realtà che sperimentano situazioni di guerra. Nelle aree attraversate dai conflitti il diritto umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani vengono sistematicamente ignorati, con conseguenze che colpiscono soprattutto la condizione della fasce più deboli della popolazione civile: donne, minori, anziani e disabili. La rinnovata attenzione al nesso tra crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e violenza contro le donne può essere ricondotta al dibattito che, a partire dagli inizi anni’80, ha interessato sia le organizzazioni nongovernative di donne, sia la comunità internazionale nell’ambito delle strategie delle Nazioni Unite per l’avanzamento della condizione della donna. Per recuperare le origini di questo dibattito è utile risalire al 1975, proclamato dalle Nazioni Unite Anno internazionale delle donne. Gli obiettivi fissati in occasione dell'Anno internazionale guardavano alla possibilità di costruire una società in cui le donne potessero partecipare in modo pieno alla vita economica, sociale e politica del loro paese. Già nel dibattito femminista di quegli anni, la tematica della violenza di genere non poteva costituire oggetto di indagine separata rispetto alla condizione sociale complessiva della donna. La critica sviluppata dai movimenti delle donne anzi tendeva a sottolineare il nesso fondamentale tra la strutturale debolezza economica del soggetto femminile e la sua maggior esposizione al rischio di abusi di vario tipo, tra cui quelli di natura sessuale I temi proposti per il Decennio vertevano attorno al trinomio eguaglianza - sviluppo - pace. L’eguaglianza, lo sviluppo e la pace rivestivano peraltro già da tempo un ruolo di primo piano nello sviluppo del dibattito femminista internazionale in quanto incrociavano una serie di problematiche che si erano imposte all’attenzione pubblica, sia nel mondo occidentale, sia in quei paesi che all’epoca si erano da poco emancipati da forme di dominazione di impostazione coloniale. Se il nodo dell'eguaglianza ripropone la questione delle discriminazioni e delle logiche della tutela e della parità in termini di politiche del diritto, fino al dibattito successivo sulle pari opportunità, la questione dello sviluppo rimanda ad una progettualità di respiro più largo, che attraversa in quel periodo non solo il mondo femminile, ma più in generale le arene internazionali, in virtù del ruolo politico che un numero consistente di paesi in via di sviluppo andava progressivamente acquisendo. La pace si connette direttamente al tema dello sviluppo, in quanto intesa come costruzione di quelle condizione che possono garantire la giustizia economica e sociale, l'eguaglianza, e il godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali all'interno di tutte le società. Gli anni '90 coincidono dunque con una forte reimpostazione del discorso complessivo sui diritti umani delle donne e in particolare sul problema della violenza, questione che ha trovato spazio anche negli strumenti normativi di carattere penale. Gli sviluppi più recenti in materia di giustiziabilità dei diritti umani delle donne sono infatti ascrivibili al recente processo di armonizzazione e di progressivo affinamento degli strumenti offerti dal diritto penale internazionale e dal diritto internazionale umanitario nelle situazioni di conflitto armato. In altri termini, il riconoscimento della questione della violenza contro la donna come questione in talune circostanze rilevante anche sul piano penale internazionale, segna un momento di svolta, non solo dal punto di vista dell'appartenenza dei diritti delle donne al discorso complessivo sui diritti umani, ma anche sotto il profilo del perfezionamento degli strumenti preposti a dare effettività alle stesse disposizioni del diritto internazionale dei diritti umani in quanto le norme previste dall'ordinamento penalistico internazionale come da quello umanitario sanzionano condotte lesive dei diritti fondamentali della persona umana riconosciuti meritevoli di tutela dalla comunità internazionale. Le atrocità commesse contro le donne costituiscono un problema globale che si ripropone quotidianamente in ogni paese del mondo anche laddove le legislazioni proteggono, almeno sul piano formale, le vittime di questi abusi. A questo proposito diviene quasi naturale pensare che una presenza femminile significativa nelle arene decisionali, come da più parti si auspica, potrebbe modificare in termini sostanziali lo stato delle cose. Ma, al di là problema dell'esiguità della presenza femminile nei processi di policy-making e di policy-decision, rispetto al tema della violenza si pone con urgenza la necessità di definire una serie di programmi che abbiano la capacità di intervenire sulle cause e sull'impatto di tale fenomeno a livello sociale. Nel valutare questa emergenza di carattere internazionale, va tenuto conto che guardare ai problemi di un gruppo che presenta caratteristiche di vulnerabilità maggiori rispetto ad altri significa promuovere una sensibilità diversa anche in chi non è personalmente coinvolto. Per questa ragione, pensare a delle politiche efficaci nella lotta alla violenza, significa anche concepire degli interventi che siano in grado di fornire delle alternative concrete ad un modello maschile che trae forza e identità proprio dal poter abusare liberamente del corpo delle donne, sia in tempo di guerra che di pace.

