L’ipotesi di lavoro, da cui muove l’opera, è la configurabilità di un “sistema”, sia pur in nuce, di diritto punitivo sovranazionale, al quale riconducono – su piani distinti, ma intimamente connessi – un diritto penale sovranazionale, diretto nei confronti degli individui, e un diritto internazionale criminale, che disciplina la responsabilità statale per crimini internazionali. Si tratta di un sistema “ibrido”, siccome derivante dall’interazione – in un contesto istituzionale e ordinamentale in continua evoluzione – del diritto internazionale con i diritti penali nazionali, che si è andato formando, attraverso un lungo periodo storico, grazie soprattutto al contributo della giurisprudenza, specie dei tribunali internazionali, fino alla recente adozione dello Statuto della Corte penale internazionale. La disamina della “parte speciale” del diritto punitivo sovranazionale – cioè dei core crimes (crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e aggressione), che, a partire dal XIX secolo, hanno trovato positiva previsione in strumenti internazionali (convenzioni, statuti di tribunali internazionali, ecc.) – svela il tratto distintivo dei crimini internazionali, ossia l’offesa di un interesse della Comunità internazionale nel suo complesso, e non solo di un interesse comune a più Stati (treaty crimes, come, per es., il traffico internazionale di stupefacenti), che giustifica l’istanza punitiva ultrastatuale e un regime speciale (per es., esclusione dell’esimente dell’ordine del superiore gerarchico). Si delinea, per tal modo, il bene giuridico protetto dai crimini internazionali, fondamento e limite del diritto punitivo sovranazionale, ossia un nucleo ristretto di valori (diritti: alla vita e alla sicurezza, prima di ogni altro) dei quali può predicarsi l’universalità e che perciò formano la costituzione materiale della Comunità internazionale. Sul piano della fattispecie incriminatrice, il cennato carattere di internazionalità si concretizza nel context element, che assume pertanto un ruolo centrale nella ricostruzione dogmatica del crimine internazionale e che, per un verso, implica quel pesante coinvolgimento dell’apparato statale che determina una responsabilità – per l’appunto – anche dello Stato, con conseguente risposta sanzionatoria plurilivello, reciprocamente autonoma, seppur ontologicamente correlata; per altro verso, richiede l’enucleazione di criteri normativi di speciali criteri normativi di ascrizione del fatto al soggetto. Per il resto, la teoria del reato internazionale si avvale oggi dell’apporto dello Statuto della Corte penale internazionale, che ha rappresentato una svolta epocale nel processo di emersione del diritto penale sovranazionale, in quanto, per la prima volta, offre una codificazione, benché ancora parziale, dei principi e delle regole che ne costituiscono la “parte generale”, i quali sono il prodotto, per il tramite del formante giurisprudenziale, da un lato, dell’internazionalizzazione delle categorie tipiche del diritto penale, dall’altro, della sintesi tra le regole dei sistemi penali di civil law e di common law – tra questi, valore paradigmatico, dato anche il peculiare sistema delle fonti dell’ordinamento internazionale, assume il principio di legalità, enunciato all’art. 22. Considerazione a parte merita il tema della sanzione in ambito sovranazionale, che non può prescindere dalla considerazione del ruolo che possono svolgere i processi di riconciliazione, i quali coniugano l’irrinunciabile istanza di ricerca della verità con l’obiettivo di ristabilire, sollecitando un’ulteriore riflessione sulle finalità tradizionali della pena. Sotto altro, ma connesso profilo, l’istituzione di una Corte penale internazionale risponde (recte: dovrebbe rispondere) finalmente all’esigenza di una giustizia effettiva ed imparziale.
Diritto punitivo sovranazionale come sistema
BORSARI, RICCARDO
2007
Abstract
L’ipotesi di lavoro, da cui muove l’opera, è la configurabilità di un “sistema”, sia pur in nuce, di diritto punitivo sovranazionale, al quale riconducono – su piani distinti, ma intimamente connessi – un diritto penale sovranazionale, diretto nei confronti degli individui, e un diritto internazionale criminale, che disciplina la responsabilità statale per crimini internazionali. Si tratta di un sistema “ibrido”, siccome derivante dall’interazione – in un contesto istituzionale e ordinamentale in continua evoluzione – del diritto internazionale con i diritti penali nazionali, che si è andato formando, attraverso un lungo periodo storico, grazie soprattutto al contributo della giurisprudenza, specie dei tribunali internazionali, fino alla recente adozione dello Statuto della Corte penale internazionale. La disamina della “parte speciale” del diritto punitivo sovranazionale – cioè dei core crimes (crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e aggressione), che, a partire dal XIX secolo, hanno trovato positiva previsione in strumenti internazionali (convenzioni, statuti di tribunali internazionali, ecc.) – svela il tratto distintivo dei crimini internazionali, ossia l’offesa di un interesse della Comunità internazionale nel suo complesso, e non solo di un interesse comune a più Stati (treaty crimes, come, per es., il traffico internazionale di stupefacenti), che giustifica l’istanza punitiva ultrastatuale e un regime speciale (per es., esclusione dell’esimente dell’ordine del superiore gerarchico). Si delinea, per tal modo, il bene giuridico protetto dai crimini internazionali, fondamento e limite del diritto punitivo sovranazionale, ossia un nucleo ristretto di valori (diritti: alla vita e alla sicurezza, prima di ogni altro) dei quali può predicarsi l’universalità e che perciò formano la costituzione materiale della Comunità internazionale. Sul piano della fattispecie incriminatrice, il cennato carattere di internazionalità si concretizza nel context element, che assume pertanto un ruolo centrale nella ricostruzione dogmatica del crimine internazionale e che, per un verso, implica quel pesante coinvolgimento dell’apparato statale che determina una responsabilità – per l’appunto – anche dello Stato, con conseguente risposta sanzionatoria plurilivello, reciprocamente autonoma, seppur ontologicamente correlata; per altro verso, richiede l’enucleazione di criteri normativi di speciali criteri normativi di ascrizione del fatto al soggetto. Per il resto, la teoria del reato internazionale si avvale oggi dell’apporto dello Statuto della Corte penale internazionale, che ha rappresentato una svolta epocale nel processo di emersione del diritto penale sovranazionale, in quanto, per la prima volta, offre una codificazione, benché ancora parziale, dei principi e delle regole che ne costituiscono la “parte generale”, i quali sono il prodotto, per il tramite del formante giurisprudenziale, da un lato, dell’internazionalizzazione delle categorie tipiche del diritto penale, dall’altro, della sintesi tra le regole dei sistemi penali di civil law e di common law – tra questi, valore paradigmatico, dato anche il peculiare sistema delle fonti dell’ordinamento internazionale, assume il principio di legalità, enunciato all’art. 22. Considerazione a parte merita il tema della sanzione in ambito sovranazionale, che non può prescindere dalla considerazione del ruolo che possono svolgere i processi di riconciliazione, i quali coniugano l’irrinunciabile istanza di ricerca della verità con l’obiettivo di ristabilire, sollecitando un’ulteriore riflessione sulle finalità tradizionali della pena. Sotto altro, ma connesso profilo, l’istituzione di una Corte penale internazionale risponde (recte: dovrebbe rispondere) finalmente all’esigenza di una giustizia effettiva ed imparziale.Pubblicazioni consigliate
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