Il volume confronta esempi di scritture autobiografiche di critici letterari italiani e no (fra gli altri Asor Rosa, Cases, Corti, Luperini, Petronio, Segre, ma anche Eagleton, Reich-Ranicki, Said, Steiner), e ne interpreta il ripiegamento memorialistico alla luce del mutato ruolo dell'intellettuale nella democrazia contemporanea. Dopo aver segnalato l’eccezionale proliferare negli ultimi anni di scritture variamente autobiografiche (memorie, romanzi autobiografici, confessioni per interposta persona) da parte di intellettuali di estrazione umanistica, l'autore definisce il corpus più specifico della sua indagine (i critici letterari) e i suoi limiti cronologici (dalla caduta del muro di Berlino nel 1989 all'attentato alle torri gemelle del 2001), nonchè la scelta di organizzarla secondo nuclei tematici e non singoli "medaglioni". La prima parte affronta così il "profilo identitario" degli scriventi, che sovente emerge dai testi più stratificato e cosmopolita che legato a delle radici univoche, e in fin dei conti determinato dalle "identità elettive", cioè dalla vocazione agli studi letterari e dalle scelte politiche spesso avvenute in occasione della seconda guerra mondiale. La seconda parte verifica come in quasi tutte le scritture analizzate sia presente una forte "cesura storica" determinata dal mutamento del paesaggio rurale e contadino dell'infanzia in quello industriale e urbano del secondo dopoguerra, a sua volta soggetto a un radicale stravolgimento con l'accelerazione della modernizzazione negli ultimi anni. La sensazione di trasformazione e di perdita collegata a quest'ultima si estende in molti testi agli aspetti immateriali della civiltà: la sua cultura, i suoi mezzi di comunicazione, i suoi ideali collettivi, la stessa capacità di ricordare il passato. Ad essa si aggiunge, per i critici più impegnati politicamente, la fine delle "grandi narrazioni", e, per tutti, la sensazione di una "catastrofe" culturale che modifica radicalmente l'assetto dei saperi, a danno di quelli umanistici, le condizioni e i luoghi della loro trasmissione (scuola e università) e conseguentemente anche il ruolo degli intellettuali (in senso ampio) nello "spazio pubblico" apparentemente ridotto, e comunque trasformato, della contemporanea democrazia.
L'intellettuale autobiografico. Memorie di critici ed eclissi dello spazio pubblico
MOTTA, ATTILIO
2003
Abstract
Il volume confronta esempi di scritture autobiografiche di critici letterari italiani e no (fra gli altri Asor Rosa, Cases, Corti, Luperini, Petronio, Segre, ma anche Eagleton, Reich-Ranicki, Said, Steiner), e ne interpreta il ripiegamento memorialistico alla luce del mutato ruolo dell'intellettuale nella democrazia contemporanea. Dopo aver segnalato l’eccezionale proliferare negli ultimi anni di scritture variamente autobiografiche (memorie, romanzi autobiografici, confessioni per interposta persona) da parte di intellettuali di estrazione umanistica, l'autore definisce il corpus più specifico della sua indagine (i critici letterari) e i suoi limiti cronologici (dalla caduta del muro di Berlino nel 1989 all'attentato alle torri gemelle del 2001), nonchè la scelta di organizzarla secondo nuclei tematici e non singoli "medaglioni". La prima parte affronta così il "profilo identitario" degli scriventi, che sovente emerge dai testi più stratificato e cosmopolita che legato a delle radici univoche, e in fin dei conti determinato dalle "identità elettive", cioè dalla vocazione agli studi letterari e dalle scelte politiche spesso avvenute in occasione della seconda guerra mondiale. La seconda parte verifica come in quasi tutte le scritture analizzate sia presente una forte "cesura storica" determinata dal mutamento del paesaggio rurale e contadino dell'infanzia in quello industriale e urbano del secondo dopoguerra, a sua volta soggetto a un radicale stravolgimento con l'accelerazione della modernizzazione negli ultimi anni. La sensazione di trasformazione e di perdita collegata a quest'ultima si estende in molti testi agli aspetti immateriali della civiltà: la sua cultura, i suoi mezzi di comunicazione, i suoi ideali collettivi, la stessa capacità di ricordare il passato. Ad essa si aggiunge, per i critici più impegnati politicamente, la fine delle "grandi narrazioni", e, per tutti, la sensazione di una "catastrofe" culturale che modifica radicalmente l'assetto dei saperi, a danno di quelli umanistici, le condizioni e i luoghi della loro trasmissione (scuola e università) e conseguentemente anche il ruolo degli intellettuali (in senso ampio) nello "spazio pubblico" apparentemente ridotto, e comunque trasformato, della contemporanea democrazia.Pubblicazioni consigliate
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