Dall'analisi di varie fonti, prevalentemente inedite, relative all’attività delle Conferenze episcopali del Triveneto dal 1918 al 1943 emerge un quadro realistico ed originale del modo in cui si decise di governare le diocesi del Veneto, del Friuli Venezia Giulia, del Trentino Alto Adige e della Dalmazia (Zara, Fiume, Parenzo e Pola) in anni particolarmente difficili e travagliati: dal primo dopoguerra, all'avvento del fascismo, al suo consolidarsi come regime. Numerosi furono i problemi e le questioni che l’episcopato dovette affrontare non solo sotto l’aspetto pastorale, ma anche dal punto di vista politico: come comportarsi di fronte alle lotte sociali e ai disordini del primo dopoguerra, quale atteggiamento assumere nei confronti del primo fascismo, violento anche con i cattolici, come accogliere e come dar seguito nella realtà regionale ai Patti Lateranensi, come reagire alle violenze fasciste contro i cattolici del 1931? Ed ancora, quale posizione pastorale assumere nei confronti del nazismo, delle leggi razziali italiane, della guerra? Quali erano i rapporti dell’episcopato veneto con Mussolini, quali le dinamiche interne all’episcopato stesso, quali le relazioni con Roma? Questi e altri temi ancora – ad esempio il problema dei preti del confine orientale – emergono principalmente dall’analisi dei verbali delle Conferenze episcopali, dai documenti dell’Archivio per gli Affari ecclesiastici straordinari del Vaticano, dalle relazioni della Divisione Generale di Pubblica sicurezza conservate nell’Archivio centrale dello Stato di Roma, nonché dalla corrispondenza tra i vescovi e di essi con autorità ecclesiastiche e civili. Il quadro che ne risulta mostra un episcopato non sempre omogeneo negli atteggiamenti, ma pur obbediente agli ordini di Roma e all’autorità del Patriarca di Venezia, pronto a denunciare nel consesso dei vescovi le violenze del fascismo, ma poi estremamente cauto e prudente nelle sue posizioni pubbliche; un episcopato oculato nell’amministrare i beni materiali della Chiesa, teso a formare un clero soprattutto dedito all’obbedienza, attento in particolare a condannare le trasgressioni alla morale sessuale - persino in momenti di emergenza civile quale poteva essere quella dell’Italia nella primavera del 1943.- piuttosto che altre forme di peccato. Ne risulta in definitiva uno spaccato significativo non solo dei metodi e delle scelte di governo della Chiesa, ma anche del suo modo di rapportarsi con la politica e con la società.
Il governo della Chiesa veneta tra le due guerre
LAZZARETTO, ALBA
2005
Abstract
Dall'analisi di varie fonti, prevalentemente inedite, relative all’attività delle Conferenze episcopali del Triveneto dal 1918 al 1943 emerge un quadro realistico ed originale del modo in cui si decise di governare le diocesi del Veneto, del Friuli Venezia Giulia, del Trentino Alto Adige e della Dalmazia (Zara, Fiume, Parenzo e Pola) in anni particolarmente difficili e travagliati: dal primo dopoguerra, all'avvento del fascismo, al suo consolidarsi come regime. Numerosi furono i problemi e le questioni che l’episcopato dovette affrontare non solo sotto l’aspetto pastorale, ma anche dal punto di vista politico: come comportarsi di fronte alle lotte sociali e ai disordini del primo dopoguerra, quale atteggiamento assumere nei confronti del primo fascismo, violento anche con i cattolici, come accogliere e come dar seguito nella realtà regionale ai Patti Lateranensi, come reagire alle violenze fasciste contro i cattolici del 1931? Ed ancora, quale posizione pastorale assumere nei confronti del nazismo, delle leggi razziali italiane, della guerra? Quali erano i rapporti dell’episcopato veneto con Mussolini, quali le dinamiche interne all’episcopato stesso, quali le relazioni con Roma? Questi e altri temi ancora – ad esempio il problema dei preti del confine orientale – emergono principalmente dall’analisi dei verbali delle Conferenze episcopali, dai documenti dell’Archivio per gli Affari ecclesiastici straordinari del Vaticano, dalle relazioni della Divisione Generale di Pubblica sicurezza conservate nell’Archivio centrale dello Stato di Roma, nonché dalla corrispondenza tra i vescovi e di essi con autorità ecclesiastiche e civili. Il quadro che ne risulta mostra un episcopato non sempre omogeneo negli atteggiamenti, ma pur obbediente agli ordini di Roma e all’autorità del Patriarca di Venezia, pronto a denunciare nel consesso dei vescovi le violenze del fascismo, ma poi estremamente cauto e prudente nelle sue posizioni pubbliche; un episcopato oculato nell’amministrare i beni materiali della Chiesa, teso a formare un clero soprattutto dedito all’obbedienza, attento in particolare a condannare le trasgressioni alla morale sessuale - persino in momenti di emergenza civile quale poteva essere quella dell’Italia nella primavera del 1943.- piuttosto che altre forme di peccato. Ne risulta in definitiva uno spaccato significativo non solo dei metodi e delle scelte di governo della Chiesa, ma anche del suo modo di rapportarsi con la politica e con la società.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.