L’odierna rinascita della “guerra giusta” si inscrive in un orizzonte di crisi dei concetti politici moderni. E’ questa l’ipotesi di partenza del libro. L’Autore vuole riattraversare questa crisi, ripercorrerne la genealogia, a partire da un ripensamento dell’idea di giustizia. Si tratta di riaprire la domanda filosofica sulla giustizia, una domanda che viene posta riattraversando radicalmente la costellazione dei concetti politici che l’aveva resa addirittura impensabile. Il fallimento di tutti i tentativi moderni di pensare il diritto di resistenza mostra bene come la giustizia, ridotta a procedura o a volontà di una maggioranza, corrisponda nei fatti all’antica posizione di Trasimaco criticata da Platone, secondo la quale il giusto è la volontà del più forte. La crisi odierna può essere colta come l’occasione per riaprire una domanda sul giusto. Se ciò è possibile, questo significa mettere impietosamente in discussione anche il principio liberal-democratico della maggioranza. Proprio Kant, distinguendo tra consenso ideale e consenso empirico, permette di ripensare questo importante passaggio. La vera politica, un concetto che si ritrova in Leibniz, Kant e, nel XX secolo, in Walter Benjamin, pone il problema della giustizia al di là dell’orizzonte doxastico, riaprendo il conflitto socratico tra verità e opinione. E’ a questa altezza che i problemi aperti da Kant vengono ripresi da Walter Benjamin. Porre la domanda della giustizia entro la forma politica moderna significa riprendere il gesto filosofico della “vera politica”: porre la possibilità dell’impossibile nei termini di una questione che, all’interno di quella costellazione concettuale, non può essere pensata. Pensare l’impensabile è dunque la mossa che permette un ridislocamento dei nostri concetti politici.

La "vera politica". Kant e Benjamin: la possibilità  della giustizia

TOMBA, MASSIMILIANO
2006

Abstract

L’odierna rinascita della “guerra giusta” si inscrive in un orizzonte di crisi dei concetti politici moderni. E’ questa l’ipotesi di partenza del libro. L’Autore vuole riattraversare questa crisi, ripercorrerne la genealogia, a partire da un ripensamento dell’idea di giustizia. Si tratta di riaprire la domanda filosofica sulla giustizia, una domanda che viene posta riattraversando radicalmente la costellazione dei concetti politici che l’aveva resa addirittura impensabile. Il fallimento di tutti i tentativi moderni di pensare il diritto di resistenza mostra bene come la giustizia, ridotta a procedura o a volontà di una maggioranza, corrisponda nei fatti all’antica posizione di Trasimaco criticata da Platone, secondo la quale il giusto è la volontà del più forte. La crisi odierna può essere colta come l’occasione per riaprire una domanda sul giusto. Se ciò è possibile, questo significa mettere impietosamente in discussione anche il principio liberal-democratico della maggioranza. Proprio Kant, distinguendo tra consenso ideale e consenso empirico, permette di ripensare questo importante passaggio. La vera politica, un concetto che si ritrova in Leibniz, Kant e, nel XX secolo, in Walter Benjamin, pone il problema della giustizia al di là dell’orizzonte doxastico, riaprendo il conflitto socratico tra verità e opinione. E’ a questa altezza che i problemi aperti da Kant vengono ripresi da Walter Benjamin. Porre la domanda della giustizia entro la forma politica moderna significa riprendere il gesto filosofico della “vera politica”: porre la possibilità dell’impossibile nei termini di una questione che, all’interno di quella costellazione concettuale, non può essere pensata. Pensare l’impensabile è dunque la mossa che permette un ridislocamento dei nostri concetti politici.
2006
9788874621149
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