Donne, diritti umani e conflitti armati. La questione della violenza nell'agenda della comunità internazionale

DEGANI, PAOLA
2000

Abstract

Gli eventi politici che nell'ultimo decennio hanno segnato l'assetto internazionale, hanno reso evidente che il rispetto dei diritti umani di uomini e donne deve essere oggetto di particolare protezione soprattutto in quelle realtà che sperimentano situazioni di guerra. Nelle aree attraversate dai conflitti il diritto umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani vengono sistematicamente ignorati, con conseguenze che colpiscono soprattutto la condizione della fasce più deboli della popolazione civile: donne, minori, anziani e disabili. La rinnovata attenzione al nesso tra crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e violenza contro le donne può essere ricondotta al dibattito che, a partire dagli inizi anni’80, ha interessato sia le organizzazioni nongovernative di donne, sia la comunità internazionale nell’ambito delle strategie delle Nazioni Unite per l’avanzamento della condizione della donna. Per recuperare le origini di questo dibattito è utile risalire al 1975, proclamato dalle Nazioni Unite Anno internazionale delle donne. Gli obiettivi fissati in occasione dell'Anno internazionale guardavano alla possibilità di costruire una società in cui le donne potessero partecipare in modo pieno alla vita economica, sociale e politica del loro paese. Già nel dibattito femminista di quegli anni, la tematica della violenza di genere non poteva costituire oggetto di indagine separata rispetto alla condizione sociale complessiva della donna. La critica sviluppata dai movimenti delle donne anzi tendeva a sottolineare il nesso fondamentale tra la strutturale debolezza economica del soggetto femminile e la sua maggior esposizione al rischio di abusi di vario tipo, tra cui quelli di natura sessuale I temi proposti per il Decennio vertevano attorno al trinomio eguaglianza - sviluppo - pace. L’eguaglianza, lo sviluppo e la pace rivestivano peraltro già da tempo un ruolo di primo piano nello sviluppo del dibattito femminista internazionale in quanto incrociavano una serie di problematiche che si erano imposte all’attenzione pubblica, sia nel mondo occidentale, sia in quei paesi che all’epoca si erano da poco emancipati da forme di dominazione di impostazione coloniale. Se il nodo dell'eguaglianza ripropone la questione delle discriminazioni e delle logiche della tutela e della parità in termini di politiche del diritto, fino al dibattito successivo sulle pari opportunità, la questione dello sviluppo rimanda ad una progettualità di respiro più largo, che attraversa in quel periodo non solo il mondo femminile, ma più in generale le arene internazionali, in virtù del ruolo politico che un numero consistente di paesi in via di sviluppo andava progressivamente acquisendo. La pace si connette direttamente al tema dello sviluppo, in quanto intesa come costruzione di quelle condizione che possono garantire la giustizia economica e sociale, l'eguaglianza, e il godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali all'interno di tutte le società. Gli anni '90 coincidono dunque con una forte reimpostazione del discorso complessivo sui diritti umani delle donne e in particolare sul problema della violenza, questione che ha trovato spazio anche negli strumenti normativi di carattere penale. Gli sviluppi più recenti in materia di giustiziabilità dei diritti umani delle donne sono infatti ascrivibili al recente processo di armonizzazione e di progressivo affinamento degli strumenti offerti dal diritto penale internazionale e dal diritto internazionale umanitario nelle situazioni di conflitto armato. In altri termini, il riconoscimento della questione della violenza contro la donna come questione in talune circostanze rilevante anche sul piano penale internazionale, segna un momento di svolta, non solo dal punto di vista dell'appartenenza dei diritti delle donne al discorso complessivo sui diritti umani, ma anche sotto il profilo del perfezionamento degli strumenti preposti a dare effettività alle stesse disposizioni del diritto internazionale dei diritti umani in quanto le norme previste dall'ordinamento penalistico internazionale come da quello umanitario sanzionano condotte lesive dei diritti fondamentali della persona umana riconosciuti meritevoli di tutela dalla comunità internazionale. Le atrocità commesse contro le donne costituiscono un problema globale che si ripropone quotidianamente in ogni paese del mondo anche laddove le legislazioni proteggono, almeno sul piano formale, le vittime di questi abusi. A questo proposito diviene quasi naturale pensare che una presenza femminile significativa nelle arene decisionali, come da più parti si auspica, potrebbe modificare in termini sostanziali lo stato delle cose. Ma, al di là problema dell'esiguità della presenza femminile nei processi di policy-making e di policy-decision, rispetto al tema della violenza si pone con urgenza la necessità di definire una serie di programmi che abbiano la capacità di intervenire sulle cause e sull'impatto di tale fenomeno a livello sociale. Nel valutare questa emergenza di carattere internazionale, va tenuto conto che guardare ai problemi di un gruppo che presenta caratteristiche di vulnerabilità maggiori rispetto ad altri significa promuovere una sensibilità diversa anche in chi non è personalmente coinvolto. Per questa ragione, pensare a delle politiche efficaci nella lotta alla violenza, significa anche concepire degli interventi che siano in grado di fornire delle alternative concrete ad un modello maschile che trae forza e identità proprio dal poter abusare liberamente del corpo delle donne, sia in tempo di guerra che di pace.
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