Da sempre l’Africa subsahariana è stata la terra dei cantastorie: nelle culture africane tradizionali il sapere, la storia di un popolo, gli usi e i costumi, le regole sociali ed etiche, tutto veniva tramandato da bocca ad orecchio, non solo grazie alla performance degli artisti della parola presenti nelle comunità, ma anche attraverso la voce di tutti coloro che per comunicare usavano fiabe, miti, parabole, canti, oppure forme gnomiche o arguzie quali i proverbi, gli enigmi, gli scioglilingua e gli indovinelli. In particolare la formulazione di questi ultimi, che sono generi minori dell’oralità e di semplice uso quotidiano ma proprio per questo molto diffusi, presenta un’accuratezza e un equilibrio che evidenziano l’essenza estetica dell’espressione orale africana e le sue basi nell’uso creativo della lingua. Parlare di oralità oggi, però, significa fare i conti con i cambiamenti del clima sociopolitico dell’Africa dalla colonizzazione in poi, e anche con le palesi difficoltà o l’incapacità della tradizione orale di sostenere il peso della rappresentazione della realtà contemporanea. L’oralità sta continuamente cedendo il passo all’alfabetizzazione e alla tecnologia via via che i governi africani adottano programmi di sviluppo che emarginano le strutture e le istituzioni che tenevano in vita le varie forme della creatività orale. Ma è anche vero che l’arte antica della parola, nonostante gli evidenti fenomeni di erosione delle società tradizionali e la scomparsa dei contesti comunitari che la sostenevano, ha trovato modi di sopravvivere al cambiamento, in parte trasformandosi, in parte adattandosi alle nuove tecniche di comunicazione e alle esigenze delle società attuali. A fronte di questi cambiamenti e delle difficoltà di analisi da sempre presentate dal testo “orale”, l’arte della parola viva, legata alla voce e alla performance, costituisce un ambito di studio particolarmente complesso, su cui s’incrocia il lavoro di etnologi e linguisti, studiosi di folklore e di storia orale, letterati, sociologi e antropologi. Per gli studiosi del settore, tracciare l’entità della trasformazione delle forme, dei contenuti e dei modi performativi dell’oralità va oggi di pari passo con l’esigenza di recuperare le perdite e conservare le forme antiche e ormai obsolete della tradizione – non solo i testi, ma anche le convenzioni linguistiche e le parole dimenticate, le tecniche mnemoniche, e le modalità di trasmissione del sapere soppiantate dalle scuole e dalla scrittura, che costituiscono vie di accesso a una dimensione ricca e potente del pensiero umano. I saggi raccolti nel dossier indagano da vari punti di vista la sopravvivenza di forme della tradizione orale africana in una pluralità di ambiti socio-geografici e linguistici contemporanei.
Parole parlate: comunicazione orale fra tradizione e modernità
OBOE, ANNALISA
2005
Abstract
Da sempre l’Africa subsahariana è stata la terra dei cantastorie: nelle culture africane tradizionali il sapere, la storia di un popolo, gli usi e i costumi, le regole sociali ed etiche, tutto veniva tramandato da bocca ad orecchio, non solo grazie alla performance degli artisti della parola presenti nelle comunità, ma anche attraverso la voce di tutti coloro che per comunicare usavano fiabe, miti, parabole, canti, oppure forme gnomiche o arguzie quali i proverbi, gli enigmi, gli scioglilingua e gli indovinelli. In particolare la formulazione di questi ultimi, che sono generi minori dell’oralità e di semplice uso quotidiano ma proprio per questo molto diffusi, presenta un’accuratezza e un equilibrio che evidenziano l’essenza estetica dell’espressione orale africana e le sue basi nell’uso creativo della lingua. Parlare di oralità oggi, però, significa fare i conti con i cambiamenti del clima sociopolitico dell’Africa dalla colonizzazione in poi, e anche con le palesi difficoltà o l’incapacità della tradizione orale di sostenere il peso della rappresentazione della realtà contemporanea. L’oralità sta continuamente cedendo il passo all’alfabetizzazione e alla tecnologia via via che i governi africani adottano programmi di sviluppo che emarginano le strutture e le istituzioni che tenevano in vita le varie forme della creatività orale. Ma è anche vero che l’arte antica della parola, nonostante gli evidenti fenomeni di erosione delle società tradizionali e la scomparsa dei contesti comunitari che la sostenevano, ha trovato modi di sopravvivere al cambiamento, in parte trasformandosi, in parte adattandosi alle nuove tecniche di comunicazione e alle esigenze delle società attuali. A fronte di questi cambiamenti e delle difficoltà di analisi da sempre presentate dal testo “orale”, l’arte della parola viva, legata alla voce e alla performance, costituisce un ambito di studio particolarmente complesso, su cui s’incrocia il lavoro di etnologi e linguisti, studiosi di folklore e di storia orale, letterati, sociologi e antropologi. Per gli studiosi del settore, tracciare l’entità della trasformazione delle forme, dei contenuti e dei modi performativi dell’oralità va oggi di pari passo con l’esigenza di recuperare le perdite e conservare le forme antiche e ormai obsolete della tradizione – non solo i testi, ma anche le convenzioni linguistiche e le parole dimenticate, le tecniche mnemoniche, e le modalità di trasmissione del sapere soppiantate dalle scuole e dalla scrittura, che costituiscono vie di accesso a una dimensione ricca e potente del pensiero umano. I saggi raccolti nel dossier indagano da vari punti di vista la sopravvivenza di forme della tradizione orale africana in una pluralità di ambiti socio-geografici e linguistici contemporanei.Pubblicazioni consigliate
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